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Acqua (contaminata), bene comune

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I pesticidi che finiscono nell’acqua sono associabili a numerose patologie. Lo studio del professor Giuseppe Scapigliati, dell’Università della Tuscia.
Acqua (contaminata), bene comune
Sugli effetti dei fitosanitari sui suoli, sulle falde acquifere e infine sulla salute umana, molto si è scritto e dibattuto negli ultimi anni con studi scientifici indipendenti che hanno finalmente messo in discussione quelli che gli stessi produttori consegnavano agli enti di controllo per ricevere l’approvazione alla commercializzazione.
La situazione nel viterbese non sembra essere differente da quella di molte altre aree nel mondo dove l’utilizzo dei fitofarmaci non è stato debitamente regolato e controllato. Giuseppe Scapigliati, professore di biotecnologie presso l’Università della Tuscia, nell’ambito di un recente convegno tenutosi a Montefiascone, ha illustrato dati tratti dal rapporto Ispra e dal rapporto Isde, dai quali si evince come siano stati utilizzati in Italia 63.322 tonnellate di  fitofarmaci nel 2015 e, in particolare, nel Lazio, nel 2016, quasi 500 tonnellate. Dati che non tengono conto, ha rilevato ancora il professore, di chi irrora di frodo.
Una pratica, quest’ultima, tutt’altro che marginale, come dimostra il recente sequestro da parte dell’Europol di 16,9 tonnellate di pesticidi illegali, del valore di 300 mila euro, in un deposito nei pressi di Vetralla.
L’utilizzo di pesticidi è associato, da molti studi, a varie patologie. Secondo il rapporto 2019 I tumori in provincia di Viterbo, nel corso del quinquennio 2010-2014, in questa zona sono stati diagnosticati 10.098 nuovi casi di  tumore tra i circa 320 mila residenti. Il che significa che nel territorio un uomo ogni tre ed una donna ogni quattro andranno incontro, nel corso della loro vita, a una diagnosi di tumore maligno.
«Ci sono studi scientifici accreditati che legano anche il melanoma all’esposizione a pesticidi. Quando si utilizzano sostanze chimiche come diserbanti, pesticidi e fertilizzanti c’è sempre da essere molto preoccupati» afferma la dottoressa Antonella Litta dell’Associazione medici per l’ambiente (Isde). «L’esposizione a tali sostanze è infatti correlata a un incremento statisticamente significativo del rischio per molteplici patologie quali: neoplasie, diabete mellito, patologie respiratorie, malattie neurodegenerative, in particolare morbo di Parkinson, malattia di Alzheimer, sclerosi laterale amiotrofica (Sla), malattie cardiovascolari, disturbi della sfera riproduttiva, disfunzioni metaboliche ed ormonali, specie a carico della tiroide. Particolarmente elevati sono i rischi per tumori del sangue. Anche nei bambini figli di agricoltori o comunque esposti a pesticidi aumenta il rischio di neoplasie, in particolare di linfomi, leucemie e tumori cerebrali» continua la Litta. «Particolarmente a rischio appare l’esposizione in utero: il rischio di leucemia infantile per esposizione residenziale è risultato il doppio dell’atteso per esposizione durante la gravidanza anche a pesticidi per uso domestico».
«Abbiamo dunque bisogno di un rapido abbandono dell’agricoltura intensiva e chimica in favore di un’agricoltura più sana, naturale, ecologica, rispettosa cioè della composizione e della vitalità dei suoli, dell’acqua e della biodiversità» prosegue Litta. «E questo anche alla luce delle drammatiche quanto emblematiche storie di molti bacini lacustri, nel mondo e in Italia, tra cui il lago di Vico, il cui ecosistema è fortemente compromesso, e così la qualità delle acque captate ed erogate ad uso umano, anche e soprattutto da decenni di monocoltura intensiva delle nocciole all’interno della sua caldera».
Quella delle risorse idriche è una questione particolarmente sentita nella zona dove sono molti i comuni ad avere problemi di approvvigionamento di acqua potabile. Nell’ambito di un recente convegno sul tema organizzato dal biodistretto della via Amerina e delle Forre, il professor Giuseppe Nascetti dell’Unitus ha sottolineato come i severi processi di eutrofizzazione (eccesso di sostanze nutritive) e anossia (mancanza di ossigeno), collegati all’eccesso di fertilizzanti e fitofarmaci immessi nelle acque, stiano mettendo a serio rischio il lago di Vico. «Il lago di Vico sta morendo» ha dichiarato Nascetti. «Abbiamo degli studi dell’Università della Tuscia che lo dimostrano. Bisognava limitare l’urbanizzazione delle coste, l’uso di pesticidi e diserbanti e il proliferare dell’alga rossa, che produce una microcistina cancerogena. Il lago ha sofferto per le produzioni agricole della coltivazione del nocciolo e per l’uso massiccio di fertilizzanti azotati, che poi, a causa delle piogge, si sono riversati nel bacino lacustre».
Una situazione finalmente entrata nel radar del Ministero dell’ambiente che, a seguito di un esposto dell’Isde, ha inviato una comunicazione a Regione, Provincia, Arpa e ai comuni lacustri di Ronciglione e Caprarola chiedendo spiegazioni riguardo «l’inadeguatezza dei sistemi di potabilizzazione e la presenza nelle acque ad uso potabile di sostanze che ne compromettono l’utilizzo». Fra le richieste dell’Isde «l’avvio in tempi rapidi di una drastica riduzione, fino alla completa abolizione, dell’uso di fitofarmaci in tutta la conca del lago di Vico con riconversione al biologico di tutte le attuali forme di coltivazioni agricole in essa presenti».
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Brano tratto dall’articolo Noccioland

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