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Cannabis: gli aspetti botanici

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Alcune informazioni utili per conoscere le caratteristiche botaniche di questa pianta.
Cannabis: gli aspetti botanici
La cannabis è una pianta di belle sembianze, ottima per decorare e ravvivare gli ambienti con le sue forme, i suoi colori e i suoi profumi. È annuale, ha un ciclo di vita che può durare dai 3 ai 10 mesi a seconda delle varietà e delle diverse condizioni ambientali.
Conosciuta molto bene dai nostri nonni, soprattutto per l’uso tessile e industriale, la cannabis fa parte di un patrimonio comune e mostra una notevole capacità di adattamento a condizioni ambientali molto diverse. I diversi incroci hanno portato ad una grande varietà di ceppi ibridi, con caratteristiche uniche per ogni diverso genere. Ma facciamo un passo indietro e vediamo di inquadrare bene la pianta su un piano strettamente botanico.
La collocazione tassonomica della Cannabis sativa L. e delle sue varietà, è ancora in via di discussione e stabilizzazione. Il celebre biologo svedese Carlo Linneo ha per primo classificato una specie di canapa, denominata “sativa”, nel 1753. Nel 1785 fu invece Jean Baptiste Lamarck a individuare una seconda specie chiamata Cannabis Indica. Notò che la sativa cresce più alta, era più ricca di fibra, aveva delle foglie più sottili.
Spesso si tende a differenziare in modo netto, come specie distinte, la canapa indica, utilizzata per scopi terapeutici o rituali soprattutto in oriente, dalla canapa sativa, coltivata per mille altri scopi nel Mediterraneo fin dall’antichità. In realtà si tratta di una divisione strumentale e poco veritiera, che tende a bollare la cannabis come un qualcosa di esotico ed estraneo alla nostra cultura.
Se nel Settecento venivano considerate specie distinte, poiché appena scoperte e poco conosciute, oggi, anche in virtù delle ibridazioni condotte per l’ottenimento dei diversi strain, non possono che essere inglobate all’interno di un’unica specie, ovvero la Cannabis Sativa L.

Le caratteristiche botaniche

La cannabis è una pianta coltivata inserita nel gruppo funzionale delle colture industriali. Presenta un ciclo di coltivazione annuale, è generalmente dioica, e sviluppa quindi i fiori maschili e femminili su due piante diverse. Esiste tuttavia la possibilità, anche se minoritaria dal punto di vista statistico, di avere individui cosiddetti monoici, dunque con i due fiori separati ma presenti nella stessa pianta. In questo caso le piante vengono utilizzate per la produzione di fibra e di seme.
Un’altra interessante caratteristica della canapa è l’elevata capacità di adattamento ai vari climi e fotoperiodi in cui la pianta ha trovato le condizioni per potersi riprodurre, dall’equatore a circa 60° Nord di latitudine e in gran parte dell’emisfero Sud. Consideriamo che nel mondo viene coltivata principalmente per la fibra, per i semi e, con tecniche differenti, per lo sviluppo delle infiorescenze, che contengono i composti utili a scopo farmaceutico.
Nel suo percorso di diffusione, seguendo le migrazioni dei popoli, si ritiene che la canapa sia stata domesticata circa 14 mila anni fa in Asia centrale, per poi seguire le vie commerciali e quelle delle conquiste delle varie civiltà che si sono susseguite fino ai giorni nostri, verso il Medio Oriente, il Maghreb, l’Europa e l’Africa, quindi, in tempi più recenti l’America del Sud e poi quella del Nord.
La canapa appartiene, e su questo non vi sono dubbi, alla divisione delle Fanerogame, dette Spermatofite ovvero piante con organi riproduttivi visibili, caratterizzate dalla presenza del seme, divisione che comprende circa la metà delle specie note del regno vegetale. A loro volta, le Fanerogame comprendono due sottodivisioni: Gimnosperme e Angiosperme. La cannabis è ascrivibile a quest’ultima categoria.
In queste piante, la microspora, o granulo pollinico, a maturazione viene liberata nell’ambiente per rottura del sacco pollinico, o sporotecio, che si forma sullo stame. La macrospora invece è chiusa e protetta all’interno del macrosporotecio, detto ovulo.
Nelle Angiosperme, cui appartiene, come abbiamo detto, la canapa, il gametofito maschile è rappresentato da una cellula con tre nuclei, mentre quello femminile dal sacco embrionale, che normalmente contiene sette cellule con otto nuclei. Per la fecondazione è necessaria l’impollinazione, con trasporto del polline sull’ovulo principalmente attraverso il vento o gli insetti.
Quindi, dopo la formazione del tubetto pollinico, si ha la fecondazione dell’oosfera, per via dei nuclei portati dal gametofito maschile. L’oosfera fecondata si sviluppa nell’embrione, quindi nel seme completo, che rappresenta la fase di riposo dell’embrione e di diffusione del nuovo individuo. Alla germinazione l’embrione trova i materiali di riserva per un suo più rapido e sicuro sviluppo iniziale. Il seme, che contiene l’embrione, è la caratteristica tipica delle Fanerogame, che hanno quindi tipicamente la presenza di apparati sporiferi, i fiori. Sono chiamate anche Embriofite sifonogame, perché il granello di polline germinando emette un sifone (tubetto pollinico) che consente il trasferimento dei nuclei nell’oosfera.
Andando a verificare livelli di classificazione ancora più specifici, la canapa appartiene alla sottoclasse delle Dicotiledoni, che si distingue per le due tipiche foglioline cotiledonari emesse alla germogliazione dei semi. La famiglia botanica di appartenenza è quella delle Cannabaceae, piante legnose o volubili, le cui foglie sono palmate o lobate a margine dentato con venature che sovente non raggiungono il margine fogliare. A loro volta le Cannabacee comprendono i generi Cannabis e Humulus. Molto nota, del genere Humulus è la specie Humulus lupulus, il luppolo, il cui fiore, con le sue resine caratterizza il sapore e i profumi della birra. Mentre le varietà indica, sativa e ruderalis rappresentano le tre principali tipologie varietali, o sottospecie, del genere Cannabis.

