Recentemente ho acquistato un sapone al latte di mandorle che ha un po’ deluso le mie aspettative. Ho l’impressione che di mandorle non ne contenga, se non forse nella forma di qualche derivato di cui non riesco a decifrare l’origine. Inoltre, mi sono soffermata sul Sodium lauryl solfate, che mi pare sia un ingrediente già messo sotto accusa (anche se su Biodizionario.it viene indicato con un semaforo verde).
Volevo chiedervi se potete indirizzare la mia ricerca in proposito. Per maggior chiarezza vi trascrivo l’Inci del prodotto: Aqua – sodium lauryl glucose carboxylate – lauryl glucoside – cocoglucoside – glyceril oleate – sodium lauryl sulfate – parfum – sodium cloride – sodium dehydroacetate – carbomer – citric acid.
Vi ringrazio anticipatamente per il vostro interessamento e colgo l’occasione per farvi i complimenti per la rivista e gli stimoli positivi che siete sempre in grado di
trasmettere.
Con affetto, Amelia
Cara Amelia,
approfitto della tua lettera per ricordare a tutti i lettori di Terra Nuova che in Italia i prodotti cosmetici sono disciplinati dal Regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo.
In base a tale regolamento, ogni cosmetico immesso sul mercato (crema, sapone, shampoo, dentifricio ecc.) deve riportare in etichetta obbligatoriamente le seguenti informazioni: il nome e l’indirizzo del responsabile dell’immissione sul mercato; il contenuto nominale al momento del confezionamento, ossia la quantità di prodotto presente; il numero del lotto di fabbricazione; il paese d’origine per i prodotti fabbricati in paesi non membri dell’Unione europea; la funzione del prodotto, a meno che non risulti dalla presentazione dello stesso; la durata minima (se inferiore a 30 mesi); il PAO (Period After Opening – in caso di durata minima maggiore di 30 mesi); le precauzioni particolari per l’impiego; e l’elenco degli ingredienti del prodotto nell’ordine decrescente di peso.
Queste informazioni devono essere presenti direttamente sul contenitore del cosmetico e, se presente, sull’imballaggio esterno. Quando le dimensioni del prodotto non lo consentono, possono essere scritte su una fascetta o un cartellino fissati al prodotto oppure in un foglio di istruzioni inserito nella confezione.
Le denominazioni degli ingredienti sono riportate usando un codice internazionale, detto Inci (International nomenclature of cosmetic ingredients), unico per tutti i paesi della Ue, impiegato anche in altri paesi, ad esempio Usa, Russia, Brasile, Canada e Sudafrica. Questa nomenclatura prevede alcuni termini in latino (i nomi botanici e gli ingredienti presenti nella farmacopea), la maggioranza, però, è in inglese; per i coloranti si utilizzano codici numerici secondo il Colour Index (ad esempio CI 45430).
Le miscele profumanti e le loro materie prime non devono essere indicate singolarmente, ma in maniera generica con il termine «parfum» (pertanto è quasi impossibile sapere se viene utilizzata una fragranza naturale o una di origine sintetica, sebbene i produttori che utilizzano miscele di oli essenziali per profumare i propri prodotti ci tengano a farlo sapere e indichino chiaramente gli oli essenziali utilizzati per aromatizzarlo).
Inoltre, deve essere segnalata la presenza eventuale di quelle sostanze classificate come allergizzanti dal Comitato scientifico per la sicurezza del consumatore della Commissione europea; si tratta di molecole presenti anche in diversi oli essenziali e derivati botanici.
Imparare a leggere l’etichetta dei prodotti cosmetici ed essere consapevoli di ciò che ci spalmiamo addosso è fondamentale per tutelare la nostra pelle e l’ambiente.
In quest’ottica Biodizionario.it è diventato uno strumento importante per decifrare il codice Inci e guidarci nelle nostre scelte quotidiane. Gli ingredienti vengono valutati e classificati con il sistema dei semafori (rosso, giallo, verde), in base al loro impatto etico e ambientale, confrontando i dati sulla biodegradabilità e tossicità acquatica. Viene inoltre valutato l’impatto dell’intera filiera produttiva e non solo il prodotto finale.
Le sostanze a doppio bollino rosso sono quelle più dannose per l’ambiente, gli ingredienti di origine petrolchimica, quelli di origine animale, la cui produzione comporti loro sofferenza o morte, e le sostanze non biodegradabili con valori di tossicità per gli organismi acquatici, espressi in LC50 inferiori a 1 mg/l (LC50 è la concentrazione di sostanza che determina la morte del 50% degli individui in saggi di tossicità acuta per esposizione ambientale, ma vengono presi in considerazione anche i valori di EC50, la concentrazione di sostanza che determina l’immobilizzazione o la diminuzione dell’accrescimento del 50% degli individui). In particolare, come specifica Zago, i valori di LC50 di riferimento in Biodizionario.it sono i seguenti:
· LC50 minore di 1 mg/l =
· LC50 da 1 a 10 mg/l =
· LC50 da 10 a 100 mg/l =
· LC50 maggiore di 100 mg/l =
· LC50 maggiore di 1000 mg/l =
Essendo tuttavia una valutazione che riguarda esclusivamente l’impatto ecologico ed etico di un determinato ingrediente ed eventualmente del prodotto cosmetico in toto, Biodizionario.it non garantisce la bontà dello stesso in termini di efficacia e gradevolezza d’uso, che restano appannaggio del formulatore e di conseguenza del consumatore.
Prendiamo proprio il «caso» del Sodium lauryl sulfate, classificato con un pallino verde su Biodizionario.it.
Si tratta di un tensioattivo di origine naturale, prontamente biodegradabile, la cui quota vegetale, rappresentata dall’acido laurico, può derivare da olio di cocco o di palma. Nonostante la sua «naturalità», risulta però avere un alto potere sgrassante e quindi potenzialmente aggressivo per la pelle, se non sufficientemente surgrassato da ingredienti idratanti ed emollienti o da tensioattivi anfoteri (come le alchilbetaine) in grado di ribilanciare il tutto. È importante quindi, in questo e in altri casi, per non dare giudizi affrettati, valutare l’intera formula e non il singolo ingrediente.
Infine, posso confermarti, a meno che il produttore non abbia commesso un errore di trascrizione, che tra gli ingredienti del sapone che hai citato non c’è traccia di «latte di mandorla», né tal quale né come derivato. Posso ipotizzare che si celi dietro la parola «parfum», vale a dire che potrebbe essere stata utilizzata una fragranza che richiama il dolce profumo delle mandorle e che giustifica la denominazione del prodotto che hai acquistato.
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