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Cani e gatti: scatolette, avanzi o cibi preparati in casa?

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I cibi industriali sono generalmente di bassa qualità e possono contenere «appetizzanti» che rendono l’animale dipendente a un marchio. Meglio optare per il biologico, oppure preparare la pappa in casa.
Fido fidelizzato… suo malgrado. Può essere un effetto collaterale dei cibi pronti industriali contenenti appetizzanti, sostanze chimiche che gli fanno sentire un sapore così speciale da indurlo a trovare scipito tutto il resto. E coi cibi industriali possono anche manifestarsi intolleranze alimentari. Le pubblicità mostrano gattoni bellissimi che aspettano impazienti mentre una mano versa la scatoletta nel piattino. Mostrano cani atletici e scattanti che quasi volano verso la ciotola piena di crocchette. Altrettanto entusiasmo a volte viene esternato anche dagli animali di casa, che giungono a manifestare chiaramente di preferire il cibo industriale di una ben precisa marca. Tutto il resto, quando si prova a offrirglielo, lo accolgono semmai con degnazione.

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Scatolette e croccantini agli animali domestici piacciono così tanto: dobbiamo forse supporre che li apprezzino perché glieli indica come salutari l’istinto, quello stesso istinto inbase al quale un gatto mai e poi mai mangerebbe qualcosa di avariato?
«Di solito i cibi industriali per animali domestici derivano al 90% dascarti non commestibili dell’alimentazione umana, assemblati in vario modo e poi trattati con additivi, appetizzanti e preservanti chimici», risponde Stefano Cattinelli, medico veterinario a Trieste, specializzato in omeopatia e fiori di Bach (per Terra Nuova ha pubblicato il libro « Amici fino in fondo»).
«Dermatiti e gastroenteriti si sono diffuse nei cani e nei gatti a partire dal boom delle scatolette e delle crocchette d’origine industriale». Va al nocciolo della questione Andrea Sergiampietri, anche lui medico veterinario a Trieste. «Fino ad una decina di anni fa i veterinari quasi non studiavano dermatologia all’università. Ora le patologie della cute rappresentano il 60-70% della pratica clinica. C’entra l’inquinamento, certo, ma anche l’alimentazione».
Il dottor Cattinelli approfondisce il ragionamento, affermando che i cibi industriali, innaturali e farciti di sostanze chimiche, «hanno saturato gli animali: così noi veterinari dobbiamo sempre più curare diarree, problemi di pelle, otiti». Le aziende, prosegue, hanno provato a rispondere senza cambiare sostanzialmente strada: «Hanno diversificato l’offerta e così sono nate le confezioni di cibo per cani e per gatti al coniglio, all’anatra, al fegato, al fagiano… con l’obiettivo di offrire prodotti più adatti alle esigenze degli animali». Un obiettivo che non si direbbe raggiunto. «E in ogni caso non esistono informazioni cliniche sulla tossicità alimentare cronicizzata. Nessuno è interessato a farli».

I gatti sono più furbi

Si ritiene che i gatti abbiano una sorta di sesto senso per l’alimentazione. Al contrario dei cani, che hanno alle spalle una domesticazione più lunga e che mangerebbero qualsiasi cosa, i gatti «sanno regolarsi». Se è vero che i felini evitano di ingerire tutto ciò che può far loro male, e se i cibi industriali possono addirittura «saturare l’organismo», perché allora i gatti mangiano di gran gusto crocchette e similari?
La risposta è negli appetizzanti, la cui presenza è ammessa nei cibi pronti per animali domestici. Sono sostanze che non solo invogliano l’animale a mangiare, ma gli fanno sentire un gusto così speciale, così unico ed allettante da indurlo a schifare il resto, cibo di altre marche compreso. «Le aziende produttrici mirano proprio a far sì che un animale si affezioni ad un determinato prodotto» conferma la ditta Aniwell, azienda specializzata in alimenti biologici per animali. «Nelle scatolette convenzionali c’è di tutto tranne autentico buon cibo. Basta guardare le etichette: sono tutto un elenco di “derivati di”. Si tratta di scarti ed ossa macinati e lavorati in vario modo». La carne propriamente detta – pollo, vitello o ciò che determina il gusto del cibo in questione – compare in una percentuale molto bassa: il tutto viene poi trattato e addittivato chimicamente in modo tale che l’animale lo trovi assolutamente irresistibile. In modo che, volente o nolente, venga fidelizzato al marchio, si potrebbe dire. 

Preparare la pappa in casa

Un’alternativa è quella di nutrire i nostri animali con cibi preparati in casa. «Io lo consiglio da quindici anni» sottolinea Cattinelli. «L’altra possibilità è acquistare pappe preparate con ingredienti biologici, o almeno ottenute senza l’aggiunta di appetizzanti e conservanti chimici. In Italia non sono ancora molto diffuse, ma si trovano sempre più spesso nei negozi specializzati. C’è anche un altro aspetto: le grandi aziende produttrici di cibi convenzionali per animali domestici tendono ad instaurare rapporti stretti con i veterinari. Mandano agenti di vendita che propongono corsi e offrono aiuto per allestire lo studio…». Qualcosa di molto simile a quello che fanno molte case farmaceutiche con i medici di base, per convincere loro a prescrivere le specialità mediche prodotte.

Cani vegetariani?

Il principio di riservare al cane o al gatto di casa una parte del nostro cibo vale anche se la famiglia che li ospita è vegetariana?
In linea di massima sì, ma con alcuni accorgimenti. «Il gatto ha bisogno della taurina, una sostanza che si trova solo nella carne, quindi se la dieta del nostro micio ne è priva gli vanno somministrate compresse di taurina» sintetizza il veterinario Stefano Cattinelli. Il cane, invece, ha meno problemi: «Le proteine della sua dieta possono anche essere vegetali. Fagioli, ad esempio, oppure lenticchie e ceci».

Una dieta equilibrata

Cani e gatti sono carnivori, si sa. Ma la lunga convivenza con l’uomo ha modificato le loro abitudini alimentari: soprattutto quelle dei cani, la cui dieta bilanciata «è composta da un terzo di proteine, un terzo di carboidrati e un terzo di fibre», riassume il veterinario Stefano Cattinelli. Secondo lui, l’alimentazione ideale è quella preparata in casa: al cane e al gatto, insomma, deve andare un po’ del cibo che i padroni hanno preparato per sé, avendo cura di evitare fritti, soffritti e alimenti troppo grassi.
Un cane può soddisfare le sue necessità di carboidrati «attraverso pane, riso, polenta, cous cous» elenca Cattinelli. «Va bene anche la pasta, purché si abbia l’avvertenza di sciacquarla sotto il rubinetto per eliminare una parte dell’amido. Oltre che dalla carne, le proteine possono venire anche dalla ricotta, ad esempio, e le fibre da verdure come zucchine e carote. Per completare il tutto, un filo d’olio crudo».
Anche il gatto, dice Cattinelli, può mangiare molti dei cibi che compaiono sulla nostra tavola. Ha ben conservato l’istinto che gli consente di regolarsi e di scegliere ciò che è utile al suo organismo: «Non ho mai visto un gatto mangiare roba che gli fa male» conferma. «Un cane, invece, ha bisogno di una guida esterna».  
Al micio di casa si può riservare un po’ della nostra carne o del nostro pesce: e di lì in poi, ogni animale ha i suoi gusti. «Al mio gatto piace lo yogurt» dice il veterinario «e ne conosco alcuni che mangiano volentieri la minestra di verdura».
Articolo tratto dal mensile Terra Nuova
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