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Facciamo il bucato senza inquinare!

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Ecco gli utilissimi suggerimenti di Elena Piffero per fare il bucato con metodi naturali, salvaguardando salute e ambiente. E autoproducendosi ciò che serve.
Facciamo il bucato senza inquinare!
Quando dobbiamo lavare i panni, soprattutto se sono montagne, la domanda eco-consapevole sorge spontanea: come si può alleggerire l’impatto del nostro bucato?
Un’idea bizzarra ma estremamente efficace sarebbe la costruzione di una lavatrice a pedali, che risparmi energia e permetta di esercitare i muscoli (altro che palestra!). Ma finché non sarà costruita sono necessarie altre soluzioni che consentano di avere abiti puliti senza danneggiare troppo l’ambiente.
Prima di tutto, si può ridurre notevolmente la quantità di detergente utilizzato grazie all’aiuto di un alleato che le nostre nonne conoscevano benissimo: la lisciva! Il suo ph basico la rende un efficace sgrassatore, indispensabile specialmente se si preferisce usare sapone di marsiglia o ancor meglio sapone autoprodotto, ad esempio quello all’olio d’oliva.
Le fibre vegetali (cotone, lino, canapa) non temono il ph alcalino della lisciva: la seta e la lana sì, per cui meglio evitare di utilizzarla con queste fibre di origine animale.
Si può mettere la lisciva direttamente insieme al detergente o al sapone grattugiato nel cassetto della lavatrice (un paio di cucchiai da minestra), oppure aggiungerla all’acqua di ammollo dei panni; quest’ultima è la strategia che garantisce i risultati migliori, soprattutto sui capi bianchi più difficili da smacchiare.
Anche per scaldare l’acqua dell’ammollo possiamo ricorrere a strategie “risparmiose”. D’estate possiamo lasciare i panni da lavare immersi in acqua sapone e lisciva in una bacinella al sole. Le tinozze di metallo di una volta funzionano ancora meglio perché accumulano il calore, ma attenzione alle macchie di ruggine che potrebbero formarsi se la zincatura ha cominciato a corrodersi! L’acqua si scalderà da sola e rimarrà calda per diverse ore, facilitando l’azione del sapone. D’inverno invece è possibile usare la stufa ad accumulo per riscaldare delle bottiglie di acqua, tenendo poi la bacinella per l’ammollo vicino alla stufa. Non è necessario che l’acqua raggiunga temperature elevate, intorno ai 35-40 gradi sarà sufficiente. Solo lenzuola, federe, asciugamani e tovaglie ogni tanto è preferibile bollirli (sempre con sapone di marsiglia e lisciva) prima di lasciarli in ammollo.

Dopo l’ammollo, si potrebbe mettere tutto in lavatrice ma la cosa migliore, e più efficace, è dare una bella lavata a mano. Dopo sarà sufficiente utilizzare la lavatrice solo per sciacquare e centrifugare, operazioni per le quali è molto più efficiente.

La lisciva è ottima anche per sgrassare i piatti! Funziona sia da sola che in aggiunta a una dose minima di detersivo da piatti, oppure aggiunta all’acqua rimanente dalla bollitura della pasta: in questi casi, a patto che il detersivo sia biodegradabile, l’acqua del lavaggio dei piatti può essere usata direttamente per innaffiare l’orto o il giardino. La cenere fino a qualche tempo fa era utilizzata come fertilizzante! Meli, basilico, cetrioli, carote, cavolfiori sono tutte piante che crescono bene con un terreno alcalino come quello concimato con la cenere.
Infine, il profumo del bucato asciugato all’aria è ineguagliabile, e se si ha l’accortezza di stendere i capi con cura si può evitare di stirarne la maggior parte, con risparmio di tempo ed energie. I capi bianchi al sole diventeranno ancora più candidi, mentre per i colorati è meglio la penombra. D’inverno ci si deve accontentare di uno stendipanni al chiuso, ma d’estate il sole è un incredibile collaboratore e vale la pena approfittarne!

COME PREPARARE LA LISCIVA

La preparazione della lisciva è ancora più semplice, specie per chi ha il riscaldamento a legna e quindi si trova con molta cenere a disposizione:
• Si mette in una pentola un chilo di cenere precedentemente setacciata e si aggiungono cinque litri di acqua.
• Si porta in ebollizione e si lascia sobbollire per almeno un’ora, dopodiché si lascia riposare per circa dodici ore o più, in modo che la cenere si depositi sul fondo.
• Il liquido risultante, semi-trasparente (con toni grigi o giallognoli a seconda del tipo di legno da cui la cenere proviene) viene filtrato con un telo di cotone o di canapa e una volta imbottigliato si conserva per molti mesi senza problemi.
• La pasta di cenere che rimane sul fondo della pentola invece è utilissima per togliere il grasso incrostato da pentole, padelle, griglie e dal forno: anch’essa può essere conservata in barattoli e si mantiene a lungo.
 
ELENA PIFFERO

Elena Piffero vive con il marito e i figli in un casolare nella campagna modenese. Ha conseguito un dottorato in Politiche per lo Sviluppo Sostenibile all’Università di Bologna ma ora, abbandonata l’accademia, si dedica felicemente, insieme alla famiglia, alla ricerca di pratiche di sostenibilità quotidiana. Un percorso di semplicità volontaria che si snoda tra attivismo anti-plastica e risparmio energetico, autoproduzione ed educazione parentale, agricoltura sinergica e impegno sociale. È autrice del libro “Io imparo da solo” (Terra Nuova edizioni).

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