In Italia, nel 2020, le rinnovabili sono arrivate a coprire circa il 42% della produzione nazionale e il 38% della richiesta di energia elettrica. Energia che proviene dal fotovoltaico, dalla geotermia, dall’idroelettrico, dalle biomasse e dall’eolico installato sui crinali delle montagne. Ma quanto sono davvero ecologici questi impianti? E soprattutto, quanto sono «democratici», ovvero fruiti realmente dalla popolazione con ricadute positive per la loro vita?
Una domanda non scontata, visto che la maggior parte dell’energia è in mano ai grandi produttori, che nel corso degli anni hanno utilizzato vaste porzioni di territorio per la costruzione di grandi impianti, spesso molto impattanti rispetto al paesaggio e con benefici non sempre ben percepiti dalle comunità locali. I cittadini però possono correre ai ripari, unirsi alle cooperative di produzione, formare nuove comunità energetiche. Una pratica avviata dal decreto Milleproroghe che permette a cittadini, associazioni e imprese di installare impianti comunitari per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. In alcuni paesi europei esistono da alcuni anni diversi progetti comunitari di produzione di energia, che vengono considerati uno dei pilastri della transizione energetica di cui tanto si parla.
A fare da apripista è la Germania, dove si contano circa 870 comunità energetiche che coinvolgono oltre 180 mila soci. Ma i tempi sono maturi affinché questa buona onda di energia pervada anche la Penisola. La direttiva europea sulle energie rinnovabili, denominata Red 2, parla chiaro: bisogna mettere al centro della transizione energetica i cittadini, consentendo loro di produrre energia rinnovabile per il proprio fabbisogno.
L’apripista
Il primo progetto italiano a prendere il via è stato la Cer (Comunità energetica rinnovabile) costituita il 4 dicembre 2020 a Magliano Alpi (Cn), un comune di 2300 abitanti in provincia di Cuneo. L’amministrazione qui ha messo a disposizione un impianto fotovoltaico da 20 Kwp installato sul tetto del palazzo comunale. Il costo di installazione dell’impianto è stato irrisorio, grazie all’utilizzo di fondi regionali per l’energia rinnovabile, che ha portato a un finanziamento del 90% a fondo perduto. L’impianto è collegato al contatore del municipio e può condividere l’energia prodotta con la comunità, attualmente formata dalle utenze della biblioteca, della palestra e delle scuole, oltre ai quattro residenti che per primi hanno aderito al nucleo di partenza. Allo stesso impianto sono state poi collegate anche le due colonnine di ricarica per veicoli elettrici, utilizzabili gratuitamente dai residenti.
«La comunità è fatta di produttori e consumatori. E poi c’è la figura del prosumer, parola che indica entrambi i ruoli» spiega Marco Bailo, sindaco di Magliano Alpi e presidente del Cer. «Attualmente l’unico prosumer è il Comune, ma presto se ne aggiungeranno altri. Si sta già inserendo un socio che ha un’impresa di falegnameria e ha già predisposto l’installazione sul tetto del capannone di 6-7 kW di fotovoltaico. Sul territorio è nato poi un Goc (Gruppo operativo di comunità), per creare una filiera locale di tecnici, progettisti, installatori e manutentori. In questo modo si possono creare sviluppo e posti di lavoro nella fase post pandemica» spiega Bailo.
Dopo la prima Cer, se ne stanno attivando altre due. Una utilizza le superfici in prossimità degli impianti sportivi in una zona dove si trovano alcuni negozi. L’altra, invece, cammina con le proprie gambe, senza la partecipazione diretta del Comune, che in questo caso non ha edifici o impianti utili, ma che offre comunque supporto all’iniziativa. Per il privato cittadino che consuma l’energia prodotta da questi impianti ci sono dei vantaggi tangibili, con uno sconto in bolletta che può arrivare al 30% senza dover cambiare il proprio fornitore. «Ovviamente i cittadini devono essere istruiti. Il solare fotovoltaico produce nelle ore diurne e, non avendo un accumulo, i consumi devono avvenire prevalentemente in una fascia oraria centrale, dalle 10.00 alle 16.00».
