Con le pratiche agricole attuali non sarebbe possibile assicurare una produzione di frutta e verdura sufficiente per garantire una dieta sana a tutte le popolazioni del mondo.
Lo sappiamo, il 50% della nostra dieta dovrebbe essere composta da frutta e verdura, ma se volessimo estendere una dieta sana a tutte le popolazioni del globo, con le pratiche agricole attuali, la produzione sarebbe insufficiente.
Una verità amara che ci rivela lo studio «When too much isn’t enough: does current food production meet global nutritional needs?» pubblicato su PLOS ONE da un team di ricercatori delle università canadesi di Guelph, Vancouver e Waterloo.
Senza nessun cambiamento, l’alimentazione di 9,8 miliardi di persone richiederà 12 milioni di ettari in più di terra arabile e almeno un miliardo di ettari in più di pascoli. La ricetta? Smetterla con il sistema degli allevamenti industriali che richiede una grossa produzione foraggera e tornare a coltivare più biodiversità.
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Brano tratto dalla rubrica Bionews
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Una vera rivoluzione oggi può e deve partire dalla produzione del cibo, un grande campo di azione dove il sistema agroalimentare globalizzato ha cancellato la biodiversità, avvelenato il suolo e reso la nostra dieta sempre più omologata e insostenibile.
Il cambio di paradigma si impone anzitutto nella produzione agricola e nella salvaguardia dell’ambiente, da cui dipende il mantenimento degli ecosistemi e della salute dell’uomo.
Gli autori del libro, tra cui spiccano le figure di Vandana Shiva e Franco Berrino, tracciano un’inversione di rotta a cominciare dal nostro stile di vita: bisogna dire sì ai sistemi agricoli naturali su piccola scala, per recuperare la vitalità del cibo e garantire un accesso più democratico alle risorse della terra. E bisogna dire no all’avanzata di un modello produttivo basato sullo sfruttamento dei popoli e degli ecosistemi.
In gioco c’è la nostra salute e la sopravvivenza pacifica sul pianeta Terra.
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