Le piattaforme utilizzate per la didattica a distanza possono fare una grande differenza in termini di etica e utilizzo dei dati. Scopriamo di più. E quali sono le alternative open source.
Com’è la scuola ad aule chiuse? Com’è la scuola ai tempi del Coronavirus? Si è trasformata nella cosiddetta didattica a distanza, cioè nella possibilità/capacità di organizzare lezioni con i ragazzi usando i dispositivi digitali. La comunità scolastica «in vivo» è stata preclusa dalle restrizioni adottate per l’allarme Covid-19 e, dunque, il Ministero dell’istruzione ha dato disposizione di procedere creando un «legame» online con i bambini e i ragazzi.
Gli insegnanti utilizzano sostanzialmente due tipi di piattaforme: quelle per condividere materiale che viene depositato e rimane disponibile e quell che servono per comunicare in tempo reale, ossia che permettono di ascoltarsi e vedersi a distanza. Ma forse non tutti sanno che la scelta di come organizzare la didattica a distanza e di quali piattaforme utilizzare può fare una grande differenza in termini di etica e utilizzo dei nostri dati.
Una scorpacciata di big data
Se usiamo le app di Google, Google Suite for Education o Google Meet per la videoconferenza, stiamo fornendo i nostri dati a Google. Se utilizziamo Office 365 Education A1 e Microsoft Teams e Skype, stiamo fornendo i nostri dati a Microsoft. Queste piattaforme sono funzionali, piacevoli e permettono diverse opzioni in modo semplice, ma appartengono alle compagnie chiamate GAFAM (Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft), che incamerano i dati degli utenti. E i dati, come si sa, possono essere utili per elaborare conoscenza e fare profitto. A seconda di come e a chi scegliamo di veicolarli, possiamo decidere chi ne trarrà «beneficio».
Le alternative open source (e italiane)
Ecco perché è utile anche
conoscere le possibili alternative, peraltro messe a disposizione da aziende italiane o anche enti pubblici. Ad esempio, le
piattaforme universitarie possono essere rese disponibili alle scuole di ogni ordine e grado, senz’altro con
maggiori garanzie rispetto ai colossi stranieri. Un altro esempio è il sistema di videoconferenze tutto italiano, gratuito e open source
www.iorestoacasa.work, che nasce dall’iniziativa di un team di sviluppatori di Fabriano, al quale hanno aderito anche il
Centro nazionale delle ricerche e la
Rete italiana dell’istruzione e della ricerca nota come Garr.
In questo caso, l’intento è di creare una rete di server a loro volta italiani e indipendenti, arrivando ad avere la garanzia che gli utenti non vengano nemmeno profilati. La piattaforma è efficace e immediata nell’utilizzo: ci si collega, si riceve un link per la videoconferenza e lo si condivide con gli altri partecipanti; poi, nel caso di un insegnante con la sua classe, si può iniziare la lezione. Si può anche a un certo punto chiudere l’accesso a nuovi utenti una volta raggiunti tutti i componenti del proprio gruppo, si può impostare una password d’accesso o usare la funzionalità che permette al moderatore di silenziare o dare voce ai partecipanti. Inoltre, la nuova versione permette anche di mandare in streaming su YouTube ciò che si sta facendo.
Il team di ideatori sta lavorando per mettere compiutamente a sistema il servizio gratuito e peraltro dietro a tutto questo lavoro c’è una community di ben 150 tecnici esperti, italiani, che si sono messi a disposizione volontariamente.
Da segnalare poi la community
Lavagna Libera (
www.wiildos.it), che raggruppa un migliaio di utenti in rete tra insegnanti, genitori e studenti, dove poter attingere informazioni e suggerimenti.
Dunque, le alternative ai GAFAM esistono, basta conoscerle.
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Articolo tratto dalla rubrica
#Ecologia informatica
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