«Solo la piena trasparenza e il rigoroso esame dei dati permetterà un processo decisionale informato»: sono le parole con cui Peter Doshi, associate editor del British Medical Journal inizia il suo editoriale dedicato ai vaccini per il Covid. Sostenendo che i dati devono essere resi pubblici.
«Solo la piena trasparenza e il rigoroso esame dei dati permetterà un processo decisionale informato»: sono le parole con cui Peter Doshi, associate editor del British Medical Journal inizia il suo editoriale dedicato ai vaccini per il Covid. Sostenendo che i dati devono essere resi pubblici.
Negli Stati Uniti tutti gli occhi sono puntati su Pfizer e Moderna. Se i dati sull’efficacia appaiono sorprendenti a una prima occhiata, è anche vero che Doshi invita ad analizzare questi dati in prospettiva.
«Prima di tutto, si parla di riduzione del rischio relativo, non di riduzione del rischio assoluto», poi i risultati non si riferiscono alla capacità del vaccino «di salvare vite» né «di prevenire l’infezione, e nemmeno all’efficacia in importanti sottogruppi (per esempio gli anziani fragili). Tutto ciò resta sconosciuto». Il terzo punto che sottolinea Doshi riguarda il fatto che «non sappiamo nulla della performance del vaccino a 3, 6 e 12 mesi, quindi non possiamo confrontare questi numeri sull’efficacia con altri vaccini, come quelli dell’influenza». Quarto aspetto, «bambini, adolescenti e individui immunocompromessi sono stati largamente esclusi dai trial, quindi ancora ci mancano dati su queste importanti fasce di popolazione».
L’impressione che condivide Doshi con i lettori è che si stiano bruciando le tappe per poter cantare vittoria velocemente e concludere gli studi e che la FDA sia ora «sottoposta a un’enorme pressione per autorizzare rapidamente i vaccini».
Sul sito della Pfizer sono disponibili informazioni sulle modalità generali di accesso ai dati dei trial del gruppo farmaceutico (
QUI). Vi si legge: «I dati dei trial saranno resi disponibili 24 mesi dopo la data di conclusione dello studio primario».
«Pfizer prenderà in considerazione le richieste provenienti da ricercatori qualificati per l’accesso a dati clinici Pfizer». «Pfizer esaminerà le richieste attraverso una commissione interna». Nella pagina si elencano poi ulteriori condizioni che vengono esaminate dalle commissioni interne alla casa farmaceutica prima di dare l’autorizzazione all’accesso ai dati.
A intervenire sulle tempistiche di somministrazione del vaccino e sulla velocità della sua distribuzione è anche
Silvio Garattini, farmacologo e presidente dell’Istituto Mario Negri, secondo le dichiarazioni
riportate dall’agenzia AdnKronos e tratte da “Il Messaggero”. «Ritengo sia improbabile che il prossimo gennaio si possa già iniziare con la somministrazione dei vaccini contro Covid-19, almeno non quelli prodotti da AstraZeneca e dall’Università di Oxford». «Probabilmente aspetteremo un po’ di più, specialmente dopo quest’ ultimo pasticcio», aggiunge Garattini riferendosi all’errore nei dosaggi ammesso da AstraZeneca.
«Abbiamo bisogno di pubblicazioni scientifiche su riviste serie e non annunci più o meno propagandistici. Senza queste pubblicazioni non si possono fare valutazioni. In sostanza, quello che ci viene chiesto è di fidarci di tutto ciò che riferisce l’azienda senza avere un quadro completo dei dati. Non è così che si fa la scienza» prosegue Garattini. «Bisogna porre fine a questa assurda gara a chi arriva prima al vaccino. Non ha senso. Arrivare per primi non rappresenta un vantaggio per l’azienda. Perché nessuna di queste aziende è al momento in grado di produrre e distribuire dosi sufficienti del vaccino. Considerato che è tutto il mondo ad aspettare il vaccino, le dosi di cui avremo bisogno sono tantissime. Troppe e non sarà solo un’azienda a poterle fornire. Alla fine avremo probabilmente più di un vaccino. Due, tre, quattro o addirittura dieci».
Sul tipo di immunità conferita dai vaccini in arrivo contro Covid-19 è intervenuto Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità (Css), in conferenza stampa al ministero della Salute, secondo le dichiarazioni
diffuse poi dall’agenzia AdnKronos. Il tipo di immunità «è ancora da definire con i dati dei prossimi mesi. Dalle informazioni disponibili dei press release, e non da studi scientifici sottoposti a revisione, almeno uno dei vaccini sembrerebbe conferire immunità sterilizzante» ha detto Locatelli.