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Eccitotossine nei cibi: dove sono e come evitarle

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Dall’aspartame al glutammato monosodico, le cosiddette eccitotossine sono presenti in diversi alimenti industriali che portano con se potenziali rischi per la salute. Vediamo dove si trovano e come evitarle.
Le eccitotossine sono in genere aminoacidi che reagiscono con i recettori neurali in modo tale da provocare la distruzione di alcuni tipi di cellule cerebrali. Un esempio di eccitotossina è il glutammato, la cui concentrazione nell’organismo, qualora superi una certa soglia, risulta tossica. Russel Blaylock, neurochirurgo e ricercatore in tema di nutrizione, nel suo libro «Excitotoxin: the taste that kills» (Eccitotossine: il gusto che uccide, nda), affermava che introducendo glutammato attraverso l’alimentazione, i livelli di questa sostanza nel sangue aumentano e vengono stimolati tutti i ricettori, dando luogo ad effetti fisici negativi.
Esaltatori di sapidità
Le eccitotossine possono rappresentare un vero e proprio problema, di cui alcuni effetti non sono ancora completamente noti, da quando l’alimentazione ha virato verso l’industrializzazione esasperata, con conseguente utilizzo massiccio di additivi. La primaria preoccupazione di Blaylock è l’effetto che queste sostanze hanno sullo sviluppo del cervello nel neonato e nel bambino e sullo sviluppo successivo, nell’adulto, delle malattie neurodegenerative.
«L’industria alimentare ha investito milioni di dollari nello sviluppo dell’uso del glutammato monosodico e delle proteine idrolizzate» si legge nell’introduzione del libro. «Ma è stato solo dopo che tonnellate di questi esaltatori di sapidità sono state aggiunte ai nostri cibi e bevande che gli scienziati hanno avuto le prime indicazioni che le eccitotossine comportavano seri effetti collaterali. Purtroppo, questa scoperta è rimasta sepolta nella letteratura della ricerca medica per più di un decennio prima che qualcuno riconoscesse questo pericolo. E nel frattempo questo composto tossico era aggiunto ai cibi per neonati e bambini piccoli, malgrado fosse stato dimostrato che il cervello in via di sviluppo era il più vulnerabile agli effetti tossici degli aminoacidi eccitatori. I danni subìti nel momento dell’esposizione iniziale non producono effetti esterni evidenti, le lesioni cerebrali sono asintomatiche. Quando però l’organismo colpito raggiunge una successiva fase di sviluppo, i danni possono presentarsi come un disordine endocrino o dell’apprendimento o ancora un disordine del controllo emotivo».
Il glutammato è sospettato di provocare danni all’ipotalamo e gli esseri umani paiono cinque volte più sensibili alla sua tossicità rispetto agli animali; alcuni ricercatori lo additano come corresponsabile della tendenza all’obesità delle nuove generazioni, maggiormente esposte agli additivi contenuti nei cibi industriali.
Nel 1957 alcuni ricercatori stavano cercando di capire se un aminoacido molto comune nel nostro corpo, l’acido glutammico, fosse in grado di riparare i danni retinici. Nutrirono dei topi con questo aminoacido, nella particolare forma di glutammato monosodico. Quello che scoprirono fu che le cellule della retina erano state spazzate via, semplicemente non c’erano più.
Circa 10 anni più tardi il dottor John Olney, neuroscienziato e ricercatore americano, decise di utilizzare questo sistema di distruzione della retina per studiare le connessioni tra visione e cervello. Scoprì che il glutammato monopodico non solo danneggiava la retina, ma anche alcune aree specifiche del cervello, principalmente, appunto, l’ipotalamo. Inoltre, scoprì che provocava una sovreccitazione dei neuroni talmente forte che alla fine queste cellule morivano. Chiamò questo fenomeno «eccitotossicità».
Da allora sono stati condotti studi e oggi si sa che l’acido glutammico è uno dei più comuni neurotrasmettitori presenti nel cervello e che influenza funzioni come l’attenzione, l’apprendimento, la memoria, il controllo del sistema endocrino e l’emozioni.
Questo aminoacido tuttavia non distrugge le cellule nervose, perché un sistema di controllo tiene entro certi limiti i suoi livelli nel cervello. La stessa cosa però non avviene con il glutammato monosodico, che può provocare danni cellulari.
Blaylock ricostruisce anche la genesi dell’aspartame, il dolcificante artificiale utilizzato in una gamma ormai infinita di prodotti. Nel 1969 James Schlatter, un biochimico che lavorava con un composto detto aspartame alla ricerca di una possibile cura per le ulcere dello stomaco, sembra si sia leccato il pollice per girare la pagina di un suo taccuino. Fu colpito dall’intensa dolcezza del prodotto chimico e da questa scoperta fortuita scaturì un affare che avrebbe portato 736 milioni di dollari di vendite per la NutraSweet Company nel solo 1988.
Entro il 1989 la G.D. Searle & Company, titolare del marchio NutraSweet, aveva raggiunto un profitto che la classificava al nono posto nella lista Fortune 500. Ma ci si è poi resi conto che anche l’aspartame non è affatto innocuo e in proposito a fornire prove sono stati i ricercatori del Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni, che fa capo all’Istituto Ramazzini con sede nel bolognese.
«Con i nostri studi abbiamo dimostrato che l’assunzione di aspartame aumenta l’incidenza dose-correlata dei neurinosarcomi dei nervi periferici cranici» spiega il dottor Morando Soffritti, direttore scientifico del prestigioso istituto di ricerca. «Inoltre l’aspartame ha mostrato di aumentare i casi di leucemie e tumori delle pelvi renali nelle femmine. Non abbiamo invece osservato, sempre relativamente agli studi da noi condotti, effetti cancerogeni sul cervello. Ritengo comunque che si dovrebbero studiare con particolare attenzione gli effetti dell’acido aspartico, che va a comporre l’aspartame insieme alla fenilalanina e al metanolo. L’acido asportino infatti è presente in numerosi integratori e bevande, è ritenuto una fonte energetica ma si sa poco o nulla sui suoi effetti. Lo stesso dicasi per il glutammato, sostanza che andrebbe analizzata accuratamente negli effetti sulla salute umana, essendo anch’essa presente in molti alimenti artificiali che oggi vengono consumati in grande quantità. Il campo della ricerca sugli additivi alimentari dovrebbe diventare, a mio avviso, parte integrante dei programmi di tutela della salute pubblica poiché è in gioco la salute della popolazione».
Cosa fare?
Leggere attentamente le etichette. L’aspartame solitamente è citato con il suo nome, mentre il glutammato si può trovare anche sotto il nome di E621, oppure camuffato o mescolato a sostanze che suonano come idrolizzato proteico, proteine vegetali, isolato proteico di soia, proteina concentrata di soia, aromi naturali, enzimi, autolisato di estratto di lievito e lievito. Privilegiare il cibo biologico e naturale, magari acquistato grazie alla filiera corta dai produttori della zona in cui si vive, a chilometri zero, e di cui si conosce la correttezza.

Articolo tratto dal MENSILE TERRA NUOVA 

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