Aromi e additivi nel tè. L’approfondimento di Elena Tioli.
Tra i prodotti più consumati in inverno, il tè la fa da padrone. Ma se vi dicessimo che quello che state gustando ha ben poco a che vedere con la bevanda di origini cinesi?
Nel retro delle confezioni si legge spesso «Tè e aromi». Gli aromi, a differenza degli additivi, non hanno una funzione tecnologica, ma puramente sensoriale: si utilizzano per migliorare odore e sapore e rendere i prodotti più appetibili.
Si distinguono in tre gruppi: quelli naturali, estratti dalle piante o prodotti con un processo microbiologico o enzimatico analogo a quello che le origina in natura (gli unici permessi nei disciplinari biologici); quelli natural-identici, ossia molecole prodotte in laboratorio ma identiche a quelle che si trovano in natura; e quelli artificiali, cioè sostanze create in laboratorio per imitare quelle esistenti in natura. In etichetta, le ultime due tipologie sono indicate con il nome generico di «aromi». Essendo i primi più difficili da ottenere e quindi più costosi, molto spesso si utilizzano gli altri due tipi. In che quantità? Con quali miscele?
Non è facile capirlo. Prendiamo per esempio il famoso Tè Lipton. Abbiamo chiesto alla ditta produttrice in che dosi sono distribuiti foglie di Tè e aromi. La risposta merita di essere riportata per intero: «Gentile Signora Tioli, il Tè Lipton contiene il 5% di foglie di tè pressate affinché rilascino l’essenza di tè e garantiscano una miscela unica dal gusto inconfondibile.
Oltre alle foglie il prodotto è composto da aromi che vengono aggiunti alla miscela per aumentare il profumo del tè e permettere al consumatore di godere sia del gusto che dell’aroma. Gli aromi aggiunti consentono di ottenere un gusto più intenso del prodotto. Questi aromi vengono miscelati con il tè durante il processo produttivo dopo l’essiccamento delle foglie di tè».
I rischi, ricordiamolo, derivano anche dalle grandi quantità di pesticidi usate in agricoltura tradizionale. È bene dunque scegliere prodotti che in etichetta non riportino la parola «aromi», ma esclusivamente l’essenza desiderata, meglio ancora se biologica e proveniente da una filiera corta o certificata.
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Articolo tratto dalla rubrica Cosa c’è dentro?
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