Riportiamo l’intervento di Riccardo Manzotti, docente di filosofia teoretica all’università Iulm, uscito sul numero di giugno del mensile Terra Nuova.
«La pandemia ha reso necessario prendere provvedimenti urgenti per evitare il collasso del sistema sanitario. A qualche mese dal suo inizio il carattere di urgenza è evidentemente venuto meno. La diffusione del virus, ci dicono, continua a rappresentare un rischio sanitario, ma non può più essere affrontato con gli strumenti e i costi di misure straordinarie, a meno di causare il collasso sociale ed economico del Paese. La strategia utilizzata per contrastare il virus, una quarantena molto lunga e la continua imposizione di regole in larga parte arbitrarie, hanno arrecato e continuano ad arrecare danni molto gravi al nostro tessuto civile.
Dobbiamo interrogarci sulle cause che hanno impedito una discussione aperta sulle scelte in gioco, decisioni che pesano e peseranno sempre di più nei prossimi mesi sulle spalle di tutti, soprattutto dei più deboli. In particolare, si è assistito a una deriva etico-morale che ha imposto una serie di passaggi obbligati basati su un’ideologia che non è necessariamente condivisa dalla maggioranza dei cittadini: l’ideologia del corpo e del controllo sociale del corpo.
Mi spiego meglio. Nel momento in cui il virus ha cominciato a diffondersi si è reagito in nome della difesa della salute. Principio condivisibile, se non fosse che ci dovremmo accordare su che cosa è la salute? La felicità è parte della salute? Essere tenuti in vita con cure invasive è salute? Stare chiusi in casa per mesi è salute? Il messaggio che, complice la paura del virus, è stato imposto è che la salute è la difesa del corpo a ogni costo, magari anche a costo di distruggere l’economia e di causare a medio termine un numero elevatissimo di morti per il grandissimo disagio, casi di depressione/suicidio, nonché la perdita in tempo e qualità di vita vissuta.
La salute non è solo quella del corpo
Questa interpretazione a senso unico degli eventi, cui la maggior parte dei media si è allineata, ha subito assunto le caratteristiche di un’ideologia, come dimostrato dal fatto che chi non si è adeguato alla linea di pensiero dominante è stato etichettato come moralmente inferiore. Chi chiedeva di fare attività motoria all’aperto è stato classificato come un egoista immaturo e narcisista. Chi accettava di seguire le regole del Governo, a maggior ragione se in modo acritico e con spirito di sacrificio, è diventato invece un eroe.
Ma qui la questione è se effettivamente sia condivisa la riduzione della persona al corpo. Se la salute sia solo la salute del corpo, intesa come sopravvivenza a ogni costo grazie al sistema sanitario, non grazie a uno stile di vita più sano. Possiamo accettare che i due ministeri del corpo – la Sanità per la salute fisica e gli Interni per le nostre condotte – possano di fatto dettare l’agenda governativa e la politica del paese? Io non lo credo. Al di sopra di essi rimangono il Parlamento e il Governo, la cui funzione dovrebbe essere quella di farsi espressione della volontà e della scelta libera delle persone.
La riduzione delle persone a corpi è lesiva della loro dignità civile e li priva della possibilità di essere protagonisti della loro vita. Difendere i corpi per privare le persone della loro dignità è una precisa scelta di valore che, come ogni scelta del genere, può essere accettata o rifiutata, ma non va imposta come passaggio obbligato. È una scelta ideologica e quindi discutibile.
Libertà, vita e valutazione del rischio
Prendiamo, per esempio, un anziano. La sua aspettativa di vita è, ovviamente, inversamente proporzionale alla sua età. Quindi apparentemente dovrebbe essere un candidato al confino domestico perpetuo. E tuttavia, proprio perché ha di fronte a sé un numero di anni non infinito potrebbe decidere liberamente tra l’azzeramento totale del rischio Covid-19 e la possibilità di utilizzare i suoi anni per stare vicino a parenti/amici o semplicemente fare quello che gli pare. Noi sappiamo che gli esseri umani spesso compiono scelte che hanno una componente di rischio, eppure le fanno. Altrimenti nessuno farebbe l’alpinista, il pilota, fumerebbe, avrebbe rapporti sessuali, si sposerebbe, aprirebbe un’impresa, salirebbe su un’automobile, mangerebbe carne. Ovviamente, in ognuna di queste situazioni si cerca di ridurre il rischio e quindi si adottano le precauzioni del caso, ma non si rinuncia a vivere. Perché, non dimentichiamolo, è la persona che ha una vita, non il corpo.
Avere una vita vuol dire agire liberamente, come espressione della propria volontà e in conformità con i propri valori. In questo momento, purtroppo, vengono imposti valori universali e chi non li accetta viene etichettato come moralmente inadeguato o, peggio, come un pericolo per gli altri. Non è un caso. Anzi. È la conseguenza di quanto detto prima, ovvero della riduzione delle persone ai loro corpi. Al di là della situazione contingente, questa è una deriva pericolosissima.
Il corpo, essendo oggetto fisico, è descritto e controllato soprattutto dalle scienze forti, che quindi possono imporre i criteri che preferiscono, salvo poi, come tante volte è successo (dal razzismo alla lobotomia, dalla frenologia al socialismo scientifico), riconoscere di essersi sbagliate.
Così si calpestano i diritti civili
Ridurre qualcuno a un corpo potenzialmente infetto e quindi passibile di confinamento è il crollo del contratto sociale, il rifiuto della carta dei diritti civili. Se accettiamo questa logica, lo Stato avrà il potere di imporre qualsiasi restrizione sulla libertà individuale in nome del bene collettivo. Lo abbiamo già visto accadere in queste settimane ed è assai probabile che venga ribadito.
La persona non è solo corpo. Il corpo è il mezzo per l’esistenza delle persone, non è l’unico fine. La persona, come tra l’altro ribadisce l’articolo 2 della Costituzione, ha il diritto di essere libera, perseguire la propria felicità, esprimere i propri valori. Certo, questo può avvenire solo a condizione di non nuocere ad altre persone, ma è proprio questo il punto cruciale della nostra società: noi siamo una società di persone e non di corpi. La salute della persona richiede l’esercizio della propria libertà, l’espressione della propria volontà e l’adesione ai propri valori. Tutte cose che non riguardan il ministero della Sanità e quello degli Interni, se non nella misura in cui devono garantire che ci siano le condizioni utili alla vita civile. In questa fase ci dobbiamo interrogare sui nostri valori in quanto cittadini e chiederci quali scelte corrispondano ai nostri valori.
La narrazione del percorso obbligato, illuminato e guidato solo dalla presunta competenza delle commissioni di esperti va abbandonata perché è figlia di una ideologia dove le persone sono ridotte a corpi fisici. Noi siamo qualcosa di meglio e siamo in grado di rivendicare la nostra libertà anche affrontando rischi e questo non è una novità. La vita richiede sempre, con responsabilità, di affrontare l’imprevisto. Come diceva Guccini: «L’assurdo ci sfida per spingerci a essere fieri di noi».
Non vogliamo essere governati dalle commissioni di medici, vogliamo un Governo che sia l’espressione della nostra volontà e libertà».
Riccardo Manzotti è docente di filosofia teoretica all’Università Iulm
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Articolo tratto dalla rubrica
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