Creare i presupposti affinché si incarni il principio della libertà di pensiero è stato l’obiettivo della scuola italiana? La riflessione di Sabino Pavone, presidente della scuola steineriana Novalis e vicepresidente della Federazione nazionale delle scuole Steiner Waldorf.
Abbiamo vissuto tutti la condizione della frattura delle consuetudini mettendo in evidenza ciò che in queste vi era e, chi si è preso il tempo per riflettere, lo ha fatto senz’altro. Già, ma cominciando da dove? Da quale fondamento, visto il disorientamento generale su tutti i fronti, professionali, economici, relazionali, giuridici?
Le due realtà della dimensione umana, quella che giunge dall’esterno, sotto forma di informazioni, dettami, percezioni, stimoli, e l’altra, quella della vita interiore, le emozioni, la paura, la frustrazione, la rabbia, il senso di impotenza, hanno fatto una gran fatica a rimanere unite, armoniche o quanto meno affrancate dall’Io individuale che le sintetizza per poter conservare uno stato di equilibrio. Ognuno ha trovato un modo per sopravvivere, ma alla fine ci si deve arrendere: è il pensare autonomo e indipendente, meglio dire libero, la cosa più difficile. Ci si può anche scoprire incapaci di pensare, restando così incollati ai media che hanno fatto da contraltare al silenzio assordante dei luoghi di aggregazione, la scuola in primis.
La rappresentazione individuale di ciò che andava succedendo, giorno dopo giorno, ha diviso persone unite da tempo in percorsi comuni. Moltissime informazioni contrastanti non hanno reso più facile la creazione di un’opinione personale. Quando avvengono questi fenomeni, emerge la nostra individuale biografia, il passato riaffiora, in particolar modo come siamo stati educati, intrecciato con l’elemento individuale unico e irripetibile. Educare al pensare indipendente e autonomo, creare i presupposti perché si incarni il principio della libertà di pensiero, lo sviluppo dell’attitudine al pensare critico sono stati obiettivi della scuola italiana? Forse a parole sì, non nella pratica e nella metodica dell’insegnamento, anche perché per educare a ciò necessita, come sempre, essere di esempio.
Il procedere evolutivo dal sentirsi appartenente al tutto (prima infanzia), al processo di individualizzazione (fino a tutta l’adolescenza), al ricollegarsi al tutto come individuo (dopo i 20 anni) dura un dato tempo, ed è in questo processo di crescita fisica e maturazione interiore che si semina il germe della libertà futura, che prima ancora di essere un’azione libera è un pensare libero e indipendente. Prendere coscienza della complessità del fenomeno potrà risultare tanto interessante quanto scomodo, specialmente in un’epoca dove si desidera stare comodi e in cui l’unico appiglio sta nel «ma io non ci posso fare niente».
Ma cosa non aiuta lo sviluppo di un pensiero libero e indipendente?
• Entrare in classe da adulto pensando di riempire secchi vuoti, immaginandone alcuni con il fondo che fa acqua; meglio pensare di dover accendere un fuoco il cui ardore per la conoscenza sia contaminante.
• Tenere lezioni fatte solo di risposte senza provocare domande e senza accettare che tali domande possano essere anche fuori luogo.
• Non riconoscere che l’antipatia che viviamo verso alcuni alunni dipende dal fatto che vorremmo che fossero più simili alla nostra idea personale di come dovrebbero essere.
• Sottolineare le difficoltà di apprendimento e non valorizzare i talenti di cui ogni essere umano è portatore.
• Correggere senza incoraggiare.
• Non essere disposti a riconoscere che alcuni bambini ci insegnano come insegnare.
• Non riconoscere che quando valutiamo i processi di apprendimento dei bambini stiamo valutando anche il nostro processo di insegnamento.
• Ignorare che sul piano etico a ogni atto educativo corrisponde sempre una necessità di autoeducazione.
• Non rispettare la necessità di mantenere in equilibrio i ritmi di crescita fisiologica con i ritmi e i processi di apprendimento.
Attenuanti: questa generazione di insegnanti è stata educata così e pertanto rischia di riproporre lo stesso modello con cui è stata educata ed istruita.
Sabino Pavone è presidente della scuola steineriana Novalis di Conegliano e vicepresidente della Federazione nazionale delle Scuole Steiner Waldorf.
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Articolo tratto dalla rivista Terra Nuova Luglio-Agosto 2020
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