L’Italia è ora tenuta a passare dal sistema delle concessioni ai bandi pubblici. Dei possibili rischi ci parla l’avvocato Roberto Biagini del Coordinamento nazionale mare libero.
«I rischi che posso intravedere sono quelli insiti alla regolarità delle future procedure di evidenza pubblica.
Il demanio marittimo è fonte di guadagno e se non si blindano i futuri bandi con criteri limpidi di trasparenza, correttezza, imparzialità, e con le relative sanzioni di protezione, si rischiano tante piccole Sabaudia. Adesso, con la situazione attuale “i mercanti entrano nel tempio” e comprano, contanti alla mano, più di una concessione. La linea del Piave deve essere un’altra: ad esempio evitare monopoli e cartelli tra concessionari e impedire il subaffitto per evitare l’attuale vergognoso mercimonio attuato spesso con denaro che circola in nero».
«Comunque, l’Unione europa non impone di mettere tutto il litorale a gara» prosegue Biagini «bensì afferma solamente che se l’Italia vuole continuare a dare, come modello prevalente, in concessione il litorale non può più consentire che le concessioni siano prorogate all’infinito. La politica potrebbe benissimo escludere ampie fette del litorale dal regime concessorio consentendo la libera fruibilità, il libero accesso sul demanio come modello principale. È necessario riaffermare sui beni pubblici i
principi democratici, riportando al suo posto sussidiario il regime concessorio.
Oltre il 50% delle aree costiere sabbiose è di fatto sottratto alla libera e gratuita fruizione. Ed è un dato medio, con differenze impressionanti. In alcune aree è diventato impossibile aumentare il numero di concessioni perché non ci sono più spazi liberi. È fondamentale che venga normativamente prevista una percentuale minima nazionale di spiagge libere da rapportarsi a livello comunale, e non nelle vicinanze di foci dei fiumi o di fosse di scolo. Tale percentuale non deve essere inferiore al 50% delle spiagge presenti a oggi in ogni singolo comune, con possibilità per le varie regioni di ampliarla ma non diminuirla. Il giro di affari degli stabilimenti balneari è stato stimato da Nomisma in almeno 15 miliardi di euro annui» prosegue Biagini.
«Alla luce di ciò, chiediamo che l’introito dei canoni demaniali, rivisti e proporzionati al valore reale di mercato del bene demaniale oggetto di concessione, venga gestito direttamente dagli enti comunali in modo da eliminare la discrasia stigmatizzata dalla Corte dei Conti tra gestione (a carico dei Comuni) e benefici (a vantaggio dello Stato) e in modo che i Comuni stessi possano accollarsi la gestione diretta di altri servizi pubblici essenziali, tipo quello del salvamento e di gestione delle spiagge libere».
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Brano tratto dall’articolo Sulle spiagge c’è sempre più cemento
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