Negli abiti che indossiamo sono presenti sostanze tossiche. Tra quelle più dannose, gli ftalati, presenti in vestiti, scarpe e accessori in finta pelle e gomma pvc.
Dietro agli abiti che indossiamo si celano temibili e pericolose sostanze tossiche, oltre a una filiera spesso altamente inquinante e per nulla etica.
Tra le sostanze più dannose troviamo gli ftalati, onnipresenti in vestiti, scarpe e accessori in finta pelle e gomma Pvc. Gli ftalati sono una famiglia di composti chimici, aggiunti alle materie plastiche per migliorarne la modellabilità. Avete presente i disegnini plastificati sui vestitini dei bambini? Ecco, qui quasi certamente se ne annidano parecchi. E questo è un problema. Perché gli ftalati non sono solo inquinanti organici persistenti ma anche, secondo la Endocrine Society,
interferenti endocrini: hanno quindi la capacita di camuffarsi da estrogeni, causando così una femminilizzazione dei maschi, disturbi nello sviluppo dei genitali, ritardi nella maturazione dei testicoli e aumento della sterilità, nonché aumento della possibilità di aborto per l’azione sugli ormoni tiroidei e sul progesterone materno. Tant’è che il Ministero della salute, già dal 2012, ne limita l’utilizzo «a concentrazioni superiori allo 0,1% nei giocattoli e negli articoli destinati all’infanzia». Il motivo della restrizione è dovuto al pericolo di esposizione «che può derivare dal masticare o succhiare per lunghi periodi di tempo oggetti che contengono ftalati».
Ma se nei giocattoli sono pericolosi, perché nei vestitini no? Misteri delle leggi italiane. Intanto il laboratorio di Prato, Buzzi Lab, che ogni anno analizza decine di migliaia di capi prodotti dai grandi marchi della moda, ci fa sapere che su 33.000 campioni esaminati nel 2016 hanno riscontrato la presenza di residui di ftalati nel 31,5% dei casi, nel 4,3% dei quali in dosi elevate.
Insomma, volete fare e farvi un bel regalo, sano ed etico, oltre che utile? Meglio prediligere lana, lino, seta, canapa e cotone. Magari da filiere certificate equosolidali e ogm free.
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Articolo tratto dalla rubrica Cosa c’è dentro
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Code, imballaggi,
prodotti inutili e dannosi per la salute e per l’ambiente, filiera lunga,
inquinamento e sfruttamento, bisogni indotti da pubblicità, lunghe attese per trovare parcheggio, per scegliere, per pagare: questo è il supermercato. E chi pensa che rinunciarvi sia difficile, inutile o addirittura impossibile, dovrà ricredersi.
Vivere senza supermercato non solo è possibile ma è addirittura facile e piacevole: parola di chi lo ha fatto.
Entrare in relazione con i produttori, scoprire la provenienza e l’origine delle merci, informarsi sulle conseguenze, personali e globali, di ciò che si acquista e si consuma: vivere senza supermercato significa tutto questo e molto altro ancora. Significa fare una spesa ecologica, consapevole e responsabile, dando un nuovo valore ai propri gesti e un peso diverso ai propri soldi. Significa cambiare stile di vita e modo di pensare.
Vivere senza supermercato significa guadagnarci: in soldi, salute, relazioni e tempo. Una scelta alla portata di tutti.