L’uso eccessivo e prolungato di additivi alimentari può avere effetti molto negativi per la salute. Cosa possiamo fare? Evitarli.
Il panino al prosciutto è il più classico dei pasti veloci. Offerto a grandi dosi ai più piccini durante feste e compleanni, questa merendina di innocente non ha proprio nulla. Per capirlo basta leggere sulle confezioni oppure chiedere il (sempre nascosto) libro degli ingredienti al banco. Coscia di suino (88%), acqua, sale, destrosio, aromi, antiossidante: E301, conservante: E250, seguiti dagli immancabili codici di cui dobbiamo sempre diffidare: E250, E249 e E252. Ovvero: nitriti (rispettivamente, di sodio e di potassio) e nitrato di potassio, sali aggiunti per prevenire il proliferare di microrganismi patogeni potenzialmente molto pericolosi, come il Clostridium botulinum, causa del botulino.
Ma i maldicenti un po’ più attenti sobillano che si tratta per lo più di additivi utilizzati per evitare che la carne in decomposizione assuma nel giro di pochi giorni un infelice aspetto grigiastro. Un trucchetto di maquillage utilizzato dall’industria alimentare più spesso di quanto si immagini. E con conseguenze sempre ben taciute.
I nitrati (trasformati poi in nitriti a seguito alla cottura e all’azione del metabolismo) una volta combinati con le ammine, molecole presenti negli alimenti ricchi di proteine animali, formano le temibili nitrosammine. Un consumo eccessivo e prolungato di nitriti, si legge sul sito dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), è associato ad aumento del rischio dei tumori dello stomaco e dell’esofago. Nel 2015 lo Iarc ha classificato questi composti come probabilmente cancerogeni per gli esseri umani (gruppo 2A).
Malgrado ciò, le attuali normative di legge che regolano l’uso dei nitriti come additivi alimentari consentono il loro utilizzo «in piccole quantità». Ancora una volta, però, non si tiene in considerazione l’effetto cocktail e l’effetto accumulo, ossia l’assunzione involontaria della stessa sostanza attraverso cibi diversi, o di sostanze diverse ma dagli effetti simili. Che fare quindi? Evitarli, così come suggerito anche dall’Organizzazione mondiale della sanità e da molti esperti del settore.
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Articolo tratto dalla rubrica Cosa c’è dentro
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