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Il miracolo del microbioma

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Il dottor Franco Berrino spiega l’importanza del microbioma per il mantenimento della salute psicofisica.
Il miracolo del microbioma
L’intestino è diventato protagonista di numerosi studi negli ultimi anni e le scoperte che sono state fatte a riguardo stanno rivoluzionando la visione che si è avuta fino a ora di questo organo.
Nel 2005 alcuni ricercatori statunitensi riuscirono a sequenziare il genoma dei batteri contenuti nell’intestino di due individui e da allora si parla di microbiota per indicare l’insieme dei microrganismi che in maniera fisiologica, o talvolta patologica, vivono in simbiosi con il corpo umano, e di microbioma per indicare l’insieme di tutti i geni che i microrganismi sono in grado di esprimere.
I batteri colonizzano tutto il nostro corpo, ma la maggior parte di essi è concentrata nel sistema digerente e costituisce il microbiota intestinale. Il microbioma non è una mera somma di batteri, ma un vero e proprio organo in cui questi ultimi cooperano costantemente, comunicando attraverso recettori posti nella membrana cellulare. Così, i segnali dell’ambiente possono giungere e determinare l’attività di un batterio. Oltre che tra batteri stessi, esiste una comunicazione continua anche con le cellule del nostro corpo e ciò di cui ci cibiamo rappresenta un messaggio per i nostri batteri intestinali.

Non tutti i batteri sono patogeni

Esistono diversi fattori che vanno ad agire sulla composizione del microbioma: la modalità del parto, il tipo di allattamento, l’età, l’entità del contatto con animali e con l’ambiente circostante, l’uso di antibiotici, il livello di attività fisica, la dieta, ecc. Questi fattori possono far mutare sia la tipologia delle famiglie batteriche che la loro varietà.
Per decenni in campo scientifico si sono trattati i batteri come ugualmente patogeni, permettendoci di debellare molte patologie infettive. Tuttavia, questo ci ha portato a etichettarli come portatori di malattie, quando invece hanno per noi un valore esistenziale. Da questa convinzione sono susseguite pratiche igieniche sempre più ossessive e prescrizioni non giustificate di antibiotici che hanno portato alla distruzione del microbioma umano e fatto nascere una serie di conseguenze collaterali: aumentata incidenza di patologie metaboliche, autoimmuni, di malattie infiammatorie intestinali, di diabete e obesità, di malattie cardiovascolari, di disturbi d’ansia, di alcuni tumori dell’apparato gastrointestinale e così via.
Fortunatamente ora si è presa coscienza dell’importanza di questo organo e della sua utilità nel produrre sostanze che sono necessarie per il funzionamento del nostro organismo. Tutte le volte che parte di questi batteri viene distrutta, viene alterato l’equilibrio di questo ecosistema e ciò determina una serie di gravi scompensi fisiologici che danno origine alle «malattie del progresso».
Si è constatato che lo stile di vita è un fattore causale molto importante, dato che queste malattie si sono diffuse anche in paesi tuttora poverissimi dove, però, sono arrivate abitudini di vita tipiche del mondo occidentale.
I fattori che influiscono sullo sviluppo di tali malattie non sono da ricercare tanto nella quantità eccessiva di calorie assunte con la dieta, quanto nella diversa provenienza delle calorie assunte, nelle modificazioni dell’ambiente, dell’attività fisica e nel fatto che l’uomo moderno vive più isolato dall’ambiente circostante.
Tra il tipo di flora batterica presente nell’intestino e il tipo di dieta seguita esiste una stretta relazione: i batteri che costituiscono il nostro microbiota ci mettono a disposizione una serie di geni che servono a produrre molti enzimi necessari all’assorbimento dei nutrienti. In pratica, è il nostro genoma batterico a comunicare alle nostre cellule intestinali, grazie alla produzione di specifici enzimi, quanti nutrienti assorbire e quanta parte di energia presente negli alimenti che assumiamo estrarre.

