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Formaggi light: veramente leggeri?

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La leggerezza, quando si parla di formaggi indicati in etichetta come light, non è sempre scontata. Anzi, spesso quelli dall’aspetto «angelico» si rivelano essere i più grassi.
Una volta c’era la distinzione tra formaggi grassi, semigrassi e magri, caduta nel 1992 con la nuova legge europea. Ma il concetto di magro riguardava la differenza con il prodotto più ricco di grasso, e non la scarsissima presenza di lipidi. Tutto è relativo, insomma.
Oggi si parla di formaggi leggeri per definire quelli contenenti il 20-35% di grassi e di magri per indicare quelli che ne contengono meno del 20%. Come si vede non è una percentuale irrisoria, se pensiamo per esempio che le uova contengono l’11% di grassi.
Tuttavia resta piuttosto diffusa l’idea che i prodotti freschi, in quanto ricchi di acqua, siano più magri e leggeri degli altri. Ma per sua natura il formaggio è ricco di grasso quindi, salvo rare eccezioni, il contenuto di lipidi è sempre piuttosto alto. Non è difficile scoprirlo avventurandoci tra i banchi del supermercato e guardando le etichette, che quasi sempre riportano anche i valori nutrizionali.
Freschezze sotto la lente
In estate, quando il caldo infierisce, molti mangiano pomodoro e mozzarella «per stare leggeri». Bene, la mozzarella è un tipico esempio di formaggio fresco ritenuto magro, benché i grassi siano nell’ordine del 17- 19% (23-24 per la bufala). Certo, anche nel parmigiano il tenore lipidico è di circa il 25%, ma se ne mangia meno, circa 50 g per porzione contro i 120 di una mozzarella.
E dove le mettiamo le calorie?
Alcuni pensano di sostituire vantaggiosamente la carne con una mozzarella, senza sapere che 100 g di questo latticino danno 240 calorie circa, mentre a pari peso il vitello (e badate bene, non vi sto suggerendo di mangiarlo!) non ne dà più di 166, con un tenore lipidico massimo di 10 g.
Ci sono poi formaggi come la crescenza e lo stracchino, che chissà perché sono considerati leggeri, tanto che in alcuni ospedali venivano (spero non più) serviti a cena. Qui arriviamo a 300 calorie per etto e 25 g di grassi. Dato che si tratta di un formaggio molto umido, basta un pezzo apparentemente piccolo per arrivare a 100 g. Tra l’al tro, a volte questi latticini di produzione industriale contengono conservanti.
Si potrà obiettare che simili valori non stupiscono, visto che il formaggio è cremoso. Che dire allora del quartirolo, ritenuto magro perché asciutto, ma con un tenore lipidico di almeno il 25% e un apporto calorico intorno alle 290 calorie?
Ma torniamo ai formaggi cremosi, per sottolineare come alcuni tipi, venduti nelle vaschette, possono arrivare a 30 g di grassi. Certe marche ne offrono varianti con lo yogurt, che può alleggerire le calorie totali introducendo benefici fermenti vivi. Purtroppo se la lavorazione prevede il riscaldamento, i fermenti vanno persi.
Abbiamo poi i tomini, cilindretti venduti in vaschette trasparenti. I più famosi sono i caprini, a scapito del nome spesso preparati con latte vaccino. Qui il tenore lipidico si aggira sul 20%, ma può arrivare anche al 40 e oltre nei petit suisse. Tra l’altro questi tomini contengono talvolta dei conservanti.
Insomma, fresco può andare bene, ma a patto di verificare il contenuto lipidico e di scegliere prodotti di qualità, davvero freschi e senza additivi. E i prodotti light?
Light è davvero leggero?
