Alcuni ne hanno sentito parlare, altri hanno saputo degli incontri e vorrebbero partecipare, altri ancora la ignorano: stiamo parlando della Rete di reti, un organismo composto da soggetti che hanno lo scopo di riunire e integrare idee e pratiche per un mondo e una società più equa e sostenibile.
Sempre più persone si stanno chiedendo che cosa sia la Rete di reti: una strana creatura nata in una calda giornata di luglio 2017 in Umbria, nel villaggio ecologico Panta Rei. “Il nome non è molto originale” ammettono i membri della Rete “a dire il vero non l’abbiamo neppure scelto del tutto, è ancora temporaneo. Semplicemente avevamo l’esigenza di chiamare in qualche modo questo percorso comune che, ormai otto mesi fa, alcune realtà italiane hanno deciso di intraprendere verso un mondo sostenibile, equo, solidale e felice. Finora, la natura embrionale e fragile di questa rete ci ha fatto propendere per non parlarne troppo, fatta eccezione per qualche scarno comunicato stampa. Tuttavia la crescente curiosità da parte di “esterni” unita al progressivo consolidamento del percorso ci ha spinto ad osare di più e raccontare un po’ meglio quello che stiamo facendo”.
Tutto è nato dalla volontà di alcune reti, movimenti e organizzazioni diffuse sul territorio italiano, di aumentare le collaborazioni reciproche e intraprendere un percorso comune. Si tratta di realtà molto eterogenee fra loro ma accomunate da obiettivi e valori simili. Proprio in questo momento, stanno elaborando il Manifesto d’intenti per renderli più espliciti, chiari, condivisi.
All’interno della Rete di reti le differenze non sono percepite come un limite ma come una ricchezza, seppur la strada che le porta alla massima valorizzazione è delicata . Ogni realtà è stimolata a mettere a disposizione delle altre le proprie competenze, particolarità e punti di forza. C’è il Movimento per la decrescita felice che, secondo l’attivista ed ex presidente Jean-Louis Aillon, può mettere a disposizione “un pensiero che faccia da utile matrice per le varie alternative che porta la rete, valorizzando la biodiversità”; ci sono le Reti di economia solidale con le loro pratiche innovative dei distretti e delle reti locali – DES/RES – di economia trasformativa: “abbiamo lavorato a filiere agro-alimentari alternative, monete sociali, Comunità che supportano l’Agricoltura – CSA, patti collaborativi tra produttori e GAS e simili” racconta Davide Biolghini del tavolo RES nazionale. E Bilanci di Giustizia che a detta di Ludovica Kirschner possono condividere la loro “esperienza di una struttura reticolare leggera ma efficace e resistente, la voglia di mettersi in gioco e mettersi in discussione, in modo creativo”.
In questo percorso confluiscono molte aspettative e speranze diverse. C’è chi, come Lidia Di Vece della Federazione per l’Economia del Bene Comune in Italia, si aspetta una “comunione di principi, valori, ma anche di fatti” e chi, come Dino Mengucci di Panta Rei, di realizzare una relazione “win-win, in cui non siamo più ognuno sotto il proprio cappello ma sotto un cappello comune, per il bene di tutti.” Secondo Filippo Bozotti di Italia che Cambia gli obiettivi sono “conoscere nuove persone, e creare rapporti di fiducia per sviluppare progetti insieme, allinearci sui punti di forza di ognuno per massimizzare il nostro impatto a livello nazionale.”
Quindi a che punto siamo? Inutile ribadire che si tratta di un percorso ancora molto giovane che necessita di strutturarsi e darsi obiettivi più definiti. Finora il gruppo della Rete di reti ha lavorato su Accordi di base ed iniziato a scrivere un Manifesto d’intenti comune. Gli Accordi di base stabiliscono le modalità mediante le quali i soggetti aderenti decidono di “stare assieme”, assumere decisioni, comunicare all’interno e verso l’esterno e così via. Negli Accordi è stabilito, ad esempio, che si utilizza il metodo del consenso quando vengono adottate decisioni riguardanti questioni identitarie relative al “chi siamo”, e quello dell’assenso (mutuato dalla Sociocrazia) per l’adozione di decisioni sul “cosa facciamo”. Regolano prevalentemente gli aspetti relativi al “come” rispetto a quelli riferiti al “cosa”, che invece verranno affrontati nella stesura di un manifesto.
Come partecipante al progetto, in rappresentanza di Terra Nuova Edizioni – media partner – ho trovato nel gruppo un’alta qualità di ‘spessore’ umano, oltre a quello esperienziale. Ho sentito in ognuno il senso di appartenenza alla propria rete ma anche apertura e stima del lavoro degli altri. Ho sentito con gratitudine che ognuno è consapevole che non si può realizzare questo grande cambiamento da soli e, vista l’esperienza del passato, sappiamo che è un percorso lungo e scivoloso. Tutto ciò, a detta di Bruno Di Loreto, “fa ben sperare che tale processo amplifichi il potenziale di ognuno e dunque del collettivo che si trova a dover gestire un passaggio storico senza precedenti. Occorrerà saper esprimere anche risorse ed energie che non sappiamo di avere.”
Come primo frutto della collaborazione, la rete di Reti è lieta di invitarvi a partecipare alla prima Scuola estiva in Val di Susa, dal 25 al 29 giugno, presso Venaus (To).
La Scuola si concentrerà sul tema “
Fare comunità oggi: autonomia e autogoverno” coinvolgendo pensatori e attivisti del cambiamento –
decrescita, transizione, economia solidale e comunità intenzionali – oltre ai protagonisti del movimento della Val di Susa. Il progetto è della Rete di Reti in collaborazione con le associazioni promotrici del
Festival Altra Velocità (29 giugno-1 luglio).