L’impegno di Ènostra
La nuova direttiva europea ha trovato pronta risposta in Ènostra, società cooperativa di produzione e vendita di energia elettrica che in tutta Italia fornisce ai propri soci solo energia 100% verde. «Da più di un anno stiamo lavorando su una decina di progetti sperimentali di comunità energetiche rinnovabili» ci racconta Christian Bartolomeo, responsabile tecnico delle Cer e servizi B2B della cooperativa Ènostra. Attualmente, in Sardegna, la sinergia fra Ènostra e due Comuni, Villanovaforru (Su) e Ussaramanna (Su), ha dato vita alla costituzione giuridica di due Cer che, tra famiglie e imprese, contano circa cento membri fondatori.
«Il tema dell’energia e la leva economico-sociale-ambientale assumono un peso sempre più rilevante nelle scelte di ogni giorno» commenta Bartolomeo. «Abbiamo riscontrato per le Cer un grande interesse non soltanto da parte di soggetti privati, ma soprattutto di pubbliche amministrazioni interessate ad abbassare le bollette dei cittadini e delle imprese locali: partendo da Comuni pionieri come Biccari (FG), i due Comuni sardi e il Comune di Brindisi. Nell’attuale fase di transizione normativa, Ènostra sta analizzando la fattibilità di diversi progetti pilota, stimando i benefici per i potenziali aderenti, coinvolgendo cittadini e imprese, rilevando le criticità di vari scenari, cercando anche di contribuire a guidare la normativa del settore e favorire lo sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese. I Comuni con cui stiamo collaborando stanno investendo le proprie risorse per la costruzione di impianti fotovoltaici dedicati alle comunità, sostenendo in alcuni casi anche i costi di manutenzione. In cambio, le comunità riceveranno dei benefici economici che, fra incentivo, vendita di energia in rete e corrispettivi unitari Arera, si aggirano attorno ai 168 euro per ogni MWh di energia immessa e condivisa.
Condividere energia è la chiave per ottimizzare queste realtà innovative e massimizzare le voci di ricavo: occorre che i membri prelevino energia dalla rete contestualmente all’immissione in rete degli impianti fotovoltaici a servizio della comunità, anche attraverso sistemi di accumulo». «Maggiore è la condivisione di energia, maggiori saranno gli incentivi per le Cer» sottolinea Bartolomeo. «Sul piano ambientale, Ènostra presta particolare attenzione alla scelta dei siti che potrebbero accogliere gli impianti rinnovabili: il nostro impegno mira non soltanto a non deturpare un paesaggio, ma a cercare di non snaturarne la vocazione originale, a non togliere spazio all’agricoltura. Un esempio è l’impianto eolico collettivo realizzato vicino a Gubbio che ha superato la valutazione di sostenibilità, ricevendo parere positivo da parte della Regione Umbria e del Comune di Gubbio e messo in funzione a ottobre».
«La nuova prospettiva delle Cer ci dà la possibilità di rendere la transizione energetica maggiormente accessibile, di sensibilizzare i cittadini all’uso razionale dell’energia, di ridurre la spesa energetica delle famiglie con particolare attenzione ai consumatori vulnerabili e in un’ottica di mitigazione della povertà energetica. Ma anche di costruire relazioni vantaggiose e favorire l’economia locale, di innescare insomma azioni virtuose. Inoltre, l’approccio delle Cer ha un carattere più democratico e più convincente rispetto al reddito energetico, in quanto dà la possibilità a chi non ha un tetto a disposizione di poter comunque scambiare energia verde e ricevere dei benefici economici e sociali. La comunità energetica segna così un nuovo passo verso l’indipendenza dalle energie fossili, con un approccio popolare ed equo» conclude Bartolomeo.
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