Laura e Daniele sono due ingegneri che dopo aver avuto un assaggio di vita comunitaria assieme ad altre cinque famiglie, fra il 2012 e il 2014 a Torri in Sabina (Lazio), stanno ristrutturando in bioedilizia una casa a Santa Restituta (Umbria) con il sogno di renderla vivibile nell’arco di circa un anno alle varie persone che in questi anni sono passati a trovarli esprimendo il desiderio di uno stile di vita comunitario, ma anche ad altri che ancora non hanno avuto modo di conoscerli.
Un progetto che porta il nome di «Ecovillaggio a pedali» promette di crescere con lentezza, al ritmo dei propri muscoli, godendo delle cose che nascono lungo il percorso e senza troppa fretta di arrivare. Ed è proprio così che sono andati questi anni, a partire da quando nel 2012 sei famiglie, inclusi Laura e Daniele, hanno avviato un’esperienza in comune prendendo in affitto una casa nella quale svolgere attività, a Torri in Sabina.
«I primi anni sono stati un po’ un banco di prova per capire se la vita comunitaria facesse per noi. Sia io che il mio compagno, quando ci siamo conosciuti, avevamo già maturato l’idea di non voler vivere in maniera convenzionale. Per esplorare le alternative praticabili ci siamo interrogati, abbiamo ricercato esempi, in Italia e nel mondo, di come si poteva vivere insieme ad altre persone ed in maniera più sostenibile – un concetto, quello della sostenibilità, che abbiamo inteso aldilà dell’aspetto ambientale, puntando ad una sostenibilità della vita a tutto tondo. Ragionare con altre persone di mettere insieme una comunità e svolgere attività comuni è stata un’esperienza bellissima», ha raccontato Laura.
Nel 2014, mentre vari membri del gruppo iniziale si sono dovuti ritirare dal progetto per questioni personali, si è presentata l’opportunità di acquistare una casa in Umbria, a Santa Restituta. Da allora, Laura e Daniele, ingegneri appassionati di edilizia sostenibile, si sono presi l’impegno di ristrutturare l’edificio così da renderlo vivibile ad altre persone che abbiano voglia di intraprendere uno stile di vita comunitario insieme a loro.
In questi anni, a Santa Restituta, sono passate molte persone – amici e curiosi, corsisti e volontari provenienti da tutta Italia. Fino al 2018, ogni estate, Laura e Daniele, erano per esempio soliti organizzare “La settimana di vita in comune”: un’esperienza aperta, che a dispetto del nome durava talvolta fino ad un mese, in cui varie persone venivano a fare un assaggio di vita comunitaria, condividendo gli spazi ed i tempi di vita quotidiana. Nelle estati del 2017 e del 2018, Laura, ha inoltre trasformato la casa in un cantiere aperto e di formazione, insegnando ai curiosi di bioedilizia a lavorare con la terra cruda, la calce e la paglia, e ottenendo in cambio l’aiuto necessario per portare avanti i lavori. Non sono poi mancati corsi di formazione di food forest, cesteria, tinte naturali con vari insegnanti.
Se l’estate è per definizione la stagione dell’apertura, della scoperta, degli incontri, anche altre stagioni hanno saputo essere generose in termini di compagnia. È stato questo, per esempio, il caso dell’inverno 2016, che ha visto Laura e Daniele vivere assieme ad una giovane coppia di genitori e alla loro bimba nella casa in costruzione. «Lavoravamo al cantiere e vivevamo come una famiglia», ricorda Laura al riguardo.
Dall’anno scorso, gli interventi sulla casa sono stati più importanti – per esempio, il tetto è stato demolito e ricostruito – e per motivi di sicurezza non è stato possibile aprire lo spazio ai volontari. Rispetto ai lavori la soddisfazione è grande, e Laura e Daniele sperano di concludere il tutto nel giro del prossimo anno.
«Il nostro sogno è quello di creare un nido nel quale sia possibile stare in relazione con gli altri e in contatto con noi stessi in maniera umana. Pensiamo che i luoghi influenzino l’energia delle persone che vi abitano e che vi passano, quindi abbiamo cercato di non lasciarci trascinare dalla fretta, dai bisogni indotti, ma di fare delle buone scelte pensando a tutti – a quelli che verranno, e a tutti gli esseri viventi sui quali ciò che facciamo potrebbe avere delle ricadute.
A livello lavorativo vorremmo continuare a formare persone sull’edilizia. Abbiamo fatto una cucina a norma di legge, così che se chi verrà avrà il desiderio di aprire una piccola ristorazione o fare trasformati potrà farlo. Abbiamo poi in progetto di fare una piccola falegnameria, e abbiamo previsto degli spazi comuni anche grossi, così che la casa possa diventare un luogo di formazione continua negli ambiti più disparati della conoscenza. Abbiamo insomma pensato a tante piccole cose per dare spazio alle persone e per poter costruire un’economia più umana.»