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I vantaggi nutrizionali dei grani antichi secondo la scienza

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L’utilizzo dei grani antichi si sta diffondendo sempre di più. Vediamo quali sono i vantaggi nutrizionali, scientificamente riconosciuti, di queste varietà.
Recenti ricerche hanno dimostrato che la celiachia è aumentata da due a quattro volte nel corso degli ultimi cinquant’anni.
Tuttavia le cause di quest’incremento non sono state ancora completamente chiarite1. Un dato ormai scientificamente acquisito è che le proteine del glutine delle varietà di frumenti antichi contengono meno «epitopi tossici», cioè le sequenze aminoacidiche riconosciute dai linfociti delle persone affette da celiachia2. Una dieta a base di queste varietà di frumento può dunque aiutare nella prevenzione3.
Studi comparati tra varietà di frumento antiche e moderne hanno evidenziato che le prime producono granella, che abbassa o annulla la produzione di citochine pro-infiammatorie nell’organismo umano4.
Le farine di frumenti antichi sono ricche di una grande varietà di sostanze fitochimiche biologicamente attive come i polifenoli, che svolgono importanti funzioni nutraceutiche, incluse le attività: antitumorale, antinfiammatoria, immunosoppressiva, cardiovascolare, antiossidante e antivirale. Le varietà di grano antico hanno mostrato convincenti effetti benefici riguardo vari parametri legati a malattie cardio-metaboliche, quali i profili lipidici e glicemici, e agli stati infiammatori e ossidativi.
Un recente5 studio ha messo in evidenza un abbassamento significativo del colesterolo totale, di quello Ldl, detto anche «cattivo», e del glucosio nel sangue, oltre a un aumento delle cellule staminali in circolazione mobilizzate dal midollo osseo, che sono in grado di riparare i vasi sanguigni danneggiati.
di Umberto Anastasi, Paolo Caruso e Paolo Guarnaccia del Dipartimento di agricoltura, alimentazione e ambiente dell’Università degli studi di Catania, e Giuseppe Li Rosi dell’associazione Simenza – Cumpagnìa siciliana sementi contadine 
Note
1. Rubio-Tapia et al, «Increased prevalence and mortality in undiagnosed celiac disease», Gastroenterology, 137, 88-93 (2009).
2. Van den Broeck H. C. et al., «Presence of celiac disease epitopes in modern and old hexaploid wheat varieties: wheat breeding may have contributed to increased prevalence of celiac disease», Theoretical and Applied Genetics, 121, 1527-1539 (2010).
3. Ventura A. et al, «Duration of exposure to gluten and risk for autoimmune disorders in patients with celiac disease», Gastroenterology, 117, 297-303 (1999). Ivarsson A. et al, «Epidemic of coeliac disease in Swedish children», Acta Paediatric, 89, 165-171 (2000). Fasano A., «Systemic autoimmune disorders in celiac disease», Curr Opin Gastroenterol, 22:674-679 (2006).
4. Gallo G. et al, «Durum wheat bread: old Sicilian varieties and improved ones», Journal of Agricultural Science and Technology, 4, 1939-1250 (2010). Valerii M. C. et al, «Responses of peripheral blood mononucleated cells from non-celiac gluten sensitive patients to various cereal sources», Food Chemistry, 176, 167-174 (2015).
5. Sereni A. et al, «Cardiovascular benefits from ancient grain bread consumption: findings from a double-blinded randomized crossover intervention trial», International Journal of Food Sciences and Nutrition, pp. 1-7 (2016).

Brano tratto dall’articolo Grani antichi e appetiti moderni

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