Il Giudice di pace di Frosinone ha accolto il ricorso di una cittadina riguardo a una sanzione per violazione del lockdown: ecco il testo della sentenza con cui viene motivata la decisione, che si basa sulla valutazione di illegittimità della dichiarazione di emergenza.
Il Giudice di pace di Frosinone ha accolto il ricorso di una cittadina riguardo a una sanzione per violazione del lockdown:
qui è scaricabile il testo della sentenza con cui viene motivata la decisione, che si basa sulla valutazione di illegittimità della dichiarazione di emergenza.
In estrema sintesi, il giudice di pace ha affermato, come spiega l’avvocato Anna Larussa su
Altalex, come nell’ordinamento giuridico italiano non esista una fonte normativa di rango costituzionale o avente forza di legge ordinaria che consenta di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario. In conseguenza, sempre secondo il giudice firmatario della sentenza, la
deliberazione dello stato di emergenza del 31 gennaio 2020 è illegittima e vanno annullate le sanzioni comminate per violazione delle misure anticontagio. Ciò, anche in ragione del fatto che l’obbligo di permanenza domiciliare può essere adottato solo con atto motivato dell’Autorità Giudiziaria, sicchè il divieto generale e assoluto di spostamento disposto con
DPCM del 9.3.2020, in conseguenza del rischio sanitario, si pone in contrasto con l’art. 13 della Costituzione.
«In particolare – si legge su
Altalex – il Giudice di pace ha motivato il
decisum, per un verso, reputando illegittima la dichiarazione dello stato di emergenza, perché emanata in assenza dei presupposti normativi di fonte costituzionale e/o ordinaria, per altro verso, ritenendo i
DPCM, emanati in conseguenza della suddetta dichiarazione, in contrasto con la tutela costituzionale della libertà personale».
Più in dettaglio, si legge sempre su Altalex, «il Giudice di pace ha evidenziato come la deliberazione dello stato di emergenza, disposto per sei mesi a far data dal 31.1.2020, sia stata adottata facendo riferimento al “rischio sanitario derivante da agenti virali trasmissibili” e richiamando in tal senso gli artt.
7, comma 1, lettera c) e
24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1. Senonchè il dettato delle disposizioni normative in questione – ha osservato il Giudice – non contempla come
eventi di protezione civile situazioni di rischio sanitario da agenti virali ma, unicamente,
eventi calamitosi di origine naturale (terremoti, valanghe, alluvioni ecc )
o derivanti dall’attività dell’uomo (sversamenti, attività umane inquinanti ed altri)».
«Ha soggiunto, altresì, il Giudice di pace che
l’unica ipotesi costituzionalmente prevista di attribuzione al Governo di poteri normativi peculiari è quella disciplinata dagli
articoli 78 e
87 relativa alla
dichiarazione dello stato di guerra Ragionando in questi termini, il Giudice di pace ha concluso che poiché gli atti amministrativi sono soggetti al principio di legalità, la delibera del 31.1.2020, quale atto di alta amministrazione, è illegittima perché emessa in assenza di fonte normativa attributiva del relativo potere, con conseguente illegittimità di tutti gli atti amministrativi conseguenti e connesso dovere del Giudice di pace, quale Giudice ordinario, di disapplicazione ai sensi dell’art. 5 della legge n. 2248 del 1865 All. E (legge abolitava del contenzioso amministrativo nota come LAC)».
E ancora nel commento del sito giuridico: «A nulla vale, invero, secondo il Giudice di pace il richiamo operato ai DPCM in contestazione da parte dei decreti legge che sono seguiti sull’assunto secondo cui, avendo natura di atti aventi forza di legge, equiparerebbero alla fonte legislativa i DPCM richiamati evitandone in tal guisa la loro nullità (l’ultimo
DPCM emanato il 26.4.2020, deriverebbe, secondo la tesi respinta, la sua efficacia dal
Decreto-legge n. 19, del 25.3.2020): ciò in quanto deve ritenersi, unitamente alla più autorevole dottrina (Cassese), che la previsione di norme generali e astratte, limitative di fondamentali diritti costituzionali, mediante Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, sia contraria alla Costituzione».
«Quanto al secondo profilo di riscontrata illegittimità il Giudice di pace ha rilevato che il DPCM del 9.3.2020, che ha esteso al territorio nazionale un divieto generale ed assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, ha configurato
un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare in contrasto con l’ art. 13 Cost., secondo cui le misure restrittive della libertà personale possono essere adottate
solo su motivato atto dell’autorità giudiziaria. Nè potrebbe ad avviso del Giudice di pace argomentarsi in ordine alla legittimità del DPCM in questione assumendo che lo stesso prevederebbe legittime limitazioni della libertà di circolazione ex
art. 16 Cost. e non della libertà personale, in quanto i limiti della libertà di circolazione attengono a luoghi specifici il cui accesso può essere precluso, perché ad esempio pericolosi o infetti, mentre il divieto di spostamento concernente le persone si configura come limitazione della libertà personale (cfr. Corte Cost., n. 68 del 1964)».
Prosegue Altalex: «Ne deriva che quando il divieto di spostamento è assoluto, come nella specie, in cui si prevedeva che il cittadino non potesse recarsi in nessun luogo al di fuori della propria abitazione, lo stesso integra una illegittima limitazione della libertà personale, incompatibile con l’inviolabilità delle garanzie individuali che sono il fondamento dell’ordinamento italiano in quanto ordinamento di uno Stato democratico. Sulla scorta di tali argomentazioni il Giudice di pace ha accolto il ricorso e previa disapplicazione dell’atto amministrativo illegittimo (la dichiarazione dello stato di emergenza e il verbale opposto su di questa fondato) ha annullato la sanzione comminata».