Oggigiorno un po’ tutti sappiamo come funziona un pannello fotovoltaico. Riassumendo al massimo, si sfrutta un semiconduttore (il silicio), opportunamente modificato e organizzato in cellette, per trasformare l’energia di un flusso luminoso (fotoni) in corrente elettrica. Ovvero, usiamo un «convertitore» per trasformare un’energia che non sapremmo utilizzare in una forma organizzata e adatta ad eseguire dei lavori: l’elettricità.
La pecca principale dell’effetto fotovoltaico è quella di produrre elettricità solo quando c’è il sole. Nebbia, nuvole e la notte sono condizioni in cui i nostri pannelli non riescono a convertire un’energia che non arriva.
L’energia infrarossa
Ma sarebbe possibile sfruttare altri tipi di energie presenti intorno a noi? Ovviamente siamo capaci di sfruttare l’energia del vento tramite le pale eoliche o la forza potenziale dell’acqua tramite impianti idroelettrici. Ma vi è un’altra energia che ci circonda sempre, di giorno e di notte, col sole o con la pioggia, all’esterno e all’interno di qualsiasi abitazione: l’energia termica o infrarossa.
Infatti, a parte vicino allo zero assoluto (-273° C), l’agitazione di atomi e molecole crea un’energia termica che emette spontaneamente una radiazione infrarossa. Più si alza la temperatura e più questa energia aumenta fino ad arrivare alla condizione limite dell’incandescenza.
Ma rimanendo nelle temperature ordinarie di tutti i giorni, di fatto qualsiasi oggetto o corpo emette infrarossi, rendendo il nostro mondo ricco di questa energia invisibile.
E se trovassimo un «convertitore» che ci permette di sfruttare questa energia diffusa?
L’effetto ossidroelettrico
Ebbene, qualcuno lo ha trovato, e non consiste in qualcosa di altamente tecnologico, mostruosamente costoso o altamente inquinante.… è l’acqua, l’acqua pura! Con il brevetto italiano numero «RM2012A000223», la Promete S.r.l. spin-off company dell’Infm (Istituto nazionale per la fisica della materia) di Napoli è riuscita a rendere disponibile sotto forma di elettricità la radiazione infrarossa diffusa nell’ambiente.
Il sistema sfrutta una delle proprietà ancora poco conosciute dell’acqua liquida, ovvero la sua natura bifasica. Inserendo in acqua bidistillata un elemento fortemente idrofilico (ovvero che si lega bene con l’acqua), come ad esempio il Nafion®, grazie alla nanostruttura del materiale idrofilico si creano delle «asimmetrie » sulla distribuzione delle due fasi (che altro non sono che i «domini di coerenza» previsti da Emilio del Giudice e Giuliano Preparata), tali da consentire all’acqua in prossimità del Nafion® di avere un potenziale elettrico e una capacità di cedere elettroni. Inserendo due elettrodi metallici, uno per lato, ecco che si può estrarre corrente elettrica!
Si ottiene di fatto una sorta di effetto fotovoltaico alimentato dall’infrarosso che lavora non solo sulla superficie incidente ma anche per una certa profondità dell’acqua: un fotovoltaico a tre dimensioni che estrae energia 24 ore su 24, per 365 giorni!
Le energie in gioco
Attualmente l’energia estraibile dal sistema brevettato è molto bassa, parliamo di decimi di watt, ma i passi in avanti fatti e da fare sono molti. Ad esempio, mentre nei primi esperimenti l’apparato era costituito da elettrodi di platino, polimero di Nafion® e acqua pesante (H2O2), e riusciva a ottenere un’energia in uscita che decadeva in poche ore, già oggi, in una prima fase di avanzamento, si è riusciti a sostituire tutti i materiali costosi con elementi a basso costo, quali acqua distillata, elettrodi di grafite e un semplice polimero fortemente idrofilico al posto del costoso Nafion®. E, altro grosso passo in avanti, la corrente è emessa per mesi senza decadere!
Il prossimo passo, e per questo si cercano degli investitori interessati, sarà quello di provare ad aumentare le energie in gioco sfruttando nuove configurazioni. Già ora, però, sono possibili vari utilizzi sia a livello informatico (ad esempio le Ram attuali necessitano solo di microwatt per essere alimentate), per migliorare l’efficienza di reazioni chimiche industriali, per migliorare le fuel cell, o più prosaicamente per ricaricare il nostro cellulare da una mensola riempita al suo interno con queste cellette collegate fra loro e a una presa Usb.
Le possibilità sono veramente infinite!
Facciamolo a casa!
Vista la semplicità dell’apparato, è possibile replicarlo in casa con un metodo similare a quanto accade nell’apparato descritto sopra. Ecco una breve «ricetta» per realizzare la vostra pila ad acqua fatta in casa.
MATERIALE OCCORRENTE
• 1 bicchiere di acqua potabile o di acqua distillata;
• 2 graffette di acciaio inossidabile;
• 1 quadrato (circa 5×5) cm di Nafion®1.
COME FARE
• Graffettare il Nafion® e immergerlo completamente in acqua (con tutta la graffetta);
• immergere in acqua anche l’altra graffetta senza fargli toccare il Nafion;
• aggiungere all’acqua un pizzico di sale da cucina (non do valori precisi, tanto funziona facilmente);
• misurare la differenza di potenziale fra la graffetta libera e la graffetta attaccata al Nafion®;
• accorgersi che ci sono dagli 0.2 agli 0.5 V;
• aggiungere un piccolo carico elettrico quale un LED;
• accorgersi che circola una microcorrente e il LED si accende!
Divertitevi con energia gratis!
LINK UTILI:• Video intervista al titolare della
Promete S.r.l. e brevettatore dell’apparato:
http://bit.ly/ossidroEA• R. Germano et al., «Oxhydroelectric Effect: Electricity from Water by Twin Electrodes», Key Engineering Materials, 495, 100-103 (2012).
• R. Germano et al., «Oxhydroelectric Effect in bi-distilled water», Key Engineering Materials, 543, 455-459 (2013).
• Una replica dell’esperimento:
http://bit.ly/elettroEA
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