A differenza dell’apicoltura convenzionale, il cui obiettivo prioritario è facilitare il lavoro dell’apicoltore e massimizzare la produzione anche a discapito delle condizioni di vita delle api, la permapicoltura punta a ricrearne l’habitat naturale.
Le arnie in permapicoltura si distinguono per il maggiore sviluppo in altezza sia del nido che del melario. In genere, i telaini da nido vengono sostituiti da semplici stecche, sulle quali le api costruiscono i favi in modo naturale, mentre per i melari spesso si utilizzano gli stessi telaini dell’apicoltura convenzionale, di conseguenza la covata è più nutrita, le api più numerose e l’alveare più forte. In questo modo aumenta il numero di bottinatrici e operaie, e diminuisce il consumo invernale, perché la colonia riesce a mantenere meglio il calore all’interno dell’arnia nei mesi freddi. Un numero elevato di api è un vantaggio anche per le varie mansioni dell’alveare: pulizia, sostituzione o eliminazione di cera vecchia, difesa dell’alveare. Nel nido c’è più miele, più polline e maggiore ventilazione interna, fattori fondamentali per lo sviluppo della covata.
Con favi più lunghi, la regina è libera di distribuire in modo più naturale la covata, inclusa quella maschile. Ovviamente non si tratta di uno spazio smisurato: l’arnia in permapicoltura ha anch’essa dei limiti, ma le sue dimensioni sono studiate in modo che le api non disperdano il calore e allo stesso tempo possano svilupparsi a loro piacimento.
I punti di forza
In permapicoltura non si pratica il nomadismo e non si effettuano le nutrizioni zuccherine che di fatto indeboliscono l’alveare; né tantomeno vengono effettuati trattamenti contro i parassiti così come si fa nell’apicoltura convenzionale.
Anche le ispezioni all’interno degli alveari sono ridotte al minimo indispensabile, se non del tutto evitate, perché l’alveare viene considerato come un unico organismo in equilibrio dinamico e quindi ogni ispezione va a interferire con il metabolismo e lo sviluppo della colonia.
Un altro aspetto fondamentale è la gestione delle riserve di miele, nutrimento base delle api, essenziale per superare l’inverno. Per questo motivo, in permapicoltura il miele del nido non viene prelevato, così come si evita di intercambiare i telai tra le arnie o ridurre il numero dei telaini stessi per «stringere» la famiglia. Tali interventi alterano la naturale preparazione allo svernamento da parte delle api, che distribuiscono il miele all’interno del nido in modo che sia facilmente accessibile al glomere e mantenga il calore.
Un alveare quasi selvatico
È evidente che la permapicoltura stravolge completamente i ritmi e i principi alla base dell’approccio convenzionale.
Promuove un cambio radicale di rotta nel modo di allevare e gestire le api, proponendo un approccio che si potrebbe definire semi selvatico. Libere di svilupparsi in modo autonomo, secondo i loro ritmi naturali, le api hanno quindi più facilità nell’attuare strategie di difesa dai parassiti.
La conversione di un apiario dal convenzionale o dal biologico alla permapicoltura è un processo delicato che ha bisogno del suo tempo ed è consigliabile farsi seguire da apicoltori con esperienza o perlomeno poter collaborare con uno di loro. Soprattutto nei primi anni è molto probabile che il passaggio determini una riduzione, anche molto significativa, della produzione di miele, ma questo rientra nel nor-male processo di selezione naturale. Dopotutto, insistere a tenere in vita alveari deboli, come si fa in apicoltura convenzionale, non ha nulla di naturale e non dobbiamo stupirci se nelle condizioni attuali le api si ammalano sempre più.
Nonostante le prevedibili perdite e la riduzione della produzione, per un apicoltore fare permapicoltura non significa necessariamente guadagnare meno. Ce lo conferma anche l’esperienza di Ranuccio Turolla, apicoltore professionista calabrese, convertitosi alla permapicoltura. «Prima producevo 10 quintali di miele che vendevo a 4,5 euro al kg» racconta. «Oggi con la permapicoltura ne produco 4 quintali, che però riesco a vendere a 10 euro (o più) al kg. Non è la stessa cosa?». La rivoluzione dell’alveare vuol dire anche questo: produrre meno miele, ma di maggiore qualità e soprattutto senza indebolire un insetto come l’ape, fondamentale per l’equilibrio ecologico del pianeta.
Cominciano a essere numerose le testimonianze di apicoltori professionisti e non, molte delle quali sono state raccolte nel libro
La rivoluzione dell’alveare (Terra Nuova Edizioni).
Le informazioni in questo articolo sono tratte da precedenti numeri del mensile Terra Nuova.
Per saperne di più
Il libro che avete tra le mani non è l’ennesimo manuale di apicoltura, né tanto meno un trattato animalista. È più semplicemente la testimonianza di un grande amore per le api e la presentazione di un nuovo approccio all’apicoltura, un approccio profondamente ecologico e rispettoso dell’organismo alveare.
Negli ultimi anni, a causa delle continue morie di api, dei cambiamenti climatici in corso e dei numerosi trattamenti contro i parassiti vecchi e nuovi, il lavoro dell’apicoltore è diventato difficile e poco remunerativo. La proposta provocatoria e rivoluzionaria di Mauro Grasso parte da un principio semplicissimo: proviamo a mettere le mani nell’arnia il meno possibile e lasciamo fare alle api. Ispirandosi al metodo ideato da Oscar Perone, ideatore della permapicoltura, l’autore suggerisce una pratica apistica a basso impatto ambientale, basata su un nuovo modello di arnia in grado di soddisfare a pieno le esigenze etologiche dell’organismo alveare, in modo da offrire alle api le condizioni migliori per sviluppare strategie per sopravvivere ai nuovi parassiti e a un ambiente sempre più contaminato.
Questo libro è una sfida e insieme un invito, rivolto a tutti gli apicoltori, professionisti o alle prime armi, a mettersi in gioco per trovare insieme nuove strade.
Disponibile anche in versione Digitale per APP
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Forte della lunga esperienza di apicoltore, l’autore propone un metodo molto innovativo basato sull’adozione di arnie di facile costruzione e di ancora più semplice gestione. Un’apicoltura «estensiva» che, a differenza di quella convenzionale intensiva, riduce al minimo lo stress a carico delle api, limitando allo stretto necessario gli interventi sulle arnie.
È un’apicoltura a basso costo perché può essere praticata con arnie autocostruite realizzate con legname riciclato (come quello ricavato da pallet), ed ecologica perché non ricorre all’impiego di farmaci di sintesi nella cura delle malattie e rispetta le esigenze etologiche delle api.
Le numerose illustrazioni che corredano il libro aiutano il lettore a fare propria una tecnica millenaria che ancor prima di rappresentare una possibile attività economica, costituisce una chiave unica per entrare in stretta sintonia con i cicli naturali e l’affascinante mondo delle api.
Disponibile anche in versione Digitale per APP