Il sale ha un’importante funzione negli impasti lievitati, sia nella fase di lievitazione che in quella di conservazione. Come usarlo per ottenere i migliori risultati possibili? Ce lo spiega Gabriele Cini, pasticcere che utilizza i grani antichi per le sue preparazioni.
Il sale ha un’importante funzione negli impasti lievitati, sia nella fase di lievitazione che in quella di conservazione. Come usarlo per ottenere i migliori risultati possibili? Ce lo spiega Gabriele Cini, pasticcere che utilizza i grani antichi per le sue preparazioni.
Il sale svolge un’azione rinforzante (di ispessimento) sulle proteine della farina e inibisce leggermente la crescita delle muffe e dei batteri, sia durante la lievitazione che durante la fase della conservazione.
Ecco le raccomandazioni più immediate che riguardano l’impiego del sale: non mettere mai a contatto il sale con il lievito, in quanto le cellule di quest’ultimo sono formate da soluzioni acquose che contengono sali. Inoltre, per effetto della pressione osmotica le cellule del lievito tendono a rompersi e a diventare inattive.
La temperatura dell’acqua in cui sciogliere il sale non deve superare i 25° C in quanto l’aumento della temperatura accelera la solubilità, rendendo il sale più attivo nell’impasto con la conseguenza di rallentare precocemente la riproduzione dei lieviti. Quindi un’acqua troppo ricca di sali minerali ritarda le funzioni del lievito. A tale riguardo è anche necessario controllare la concentrazione di cloro presente nell’acqua in quanto, se eccessiva, inibisce la proliferazione dei batteri lattici e svolge un’azione tossica sui lieviti.
Infine è bene precisare alcune altre funzioni importanti attribuibili a un ponderato utilizzo del sale: aumenta la compattezza degli impasti e conseguentemente attraverso la sua azione si può idratare maggiormente l’impasto senza renderlo appiccicoso; favorisce l’imbrunimento della superficie della pizza dando alla crosta una colorazione più vivace; e influenza la durata e la conservazione del prodotto.
Questo avviene come conseguenza diretta della sua capacità igroscopica (cioè di assorbire acqua); ha proprietà antiossidanti e ritarda l’ossidazione dell’impasto.
Questo libro è il risultato di anni di ricerca e sperimentazione sull’
utilizzo di ingredienti naturali di qualità nella pasticceria professionale. L’autore dimostra che le
farine ottenute da grani antichi, autoctoni e a km 0, possono
sostituire le farine raffinate ed eccessivamente ricche di glutine oggi diffuse nell’industria alimentare.
Il volume si divide in cinque capitoli, che mettono al centro l’impiego di farine macinate a pietra. Il primo contiene oltre 30 ricette, sia dolci che salate: dalla pasta sfoglia alla frolla, dagli impasti base per torte di mele, paradiso e plumcake ai dolci delle grandi feste, come panettoni, pandori e colombe pasquali; non possono mancare gli impasti per la prima colazione (brioches e croissants) e quelli per panini al latte, pizza, pane e grissini. Il secondo capitolo è invece dedicato alle ricette complementari (crema bavarese, chantilly, caramel, impasti per frolla salata, strudel, cenci, ricciarelli…); il terzo contiene indicazioni per produrre diversi tipi di pasta fresca. Chiudono il volume una sezione dedicata alle ricette di semifreddi e alcune considerazioni sulle tecniche di cottura.
Il lavoro di Gabriele Cini concilia quindi due esigenze importanti: la produzione di cibo di alta qualità e la diffusione di prodotti alimentari sani per il consumatore.
Per questi motivi, e perché affronta in modo innovativo temi cari alla nostra ricca cultura enogastronomica, questo libro è già stato inserito nelle bibliografie dei corsi universitari e professionali di arti culinarie. Le ricette sono rivolte innanzitutto a pasticceri e panettieri professionisti, ma anche semplici appassionati di pasticceria e panificazione possono trovare indicazioni utili per la produzione casalinga.