I cibi industriali hanno caratteristiche comuni, determinate dai processi di trasformazione e lavorazione. Scopriamone alcune.
I processi di trasformazione e lavorazione seguiti dall’industria alimentare producono cibi che tendono ad avere caratteristiche comuni, senza dubbio negative rispetto invece alle proprietà nutrizionali che connotano i cibi freschi e naturali.
Ecco dunque cosa aspettarsi dagli alimenti industriali:
• Squilibrio nei nutrienti e presenza di elevate quantità di ingredienti con effetti dannosi, come grassi, zucchero e sale (cloruro di sodio).
• Assenza o scarsa presenza di nutrienti salubri, come proteine, vitamine, sostanze fitochimiche, minerali e fibre alimentari.
• Presenza di ingredienti dannosi e additivi chimici, come acidi grassi trans, conservanti (per esempio, il sodio benzoato), esaltatori di sapidità (per esempio, il glutammato monosodico), coloranti artificiali (come il giallo burro e il verde malachite).
Fonte: Cibo e salute, Vandana Shiva e Franco Berrino (Terra Nuova Edizioni).
Alcuni dei cibi che mettono a rischio la nostra salute:
• Bevande gassate e zuccherate
• Dolci confezionati e pasticceria industriale
• Pane industriale e confezionato
• Margarine
• Barrette snack dolci o salate
• Pasti pronti, confezionati o surgelati
• Crocchette di pesce o carne
• Prodotti a base di carne ricostituita
• Cibi prefritti
• Zuppe in scatola
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Brano tratto dall’articolo Giù la maschera!
PER SAPERNE DI PIÙ
Una vera rivoluzione oggi può e deve partire dalla produzione del cibo, un grande campo di azione dove il sistema agroalimentare globalizzato ha cancellato la biodiversità, avvelenato il suolo e reso la nostra dieta sempre più omologata e insostenibile.
Il cambio di paradigma si impone anzitutto nella produzione agricola e nella salvaguardia dell’ambiente, da cui dipende il mantenimento degli ecosistemi e della salute dell’uomo. Gli autori del libro, tra cui spiccano le figure di Vandana Shiva e Franco Berrino, tracciano un’inversione di rotta a cominciare dal nostro stile di vita: bisogna dire sì ai sistemi agricoli naturali su piccola scala, per recuperare la vitalità del cibo e garantire un accesso più democratico alle risorse della terra. E bisogna dire no all’avanzata di un modello produttivo basato sullo sfruttamento dei popoli e degli ecosistemi.