Le tre sottospecie

Dal punto di vista botanico, queste tre varietà o sottospecie (Cannabis sativa L. sativa, Cannabis sativa L. indica, Cannabis sativa L. ruderalis), appartengono tutte alla stessa famiglia delle Cannabaceae, ma ciascuna di esse presenta caratteristiche genetiche e fenotipiche proprie.
Ci sono anche diversi ibridi, realizzati prevalentemente con incroci tra le varietà sativa e indica. La canapa utilizzata per le produzioni industriali, come le fibre, o alimentari, come i semi e il relativo olio, non presentano tracce significative di THC, la sostanza ritenuta psicoattiva.
Una precisazione necessaria è che la filiera della canapa è ecologicamente sostenibile in tutte le sue diverse fasi. Tra le diverse colture è quella che rigenera il suolo in maniera più completa, sia in superficie che in profondità. Dopo la sua coltivazione le erbe spontanee infestanti risultano molto indebolite, se non del tutto assenti. Non necessita i pesticidi o concimi chimici di sintesi, risponde benissimo alle cure colturali e alle fertilizzazioni di tipo organico e stimola l’attività umificante del suolo. I suoi parassiti sono facilmente contenibili con sistemi naturali.

Descrizione delle tre sottospecie di Cannabis

Cannabis sativa L. sativa. È originaria delle zone equatoriali, ed è la varietà che raggiunge le maggiori dimensioni. Tende a sviluppare meno rami laterali e ha rese produttive molto elevate. Le foglie sono sottili e a sette punte. Dal punto di vista farmaceutico, nelle selezioni specifiche ad alto contenuto di cannabinoidi, le resine prodotte dai fiori femminili tendono ad avere elevate concentrazioni di THC e un contenuto relativamente non elevatissimo di CBD.
Cannabis sativa L. indica. Ha più l’aspetto di un cespuglio e presenta dimensioni più contenute. L’origine è delle zone subtropicali più impervie caratterizzate da una luce solare che varia come fotoperiodo e intensità durante l’anno rispetto all’habitat equatoriale della sativa. Le foglie delle piante di indica hanno una forma meno allungata e una superficie più larga. Il contenuto di CBD è più elevato rispetto alle altre varietà, e viene apprezzata principalmente per le qualità calmanti.
Cannabis sativa L. ruderalis. Cresce in natura nei climi più rigidi. Originaria dell’areale siberiano, molto meno conosciuta rispetto alle precedenti. È più piccola delle altre due, non dipende dal fotoperiodo per fiorire (è autofiorente) e non presenta elevati contenuti di cannabinoidi, ma viene utilizzata per creare degli ibridi allo scopo di ottenere varietà autofiorenti. Il nome “ruderalis”, sottende una natura piuttosto rude e adattabile anche in condizioni estreme.
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Articolo tratto dal libro Cannabis medica

La scoperta del sistema endocannabinoide nel corpo umano ha aperto le frontiere a diverse applicazioni della cannabis e dei suoi preparati in ambito terapeutico. E gli studi scientifici più recenti ampliano le prospettive di utilizzo di questa pianta millenaria nella cura di numerosi disturbi tra cui dolore cronico, epilessia, artrite reumatoide, epatite, diabete, dermatiti, fibromialgia, Alzheimer, Parkinson e vari tipi di cancro. Questo è possibile perché nella cannabis sono presenti diverse molecole utili sul piano farmacologico: più di 100 cannabinoidi, oltre 200 terpeni, più di 20 flavonoidi, insieme ad acidi grassi, aminoacidi, alcaloidi, clorofilla e altre sostanze preziose.

In questo libro la Società Italiana Canapa Medica, società scientifica dedita ad attività di formazione professionale e ricerca, ha voluto raccogliere e presentare in modo chiaro ed esauriente tutte le informazioni utili per i pazienti consumatori di cannabis e i professionisti coinvolti nel circuito della sua coltivazione, preparazione, prescrizione e dispensazione.
Un valido strumento ad uso di pazienti bisognosi di cura e un supporto indispensabile per medici, veterinari e farmacisti sull’uso e la corretta formulazione dei preparati che oggi, anche in Italia, possono essere prescritti e che in alcuni casi si possono ottenere gratuitamente dietro presentazione di ricetta medica.
 

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