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Correre come pratica

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Correre non può essere solo un automatismo, è importante essere presenti, sviluppare la consapevolezza di sé. Il buddhismo ci aiuta a farlo, attraverso la pratica di zazen.
Correre come pratica
Praticare significa eseguire ripetutamente un’attività o un compito per migliorare le proprie capacità di esecuzione. La pratica spirituale consiste nel rivolgere continuamente e deliberatamente la propria attenzione alle domande fondamentali della vita. Chi sono io? Cos’è la vita? Cos’è la morte? Cos’è la realtà? Cos’è la verità?
Nel buddhismo, queste domande vengono affrontate principalmente attraverso la pratica di zazen. Ma questa idea di pratica possiamo applicarla anche ad altri ambiti della vita.
Praticare un’attività significa svolgerla con un’attenzione rigorosa e un profondo desiderio di essere svegli e coinvolti. È un desiderio di capire cosa sta succedendo, non solo alla superficie delle cose, ma ad un livello fondamentale: il livello della realtà ultima. Ecco allora che essere svegli significa vedere questa realtà con chiarezza. Significa anche non dare per scontati i pensieri, le idee, le credenze o le azioni. Non dare per scontato di sapere e capire ciò che non abbiamo attentamente studiato e profondamente ponderato.
Per esempio, mentre scrivo queste parole, posso sentire il battito ripetuto delle mie dita sulla tastiera. Potrei spiegare questo suono come onde longitudinali che si muovono nell’aria e raggiungono le mie orecchie. Ma se mi mettessi delle cuffie che filtrano il rumore, cosa accadrebbe al suono? È una domanda ben nota: un suono esiste se nessuno lo sente? Il suono è nei tasti, nelle mie orecchie, nella mia mente?
Lo Zen non è qualcosa di astratto. Lo Zen è lo studio della realtà, per vivere questa stessa realtà in modo saggio e compassionevole. Ma per poterci riuscire bisogna prima imparare a vedere le cose non come vorremmo che fossero, non come pensiamo che dovrebbero essere, ma come sono realmente. In questo senso, quindi, la pratica è anche un costante impegno a lasciare andare i pensieri, le supposizioni e le distrazioni che ci impediscono di vedere con chiarezza.
La pratica del corpo consiste invece nell’usare il corpo e la mente per comprendere il corpo e la mente con chiarezza. In definitiva, la pratica non è qualcosa di diverso dalla vita. Ognuno di noi passa le sue giornate impegnato in ogni sorta di attività ordinarie: lavorare, mangiare, camminare, dormire. Fare praticare mentre si compiono queste attività significa dedicarvi un’attenzione ininterrotta, “fare quello che fai mentre lo stai facendo”, come diceva uno dei miei insegnanti, il che permette di vedere la natura dell’azione e di chi la fa.
Per molti corridori, correre è un automatismo. Molti vogliono arrivare fino in fondo alla corsa, ma preferiscono non essere lì mentre succede. In entrambi i casi, non fa bene né al corridore né alla corsa. Essere presenti è molto più appagante, piacevole e utile.
I mantra, le visualizzazioni e le altre pratiche hanno lo scopo di aiutare i corridori a sviluppare la consapevolezza di sé, non solo come esseri che hanno un corpo, ma anche come creature emotive e spirituali. Questa è una componente essenziale del risveglio: avere accesso all’intera gamma del nostro essere per poter vivere in armonia con noi stessi e con gli altri. Queste pratiche permettono anche di sviluppare un contatto più intimo con l’atto stesso della corsa, per aiutarci a correre sicuri e senza sforzo.
Le chiamiamo “pratiche”, e non esercizi, per tre motivi: uno, per sottolineare che si tratta di rivolgere consapevolmente l’attenzione al corpo, alla mente e all’atto di correre. Due, per prendere le distanze da una definizione limitata della corsa come forma di allenamento di fitness. Se vediamo la corsa solo come un esercizio, e ci concentriamo sulle calorie perse, sui chili persi e sui chilometri percorsi, perdiamo di vista le ramificazioni più profonde di quest’arte. E il terzo motivo è per sottolineare che la corsa, come qualsiasi altra disciplina, è un’attività che ognuno di noi deve scegliere di continuare nel tempo. Ogni giorno, bisogna scegliere di correre con la consapevolezza che, come pratica, la corsa deve cambiare come cambiamo anche noi.
Siamo esseri umani in crescita, non macchine, il che significa che i nostri desideri cambiano o svaniscono nel tempo. Quello che pensavamo fosse importante ad un certo punto della nostra vita non sembra poi così urgente in un altro momento. Quindi non bisogna scoraggiarsi se ci sono dei periodi in cui non si ha voglia di correre. Succede a tutti. Forse la corsa non ci dà più quello che ci dava all’inizio. Forse adesso nella nostra vita altre cose hanno la priorità. Forse simao invecchiati e non possiamo più correre come prima.
Ci vuole chiarezza e umiltà per continuare a correre, decennio dopo decennio, mentre il corpo cambia e rallenta. In realtà, ci vuole umiltà per fare qualsiasi cosa per un lungo periodo di tempo e non lasciarsi scoraggiare dai corsi e ricorsi delle proprie capacità e del proprio livello di interesse. Ecco perché stabilire qual è la propria intenzione nella corsa è così importante. Così come avere un impegno chiaro e una disciplina costante. Questi tre elementi, insieme alla concentrazione e alla consapevolezza, sono gli ingredienti necessari per qualsiasi pratica a lungo termine.
L’intenzione può essere definita come una risoluzione o un obiettivo deliberato e chiaramente formulato. L’impegno è il desiderio di raggiungere quell’obiettivo. La disciplina è costituita dalle azioni che compiamo per farlo. Immaginiamo di fare un viaggio in un paese straniero. Noleggiamo una macchina, compriamo una mappa e tracciamo l’itinerario. L’intenzione è la mappa: stabilisce la direzione del viaggio e permette di sapere quando stiamo andando fuori rotta. L’impegno è il desiderio di arrivare a destinazione. La disciplina è il carburante di cui c’è bisogno per viaggiare. Senza intenzione, andiamo senza meta, scegliendo prima una strada e poi un’altra. Dubitiamo che la strada scelta sia quella giusta. Cambiamo corsia. Acceleriamo e poi rallentiamo. Senza impegno, a lungo andare finiamo per annoiarci o stancarci del viaggio, e ci chiediamo quando arriveremo a destinazione. Ci chiediamo perfino se vogliamo davvero arrivarci. Senza disciplina, finisce il carburante prima di arrivare a destinazione, e ci sentiremo in colpa o scoraggiati quando ci vedremo superare da un’auto dopo l’altra. Ma se sono presenti tutti e tre gli elementi, rimane solo la pratica della guida. Andremo avanti momento dopo momento, sapendo che il viaggio richiede tempo e perseveranza.
Senza una qualche forma di pratica di meditazione, è molto difficile vedere chiaramente in sé stessi. Quindi cominciamo a ridurre le cose all’essenziale – corpo, respiro e mente – e su questo terreno stabile costruiamo le fondamenta per una forte pratica di zazen.
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Articolo tratto dal libro Mindful Running

