Vai al contenuto della pagina

C’è vino e vino

homepage h2

Il vino fa parte della nostra cultura, ma quello che beviamo oggi è sempre più standardizzato e addizionato con sostanze etranee. Negli ultimi anni, però, è cresciuta la richiesta di vini naturali.
In Italia il vino è fortemente legato all’alimentazione, all’agricoltura e a più di due millenni di storia. Per lunghi secoli è stata la bevanda più apprezzata in tutte le classi sociali, comprese quelle più povere, con un consumo pro capite che superava tranquillamente il litro al giorno. Sembra un dato sbalorditivo, ma si tratta di una media ribassata delle varie stime operate dagli storici più autorevoli, tra cui spicca il professor Massimo Montanari, docente ordinario di Storia medievale all’Università di Bologna.
Il motivo di quello che oggi possiamo definire un abuso era molto semplice: bere acqua, nelle condizioni igieniche precarie di allora, poteva essere ben più pericoloso. Bisogna anche dire che nella cultura mediterranea il vino ha sempre avuto un suo ruolo, integrato come bevanda da pasto nella tradizione gastronomica, ma anche nella liturgia ecclesiastica come elemento chiave dell’eucarestia.
E il vino che consumiamo oggi? Per molti versi è sicuramente più stabile e gradevole al gusto, ma in realtà si tratta di un prodotto sempre più standardizzato, addizionato di molte sostanze estranee e prodotto da uve coltivate con l’uso intensivo di concimi chimici e diserbanti.
Da qualche anno a questa parte tuttavia è cresciuta la richiesta di vini naturali, che mantengano un legame più stretto con i territori di origine. Sempre più viticoltori privilegiano la produzione biologica e biodinamica per ragioni agronomiche prima ancora che di mercato.

Il ritorno del vino naturale

Secondo i dati del Ministero delle politiche agricole, oggi oltre il 13% della superficie vitata italiana è coltivata con i criteri dell’agricoltura biologica, e la percentuale supera il 30% in Sicilia e Calabria, seguite da Marche, Toscana e Basilicata.
Il metodo biodinamico dà molta importanza alla fertilità del suolo e guadagna sempre più consensi tra gli agricoltori, che di fronte a condizioni meteorologiche sempre più estreme, come la siccità, o le gelate primaverili, scelgono di rinforzare le difese naturali della pianta.
Chi pensava di darcela a bere con la chimica viene smentito anche dagli enologi. «L’uccisione dei microrganismi nel terreno, con la complessità microbica di funghi e batteri, ha sicuramente inciso sulla qualità stessa dell’uva portata a maturazione» è il commento di Fabio Pracchia, autore del libro I sapori del vino per Slow Food Editore.

Quali differenze con il convenzionale?

La differenza tra un vino biologico, o naturale, e un vino convenzionale sta nei metodi di coltivazione e nel processo di trasformazione che avviene in cantina. Il Regolamento Europeo 203/2012 ha disciplinato il settore imponendo uve coltivate con metodi di agricoltura biologici, e fissando alcuni limiti sull’impiego di sostanze nel processo di vinificazione. In particolare viene regolamentata la quantità di anidride solforosa, che viene aggiunta come antiossidante e stabilizzante del vino.
La soglia è stata fissata a 100 mg/l per i vini rossi (contro i 150 mg/l del convenzionale) e a 150 mg/l per i bianchi e rosé (200 mg/l nel convenzionale). Un quantitativo che per i vini biodinamici certificati Demeter scende a 70 mg/l per i rossi e a 90 mg/l per i bianchi.

Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Aprile 2018
Visita www.terranuovalibri.it lo shop online di Terra Nuova

Leggi anche

Per eseguire una ricerca inserire almeno 3 caratteri

Il tuo account

Se sei abbonato/a alla rivista Terra Nuova, effettua il log-in con le credenziali del tuo account su www.terranuovalibri.it per accedere ai tuoi contenuti riservati.

Se vuoi creare un account gratuito o sottoscrivere un abbonamento, vai su www.terranuovalibri.it.
Subito per te offerte e vantaggi esclusivi per il tuo sostegno all'informazione indipendente!