I paesi del bacino mediterraneo godono di un prodotto che suscita l’invidia di tutto il mondo per il gusto e le proprietà nutrizionali: l’olio extravergine di oliva. Giustamente, quest’olio rappresenta il condimento base della cucina mediterranea. Ma esistono altri oli, trascurati benché necessari per avere un’alimentazione davvero quilibrata.
Sono gli oli di semi detti di prima pressione o di spremitura (secondo la dicitura di una legge del 1999, volta a distinguere gli oli di semi ottenuti con pressione meccanica da quelli ricavati con solventi), prodotti non raffinati che, similmente all’extravergine, mantengono tutte le loro benefiche proprietà dopo la spremitura.
Come l’olio extravergine, quelli di semi contengono grassi insaturi, preziosi per l’organismo umano in quanto combattono il colesterolo e le malattie coronariche, favoriscono le funzioni cellulari, l’assimilazione delle vitamine liposolubili, il ricambio dei tessuti e l’equilibrio del sistema nervoso.
Ma mentre il primo fornisce in prevalenza grassi del tipo monoinsaturo, i secondi contengono per lo più grassi polinsaturi della serie omega 6 e 3, anche questi necessari all’organismo. Ecco quindi l’importanza degli oli di semi di prima spremitura, come si trovano nei negozi bio e nel reparto bio di alcuni supermercati. Attenzione: se l’etichetta non riporta la dicitura bio, accompagnata o meno dalla specificazione di spremitura a freddo, rischiate di acquistare un olio estratto chimicamente, con tutte le conseguenze del caso (vedi sotto). Invece il prodotto biologico è sicuro perché, per sua natura, non può subire trattamenti chimici di sorta.
Estrazione meccanica e chimica
L’estrazione chimica non si limita a provocare la perdita di nutrienti importanti: causa anche la trasformazione dei grassi da cis-cis a cis-trans, forma questa difficilmente assimilabile per il nostro organismo e potenzialmente nociva, collegata con il rischio di malattie cardiovascolari. Come se non bastasse, gli oli ottenuti chimicamente sono trattati al punto da perdere sapore e odore. Al contrario, l’estrazione meccanica si rivela molto più rispettosa e consente di conservare qualità e proprietà organolettiche.
Conservazione
Gli oli ricchi di grassi polinsaturi presentano un punto di fumo (temperatura oltre la quale l’olio si altera) basso e una forte tendenza all’irrancidimento. Perciò occorre limitarne l’uso a crudo, su cibi freddi o tiepidi. Per evitare l’irrancidimento, bisogna conservare l’olio in bottiglie scure, lontano da fonti di luce e calore. Subito dopo l’uso, la bottiglia va richiusa. Meglio poi acquistare gli oli meno conservabili in piccole quantità, in modo da finirli al più presto.
La «parte del leone» spetta ai grassi monoinsaturi dell’olio extravergine, seguiti dagli omega 6 e a distanza dagli omega 3. In una dieta di 2000 calorie, per esempio, avremmo circa 60 g di olio al giorno, di cui il 5% di omega 6 e l’1% di omega 3, cioè 1 cucchiaio di oli contenenti omega 6 (per es. il girasole) e 2 cucchiaini di oli contenenti omega 3 (olio di lino).
Se l’uso di questi oli è benefico, l’abuso è dannoso, non solo a carico del girovita: si rischia infatti di fare il pieno di radicali liberi e di prodotti potenzialmente allergenici (quali sono appunto alcuni oli, quali sesamo e soia, se consumati in eccesso). E anche usare sempre gli stessi diventa monotono, perciò è bene puntare sull’alternanza, senza disdegnare l’uso di certi semi crudi (girasole, semi di zucca…).
Gli oli di semi di prima pressione
La lista dei semi e dei frutti da cui è possibile ricavare olio è lunga: girasole, mais, arachide, soia, cotone, tè, pomodoro, papavero, colza, vinaccioli, noci, nocciole, mandorle… Ogni vegetale presenta caratteristiche e proprietà diverse, che si trasmettono naturalmente all’olio. Vediamo dunque come orientarci nella scelta.
Olio di sesamo. Di colore dorato e gusto delicato, è dotato di un buon profilo nutrizionale nel quale i grassi polinsaturi omega 6 e i monoinsaturi quasi si equivalgono. Contiene poi due antiossidanti che ne facilitano la conservazione e presenta un punto di fumo sui 175 °C, adatto per cotture brevi e delicate. Meglio però limitarsi all’uso a crudo. Il rovescio della medaglia è il prezzo, piuttosto elevato.
Olio di soia. La soia è una leguminosa ritenuta in grado di diminuire il colesterolo e di intervenire sui disturbi legati alla menopausa e sul rischio di sviluppare tumori. Il seme contiene acidi grassi, sali minerali e lecitina, sostanza dalle molte proprietà, tra cui quelle emollienti e antiossidanti. L’olio ha colore rossastro e gusto poco grato ma è ricco di grassi polinsaturi della serie omega 6. Presenta un punto di fumo basso di 130 °C, quindi non va usato per cuocere. Il prezzo è accessibile.