Con questi prodotti il rischio principale è di consumarli a cuor leggero, pensandoli poco calorici. Secondo alcuni studi degli anni passati l’idea della leggerezza spinge a mangiare di più, con il risultato che si assumono quantità di grassi uguali o addirittura superiori a quelle date dalla versione non «alleggerita». In effetti, anche se un formaggio ha il 40% in meno di grassi, come si può trovare in etichetta, non vuole per forza dire che ne abbia pochi: se in origine conteneva per esempio 30 g di lipidi
si fa presto a fare i conti…
In certi casi è poi necessario ricorrere ad addensanti (farina di semi di carrube, alginato di sodio) per rendere omogeneo il prodotto, e a volte anche ad acidificanti come l’acido citrico, peraltro additivi innocui. Certo, così i grassi calano, ma ne vale davvero la pena? Le proprietà organolettiche originarie saranno conservate?
I veri magri sono pochi
I fiocchi di latte , preparati tradizionalmente con una cagliata di latte scremato fresco, poco caglio e fermenti lattici, quindi cotti brevemente e addizionati con crema di
latte, hanno un contenuto di grassi del 4%. Di origine mitteleuropea, sono diventati famosi negli Usa come cottage cheese. Il mercato ne offre vari tipi, a volte addizionati
con addensanti e magari un po’ più grassi: sempre meglio verificare l’etichetta.
Il quark  è un altro formaggio dell’Europa centrale, reperibile anche in alcuni negozi di prodotti bio. Si ottiene dalla coagulazione acida del latte senza caglio. Il tipo magro
contiene 0,1 g di grassi e non è particolarmente saporito, meglio mescolarlo a frutta o verdura. La versione con panna è più saporita ma ha ovviamente più grassi. La ricotta vaccina tradizionale è preparata con solo siero, senza aggiungere latte né panna; i grassi sono intorno all’8%.
Per inciso, c’è anche un formaggio magro stagionato: è il graukäse o formaggio grigio, realizzato con coagulazione acida senza caglio nell’arco alpino tirolese. Versatile
e di gusto intenso, ha un contenuto di grassi intorno al 2%: un record!
Conclusioni
Per chi non ha problemi di colesterolo o di intolleranze non è il caso di demonizzare i formaggi di qualità (biologici o meglio ancora biodinamici), solo perché ricchi di grassi, sostanze che tra l’altro svolgono azioni importanti per l’organismo. Quelli freschi, poi, hanno il vantaggio di avere meno sale. Quindi ogni tanto concediamoceli,
e approfittiamone per andare a caccia di prodotti tradizionali, a volte più leggeri perché non addizionati con panna per arrotondare il gusto e magari sono ottenuti da latte di animali di razze protette. Facciamoci una salutare passeggiata in alta montagna in cerca dei formaggi di malga, contenenti anche omega 3 perché l’erba di quei pascoli è più ricca di nutrienti. Senza contare che le mucche al pascolo stanno certo meglio di quelle chiuse in stalla.
Un’occhiata sugli scaffali
Il tofu-formaggio
Fra i latticini light si trova anche un prodotto un po’ diverso dal solito, a base di latte parzialmente scremato, tofu (contenuto fino al 40%) e fermenti vivi. Le calorie comunque non sono bassissime (305 per 100 g); i grassi sono 25 g, di cui 13 saturi. Il sapore è gradevole.
Fusi light
Il mercato offre formaggini, formaggi tipo mozzarella o sottilette. Anche se i formaggi fusi di oggi sono fatti con più attenzione e privi di polifosfati, resta il fatto che non sempre si parte da prodotti di qualità e che la lista degli ingredienti è piuttosto lunga: in genere si trovano proteine del latte, sali di fusione, stabilizzanti, correttori di acidità e a volte conservanti. I grassi sono abbastanza contenuti, ma certo non ci troviamo davanti a prodotti molto naturali.
Capra e pecora
I formaggi caprini e pecorini hanno un contenuto di grassi generalmente più elevato di quelli vaccini. Però danno meno problemi di digeribilità, perché il latte di pecora e quello di capra hanno sieroproteine simili a quelle del latte materno. Spesso, poi, i latticini di capra sono più adatti per chi ha intolleranze; ma ciò non vale per tutti, quindi è meglio usare cautela.
Articolo tratto dal mensile Terra Nuova
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