Per chi vuole panificare con l’utilizzo della pasta acida è molto importante imparare a conservarla nel modo corretto. Ecco qualche consiglio utile.
Le modalità di conservazione sono essenzialmente quattro e conviene scegliere quella più adatta alla propria frequenza d’uso della pasta acida.
1) A temperatura ambiente dentro un contenitore coperto da un telo pulito si conserva bene per un massimo di due giorni poi la crosta diventa troppo dura e c’è il rischio di contaminazione da parte di muffe; è un buon metodo per chi fa il pane tutti i giorni o preferisce mantenerla con frequenti rinfreschi.
2) In frigorifero dentro un contenitore di vetro con il tappo non completamente chiuso: al freddo i batteri rallentano la loro attività ma non muoiono (e comunque nel tempo vengono selezionati quelli più resistenti alle basse temperature). È il metodo preferibile per chi fa il pane una volta a settimana o meno ancora. In ogni caso, dopo 5-7 giorni di permanenza in frigo, è necessario rinfrescare la pasta acida, cioè aggiungere acqua e farina in modo da evitare un eccessivo aumento del tenore acido che potrebbe mantenersi nell’impasto anche dopo i rinfreschi preliminari alla preparazione del pane, determinandone una spiacevole punta acida nel sapore.
3) Legata strettamente dentro teli di lino puliti, non sbiancati e lavati solo con acqua: è il modo in cui la conservano i panettieri a lievitazione naturale. La pressione aumenta la forza dell’impasto ma una parte della pasta si secca e va buttata via. Sì è molto diffuso in questi anni l’utilizzo della pasta acida in coltura liquida (acronimo LICOLI) e secondo me anche la preferenza per il lievito madre solido o liquido è una questione senza soluzione come le dispute fra chi preferisce cani o gatti tanto che probabilmente, a guardar bene, la mia modalità è una via di mezzo fra le due. Sicuramente utilizzando il LICOLI bisogna porre più attenzione alle modalità di conservazione in quanto è maggiore il rischio di sviluppo di muffe (come in ogni coltura in cui sia presente molta acqua) ed è da escludere la conservazione fuori dal frigo oltre ad aumentare la necessità di frequenti rinfreschi.
Studi recenti sul metabolismo dei batteri nelle due soluzioni hanno mostrato che i prodotti a base di LICOLI tendono a rendere meno percepibile il sapore acido e ad accelerare alcune fasi di lievitazione.
4) Facendo con l’impasto una piccola pallina molto dura (cioè con pochissima acqua) che viene conservata a temperatura ambiente in un bicchiere o in una piccola ciotola e utilizzata entro due-tre giorni.
Non mettere la pasta acida in frigorifero ha molti vantaggi dovuti soprattutto al fatto che per i batteri, come per noi, passare una settimana al freddo non è affatto piacevole.
Ci sono poi altri sistemi sui quali ho sentito opinioni contrastanti: congelamento ed essiccazione.
● Congelamento: consiste semplicemente nel congelare un pezzettino di impasto.
● Essiccazione: si tratta di fare un impasto molto liquido, stenderlo in uno strato sottile su un foglio di carta da forno e lasciarlo seccare.
Alcuni sostengono che in questo modo possa essere conservato per anni. Io ho provato a riutilizzarlo dopo 6 mesi ma, in entrambi i casi, ci sono voluti numerosi rinfreschi prima che raggiungesse una forza sufficiente a panificare.
_______________________________________________________________________________________________________________________
Nel 2008 usciva la prima edizione di questo libro dedicato al
pane a lievitazione naturale, seguito da ben undici ristampe. In poco più di un decennio la
pasta acida è diventata la padrona incontrastata di innumerevoli blog, siti web, gruppi Facebook, tutorial e corsi. Allora perché impegnarsi nel difficile compito di aggiornare questo manuale? Perché senza dubbio ci sono ancora misteri da svelare, azzardi da non lasciare intentati, miscugli da provare e un sacco di ricette che, semplicemente, non funzionano e meritano di essere messe in discussione.
L’autrice, insieme a un gruppo di “spavalde avventuriere della pasta acida”, si è buttata quindi a capofitto in nuove sperimentazioni, che troviamo qui ben documentate e raccontate: pani con farine deboli di grani antichi, pani con una riduzione della pasta acida per compensare quando il metabolismo rallenta, pani con farine di mulini specifici e così via.
Il risultato è un manuale ancora più completo, arricchito con la descrizione di nuove tecniche, informazioni e ricette, con una nuova sezione sui pani delle feste e una rinnovata attenzione per le esperienze e la salute di tutti gli attori della filiera, da chi coltiva le farine a chi le lavora e le consuma. Un libro scritto sia per chi si avvicina alla pasta acida per la prima volta, sia per chi se l’è fatta amica da tempo.
SFOGLIA UN’ANTEPRIMA DEL LIBRO