Olio di girasole. Giallo chiaro, ha sapore blando e prezzo accettabile. Contiene il 65% di grassi polinsaturi, rivelandosi così un valido integratore dell’extravergine. Inoltre è ricco di vitamina E (68 mg/100 g), un potente antiossidante. Dato che ha un punto di fumo basso (130 °C), va usato a crudo. Invece l’olio di girasole oleico, che si acquista in associazione all’olio di sesamo, è più ricco di grassi monoinsaturi (quale appunto è l’acido oleico) e quindi più stabile se esposto al calore; può perciò essere utilizzato per cuocere. Se sull’etichetta non è indicato «girasole oleico», utilizzate il prodotto solo a crudo.
Olio di lino. Il lino ha moltissime proprietà e, non a caso, è impiegato a scopi terapeutici fin dall’antichità; in particolare, gli viene attribuita la capacità di combattere i tumori e i disturbi della menopausa. Inoltre, è la prima fonte vegetale di omega 3 (presente anche nei pesci grassi, quali salmoni e aringhe), preziosi per mantenere bassi colesterolo e pressione. L’olio che si ricava dai semi è giallo paglierino. Attenzione: il prodotto è estremamente deperibile, va acquistato in quantità ridotte, conservato in frigo e consumato rapidamente. Chi non gradisce il sapore dell’olio di lino può ricorrere ai semi (1 cucchiaio scarso), tritati con un macinacaffè al momento dell’uso e aggiunti ai cibi.
Olio di noce. L’elevato contenuto di grassi polinsaturi ne fa un prodotto davvero valido sotto il profilo nutrizionale. A questo si aggiunge il sapore fruttato, che conferisce ai cibi un gusto tutto particolare. L’inconveniente è il prezzo elevato, che spinge semmai a un uso «una tantum». Tra l’altro, questo olio irrancidisce facilmente. Meglio allora consumare un paio di noci al giorno, magari in alternanza con mandorle, pinoli e nocciole.
Olio di vinaccioli. Dopo la spremitura dell’uva per il vino, restano bucce e graspi mescolati ai semi: questi ultimi, macinati finemente, mescolati con acqua e pressati, danno l’olio di vinaccioli. La resa bassa (intorno al 10%) spiega il prezzo elevato dell’olio, che ha un gusto leggero e fruttato ed è ricco di grassi polinsaturi e vitamina E (60-120 mg/100 g).
Olio di zucca. Verde scuro e dal gusto gradevole, contiene sostanze ritenute in grado di prevenire alcuni tipi di tumori, in particolare quello prostatico. Contiene grassi polinsaturi con una piccola percentuale di omega 3, associati a vitamine (A in particolare) e sali minerali. Il prezzo è alto, secondo soltanto a quello dell’olio di germe di grano.
Olio di mais. Ottenuto dal germe presente nel seme, ha un sapore gradevole e un bel colore ambrato dovuto al betacarotene e ad altri antiossidanti. Buono il contenuto di grassi insaturi (86% circa), ben distribuito tra polinsaturi e monoinsaturi. L’olio di mais aiuta a prevenire l’assorbimento intestinale del colesterolo. Il punto di fumo è sui 160 °C, il prezzo accettabile.
Olio di cartamo. Estratto dai semi del cosiddetto falso zafferano, ha colore ambrato, profumo accentuato e gusto di nocciola. Può essere con prevalenza di grassi monoinsaturi (oleico) o polinsaturi (linoleico). Il primo è più indicato per cuocere, il secondo come complemento dell’olio di oliva.
Olio di germe di grano. Ricchissimo di polinsaturi e di vitamina E, è poco conservabile e decisamente costoso, dal momento che il germe contenuto nel grano costituisce solo il 2% del seme. In compenso trova impiego in cosmesi per la sua capacità di elasticizzare la cute.
Olio di palma, palmisti e cocco. L’olio di palma è ottenuto dal frutto di una palma (Elais guineensis). Rossastro, è composto in parti quasi uguali da grassi saturi e monoinsaturi. L’olio di palmisti si ricava dal seme dello stesso frutto e contiene l’85% di grassi saturi, percentuale che nel grasso di cocco arriva al 91%. Pur non essendo presenti sugli scaffali dei negozi bio, questi grassi si trovano in vari prodotti da forno e pasticceria, sotto la dicitura «grassi vegetali». Per quanto gustosi, non sono il massimo per la salute.
Tra chi decide di boicottarne in toto la produzione e chi mantiene una posizione più moderata, abbiamo deciso di parlarne mettendo a confronto le opinioni di quanti lo utilizzano nell’industria.
Per fare il punto sulle tante criticità che accompagnano l’impiego di questa materia prima e riflettere sulla sostenibilità delle possibili alternative.