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A Bosia il sogno di Carolina e Gioel, che diventa realtà

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Lasciare la città per avviare in alta langa un’azienda agricola con pecore di razza antica. La bella storia di Carolina e Gioel può essere sostenuta adottando una pecora e aggiungendo un tassello a un progetto agrario di sviluppo sostenibile.
A Bosia il sogno di Carolina e Gioel, che diventa realtà
“Caterina va in città” titolava il film di Paolo Virzì di qualche anno fa raccontando il difficile adattamento alla vita di una metropoli come Roma per una ragazza di provincia. Ebbene, noi abbiamo incontrato la storia inversa. Carolina va in collina lasciandosi dietro le spalle Milano e inseguendo un sogno: una vita libera a contatto con la natura insieme al compagno, una bimba in arrivo e ben 130 pecore frabosane, una razza antica e in via d’estinzione.
“Il nostro sogno è di avviare un’impresa agricola e un caseificio che sia anche laboratorio di latte e formaggio – spiega Carolina – L’emergenza Covid ha rallentato un po’ il nostro programma, ma un passo alla volta andiamo avanti. Il punto di partenza è il benessere degli animali che con noi vivono liberi e all’aperto. Le frabosane sono pecore forti, noi garantiamo loro una nutrizione naturale senza mangimi, prodotti artificiali o chimici. Chi vuole, attraverso una donazione, può sostenere il nostro progetto e “adottare” una pecora dandoci così la possibilità di aumentare il gregge e partire appena possibile con la produzione di latte e formaggio”.
Nel 2015, dopo una laurea in lingue all’Università di Milano, Carolina Vailati, classe 1992, si trasferisce a Bardonecchia per poi approdare due anni fa a Bosia, in alta langa. E’ qui che insieme a Gioel, suo marito e papà di Margherita, la bimba in arrivo in questi giorni, iniziano ad avviare il loro gregge di pecore e una ventina di capre.

“I nonni di Gioel sono originari di queste parti, abbiamo deciso di trasferirci qui facendo una prova nel periodo estivo. Questa zona non è turistica come Alba e altre città delle langhe note per il Barolo e il Barbaresco. Questa è terra di nocciole ancora selvaggia e incontaminata frequentata dagli amanti della natura. Il turismo è ancora lieve, non invadente e in via di sviluppo. Ci siamo informati e appassionati all’idea di avere un gregge di pecore di razza frabosana, detta anche roaschina. E’ una razza antica, in via d’estinzione e non tipica di questa zona ma delle montagne monregalesi del cuneese. Sono pecore resistenti che riescono a stare al pascolo all’aperto 365 giorni all’anno. Qui non abbiamo stalle e infrastrutture, gli animali sono all’aria aperta, liberi e cintati solo dalle reti.”

La sveglia presto, l’accudimento delle bestie e la fatica fanno parte del quotidiano ma la determinazione è fondamentale per poter portare avanti un progetto che riguarda l’idea stessa di allevamento: “La nostra è un’idea di allevamento naturale il più possibile rispettoso degli animali. Le pecore e le capre sono ruminanti devono poter pascolare e stare all’aria aperta, senza costrizioni e senza gabbie. La stalla, oltre ad essere una sorta di prigione, è anche un ricettacolo di batteri e di sporcizia. La scelta di questa razza di pecore è anche per la loro resistenza. Sono molto più forti delle pecore delle langhe. Noi ci dedichiamo a loro con cura, le custodiamo insieme ai nostri cani da gregge e seguiamo i bisogni del pascolo. Verso le sei del mattino,  quando è la stagione della mungitura, si inizia a mungere le femmine. Poi pascolano libere per due ore dopodichè tiriamo le reti per fare in modo che non vadano nei campi d’altri o su coltivazioni proibite. Verso le cinque del pomeriggio, a seconda della stagione e del caldo, le riportiamo al pascolo fino a quando non cala il sole”.
Basta scorrere le foto per respirare un po’ della libertà che Carolina racconta. “All’inizio non è stato facile abituarsi al cambiamento. Ero spinta dal desiderio di vivere questa esperienza in piena sintonia con la natura ma non sono mancate le difficoltà. Non è stato semplice prendere il ritmo per organizzare e gestire gli animali. Adesso sono felice di riconoscere una a una le mie 130 pecore e Gioel dice che ho imparato in fretta e che ho molta pazienza soprattutto con gli agnellini. Al momento il latte prodotto lo utilizziamo per sfamare i più piccoli, in modo che abbiano sempre il latte delle loro mamme e non si debba mai ricorrere a quello in polvere. Il latte restante lo utilizziamo poi per le prime prove di produzione del formaggio. La produzione di latte al momento è ancora bassa ma il nostro obiettivo è partire con la lavorazione del formaggio entro la primavera dell’anno prossimo”.
Con l’allevamento intensivo si ottiene magari una maggior produzione di latte ma  peggiorano drasticamente anche le condizioni degli animali. “Gli ovini d’allevamento intensivo non vanno mai al pascolo, sono alimentati con mangimi ad alto rendimento e sono chiusi e serrati uno a fianco all’altro. Non è quello che vogliamo e che ci interessa. Siamo contro gli allevamenti intensivi” spiega Carolina. “ I nostri animali partoriscono una volta all’anno. Per gestire le nascite copriamo i montoni con dei sacchi in modo che possano comunque restare tutto l’anno liberi al pascolo in promiscuità con le femmine”.
“Questo nostro sogno può diventare collettivo: chiunque, attraverso una donazione, può adottare una pecora e prendersene cura a distanza sostenendo così il nostro progetto e una volta che prenderà avvio in pieno la produzione di formaggio se ne assicurerà una toma. Si tratterà di formaggi stagionati di latte crudo di pecora e capra”.
Per sostenere il progetto adottando una pecora: carolinavailati92@gmail.com

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