L’impatto dell’alimentazione

Ma come può la dieta modificare il microbioma selezionando specifiche famiglie batteriche a scapito di altre? Il cibo che noi introduciamo arriva nell’intestino e viene mangiato dai batteri, ma quelli che non sono in grado di nutrirsene si estinguono, mentre quelli che sono in grado di farlo proliferano. Le famiglie di batteri subiscono modifiche strutturali e tipologiche, sia di breve periodo che a lungo termine. Se dovessimo cambiare totalmente le nostre abitudini alimentari da un giorno all’altro, potremmo modificare il nostro patrimonio batterico dopo sole 24 ore, per poi giungere a modifiche definitive nelle successive 48. Scegliere i giusti alimenti permette di ridurre l’infiammazione grazie ai microbi benefici dell’intestino.
Il principale fattore che influisce sulla selezione batterica è la presenza/assenza di fibre alimentari, seguito poi dalla presenza/assenza di carne o latticini nella dieta. Per poter selezionare i batteri più salutari, la dieta dovrebbe includere molte fibre e grassi vegetali naturali ed essere sufficientemente varia, perché maggiore è la varietà della dieta, maggiore risulta la diversità del microbioma. Bisogna quindi introdurre abbondanti porzioni di vegetali fibrosi a ogni pasto e cercare di limitare i cibi pro-infiammatori come carni rosse, farine raffinate, zucchero, latticini. Il consumo di fibre è associato a una migliore funzione intestinale, quindi a un più efficiente sistema immunitario, a una riduzione dello stato infiammatorio cronico, a una glicemia più bassa e a un minor rischio di obesità addominale. La stitichezza si cura con cibi ricchi di fibre come cereali integrali, legumi e verdure, a meno che si stia facendo chemioterapia o che l’intestino sia molto infiammato. Generalmente i medici consigliano ai malati che soffrono di enterite di evitare le fibre perché grattano la mucosa e contribuiscono all’infiammazione con un’irritazione meccanica. Così dicendo, però, ai malati non rimane che mangiare cibi senza fibre, cioè carni, latticini e zucchero. Apparentemente questi alimenti sono ben sopportati, ma alla lunga peggiorano l’infiammazione, perché nella putrefazione intestinale delle proteine animali si libera idrogeno solforato, un gas tossico per la mucosa.

Glutine e permeabilità intestinale

Un’attenzione particolare va riservata anche al glutine, ormai abbondantemente presente nella nostra dieta. Il glutine causa aumentata permeabilità intestinale, condizione che permette alla nostra flora batterica di oltrepassare la barriera mucosa intestinale e di riversarsi nel sangue dove, stimolando le difese immunitarie del corpo, può scatenare patologie autoimmuni; per questo è consigliato limitarne l’assunzione.
Non dimentichiamoci poi di masticare a lungo, poiché gli enzimi salivari ci permettono di digerire l’amido, aiutandoci a non sovraccaricare lo stomaco e a rallentare la digestione; infine, evitiamo l’uso di sostanze disinfettanti per lavare frutta e verdura, che eliminano ogni batterio che può aiutarci a incrementare la diversità del nostro microbiota.
 
In collaborazione con Alessandra Baruffato, medico chirurgo de La Grande Via, esperta in nutrizione, laureata all’Università degli Studi dell’Insubria di Varese, ricercatrice del progetto EDUC.A.RE (EDUCazione Alimentare nei ricoverati in degenza riabilitativa e day hospital Istituto REdaelli) di Vimodrone (Milano).
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Articolo tratto dalla rubrica Cibo e salute. Appunti di resistenza alimentare

Leggi la rubrica su Terra Nuova Maggio 2020

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Una vera rivoluzione oggi può e deve partire dalla produzione del cibo, un grande campo di azione dove il sistema agroalimentare globalizzato ha cancellato la biodiversità, avvelenato il suolo e reso la nostra dieta sempre più omologata e insostenibile.

Il cambio di paradigma si impone anzitutto nella produzione agricola e nella salvaguardia dell’ambiente, da cui dipende il mantenimento degli ecosistemi e della salute dell’uomo. Gli autori del libro, tra cui spiccano le figure di Vandana Shiva e Franco Berrino, tracciano un’inversione di rotta a cominciare dal nostro stile di vita: bisogna dire sì ai sistemi agricoli naturali su piccola scala, per recuperare la vitalità del cibo e garantire un accesso più democratico alle risorse della terra. E bisogna dire no all’avanzata di un modello produttivo basato sullo sfruttamento dei popoli e degli ecosistemi.
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