La biodinamica è il più antico movimento di agricoltura ecologica, la sua origine risale all’inizio degli anni ’20 del ’900, subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.
Il movimento biologico è arrivato più tardi, dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Com’è noto, nel corso dei 150 anni precedenti, l’economia europea aveva subito una profonda trasformazione passando da una società essenzialmente agricola a una industriale. Benché i movimenti biologico e biodinamico riconoscono che l’industrializzazione abbia portato alcuni vantaggi innegabili, gli stessi hanno sempre sottolineato i rischi legati agli effetti collaterali dannosi, e verosimilmente irreversibili dell’agricoltura intensiva come l’inquinamento, la notevole riduzione della biodiversità e di habitat per uccelli, api e tutta la fauna selvatica.
L’industrializzazione dell’agricoltura
L’industrializzazione dell’agricoltura prese piede dopo la Prima Guerra Mondiale. La guerra e la pandemia di influenza che seguì spazzarono via due generazioni di piccoli proprietari terrieri in larga misura autosufficienti. In seguito all’abbandono delle campagne, morirono anche milioni di animali da fattoria, o per il conflitto stesso o per fame.
Dopo la guerra, gli agricoltori e gli animali utilizzati per i lavori in campagna vennero ben presto rimpiazzati dai trattori, sviluppati a partire dai carri armati, di cui si era fatto grande impiego durante il conflitto. Dalla riconversione dell’industria bellica degli esplosivi arrivarono i fertilizzanti chimici solubili, in grado di aumentare la resa delle colture; mentre la tecnologia dei gas nervini fu impiegata per sviluppare diserbanti e pesticidi.
La diffusione di pesticidi e fertilizzanti di sintesi nel tempo ha determinato una grave perdita di biodiversità e di habitat per gli uccelli e gli insetti pronubi, la contaminazione del suolo e dei corsi d’acqua con l’apparente vantaggio di un elevato incremento delle rese, adombrato però dalla riduzione del valore nutrizionale e da crescenti livelli di residui chimici negli alimenti. L’industrializzazione dell’agricoltura ha determinato anche la graduale sostituzione di varietà a impollinazione libera con gli ibridi, più produttivi, ma i cui semi non sono più riutilizzabili. Un meccanismo che nel giro di poche generazioni ha portato gli agricoltori a essere fortemente dipendenti dall’industria sementiera.
In definitiva, la svolta tecnologica, ha reso l’agricola più certa, efficiente e sicura, ma l’ha trasformata in un’attività più lucrosa per chi produce trattori, concimi e pesticidi che per chi lavora la terra.
Già in quegli anni non tutti gli agricoltori furono felici della rapida trasformazione in atto. Molti di loro ben presto realizzarono che l’agricoltura “moderna” rendeva il terreno, i raccolti, i semi e gli animali più soggetti a malattie e meno fertili poiché a causa della sostituzione degli animali con le macchine c’era anche meno letame per arricchire il suolo.
D’altra parte è ormai evidente che i
concimi di sintesi e i
semi ibridi assicurano raccolti più abbondanti, ma colture più deboli e più suscettibili all’attacco dei parassiti e all’
infestazione delle erbacce. Alcuni agricoltori cominciarono anche a interrogarsi sulla
sostenibilità ambientale e sociale a lungo termine di tecniche agricole così impattanti
per il Pianeta.
Un nuovo approccio
Nel 1924, un gruppo di importanti agricoltori tedeschi si rivolse a Rudolf Steiner (1861-1925) per una visione alternativa dell’agricoltura.
Steiner aveva già sviluppato un modello pedagogico innovativo (la pedagogia Waldorf o steineriana), ma la sua vera passione era l’agricoltura. Era cresciuto in Austria, in un piccolo paesino (ora parte della Slovenia), dove le pratiche e le tradizioni agricole erano rimaste le stesse da secoli e continuavano a dare ottimi risultati.
Nella primavera del 1924, Steiner illustrò la sua alternativa all’agricoltura moderna, allora ai primi passi, in un ciclo di conferenze intitolate Agriculture, il cui contenuto costituì la base teorica del metodo di coltivazione che poi prese il nome di biodinamica.
Steiner era ben consapevole che alcuni aspetti del suo metodo potessero apparire quanto meno inusuali, se non addirittura retrogradi rispetto alle sfavillanti innovazioni tecniche propugnate dall’agricoltura industriale, ed era solito avvertire gli agricoltori che partecipavano alle sue conferenze che l’agricoltura “moderna” avrebbe portato sì a qualche vantaggio nel breve periodo, ma con il rischio poi di gravi conseguenze sul lungo periodo per la salute di uomini, piante e animali.