«Mi è piaciuto leggere questo libro, che contiene pratiche di mindfulness che possono essere applicate non solo alla corsa, ma alla meditazione seduta e a molte altre attività quotidiane. Queste pratiche aiuteranno il lettore a sviluppare l’aspetto più importante della pratica spirituale – la profonda quiete interiore – che diventa una fonte per raggiungere la serenità e l’equilibrio in tutti gli aspetti della vita». — SJAN CHOZEN BAYS, autore di Mindful Eating e Mindfulness on the Go

LA CORSA È PIÙ DI UN SEMPLICE ESERCIZIO FISICO. Correre è una pratica, una meditazione in movimento che trasferisce il potere dell’immobilità a tutte le attività della nostra vita quotidiana.
Vanessa Zuisei Goddard parte dall’esperienza maturata durante due decenni di pratica buddhista, durante i quali ha condotto innumerevoli ritiri dedicati alla corsa, e offre un libro ricco di intuizioni, umorismo e visualizzazioni pratiche per fondare la nostra corsa, o qualsiasi pratica fisica, nella meditazione.
Quando vediamo la corsa solo come un esercizio e ci concentriamo sul miglioramento dei nostri tempi o sul perdere peso, perdiamo le implicazioni più profonde di quest’arte. Perdiamo l’opportunità di intraprendere la corsa come una pratica che colma l’apparente divario tra quiete e movimento, meditazione e attività. Mindful running riguarda la libertà, la semplicità e la gioia del movimento; riguarda il potere dell’immobilità e l’imparare a usare questo potere per vivere con tutto il cuore.

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