La sua lungimiranza fu tale, da prevedere che la popolazione mondiale di api avrebbe subito un drastico collasso attorno all’anno 2000 a causa dei moderni pesticidi, un fenomeno che purtroppo si è poi puntualmente avverato.
Come funziona la biodinamica
Steiner sosteneva che per essere in salute, gli uomini necessitano di cibo sano proveniente da fattorie sane. Con “sano” intendeva un alimento in grado di nutrire sia il corpo che la mente. E dal momento che siamo ciò che mangiamo, per aiutare noi stessi e il pianeta in cui viviamo non solo a sopravvivere, ma a prosperare, è necessario produrre alimenti di qualità.
Per raggiungere questo obiettivo, raccomandava Steiner, gli agricoltori avrebbero dovuto compiere dei cambiamenti radicali e riscoprire alcune pratiche che oggi possono sembrare strane agli occhi della nostra indaffarata generazione tecnologica, ma che allora non erano così fuori dall’ordinario.
Steiner sosteneva che ogni fattoria e ogni orto dovesse essere il più autosufficiente possibile. Gli animali (e il loro letame) facilitano il lavoro e al tempo di Steiner molti agricoltori erano soliti allevare qualche animale per la carne, il latte o le uova: una mucca, magari qualche maiale e delle galline. Steiner aggiunse un nuovo elemento all’idea di autosufficienza suggerendo che il modo migliore per rigenerare il suolo era l’impiego di compost potenziato grazie all’apporto di sei “preparati” vegetali ottenuti con le stesse piante medicinali usate comunemente per curare le affezioni di uomini e animali: achillea, camomilla, tarassaco, valeriana, ortica e corteccia di quercia polverizzata. Ma mentre, per Steiner, le radici delle piante officinali costituiscono i più efficaci rimedi per gli umani, “per curare la terra” era meglio ricorrere ai fiori.
Steiner suggerì di aggiungere al compost una manciata di ognuna di queste piante, preparate in modo appropriato esponendole al sole oppure interrandole.
Per potenziare il loro effetto, quattro di questi preparati venivano fatti maturare negli organi di senso di una mucca o di un cervo maschio. Una pratica che oggi può sembrare decisamente inusuale, ma che allora certo non meravigliò più di tanto gli agricoltori. Nelle case dei contadini degli anni ’ 20, la macellazione casalinga degli animali da cortile, ma anche dei bovini e della cacciagione, era molto comune. L’intestino dei bovini, per esempio, veniva usato regolarmente per preparare salsicce di maiale.
Ciò che Steiner suggeriva era di preparare delle “salsicce di fiori” di camomilla o di altre piante per “darle in pasto” all’orto, inserendo tali preparati nel cumulo del compost. Consigliava anche di distribuire sul terreno tre specifici preparati, creati usando principi simili a quelli per il compost, con l’aggiunta di letame bovino, quarzo (silice) ed equiseto (Equisetum arvense).
La biodinamica è una pratica agricola a basso input tecnologico alla portata di tutti. I nove preparati biodinamici, realizzati e impiegati in piccole quantità, sono in grado di far raggiungere, in breve tempo, alle aziende agricole e agli orti un equilibrio salutare, dinamico e sostenibile. Trattare ogni orto e ogni fattoria come una sorta di organismo ci può aiutare a considerare la terra come un essere vivente, come una parte di un ciclo naturale molto più ampio, che comprende anche gli altri pianeti e le stelle del nostro sistema solare.
Steiner non è stato il coniatore del motto “Pensa globalmente, agisci localmente”, ma il suo approccio biodinamico lo rappresenta in pieno, ed è valido oggi come lo era nel 1924.
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Orto e frutteto biodinamico è un
manuale pratico che con un linguaggio semplice e preciso, e con l’aiuto di moltissime illustrazioni, prende per mano il lettore e lo guida all’uso di quella che è insieme una tecnica e una filosofia applicata all’agricoltura.
I primi due capitoli spiegano i principi dalla biodinamica, con ricette e indicazioni per impiegare nove preparati (cornoletame, cornosilice, achillea, camomilla, ortica, corteccia di quercia, tarassaco, valeriana, equiseto), la pasta per tronchi, il cumulo letame e altro ancora.
A seguire 70 schede relative alla coltivazione di ortaggi e alberi da frutto comuni nel nostro paese.
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