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Come costruire una cesta per la legna

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Quando i rami sono grossi lo diventano anche i cesti, e allora possono contenere legna, biancheria o 25 kg di pane…
Il cesto qui proposto ha una base ovale, la parete costituita da un intreccio corale, un bordo a “treccia piatta” (diffuso in tutto il centro-nord Italia) e “maniglie rivestite”. È realizzata giocando con le sfumature di diversi tipi di salici: Salix alba (scuro e rosso), Salix purpurea (grigio-azzurro) e Salix viminalis (giallo-verde), che in Piemonte prende il nome di “borgogna”.

La base

• Iniziare con tre portanti lunghi 50 cm e sei portanti lunghi 40 cm, tutti quanti in salice flessibile di circa 6 mm di spessore.
• Puntare il coltello in mezzo a uno dei portanti corti, bucarlo con la punta e poi girare il coltello per creare una fessura nel ramo.
• Infilare i tre portanti lunghi facendo attenzione ad alternarne due dalla parte della punta e uno dal piede. Infilare anche gli altri cinque portanti corti, sempre alternati. Sistemare due coppie distanti fra loro 4 cm, e due centrali distanti 4 cm.
• Infilare un salice sottile e lungo circa 140 cm dalla parte del piede, nella fessura dove sono infilati anche i portanti lunghi.
• Piegare il salice verso sinistra sotto i portanti lunghi. Passare sopra quelli corti, poi sotto, poi sopra, ancora sotto, verso destra sopra i portanti lunghi, poi sotto, poi sopra, ancora sotto, e infine sopra i due portanti corti.
• Ora che siamo alla partenza, piegare il tessitore intorno ai due portanti corti e tornare indietro fino al punto di partenza.
• Aggiungere un tessitore mettendo il piede fra due portanti lunghi nello spazio vicino all’altro tessitore. Si intreccia a due tessitori incrociati, divaricando i portanti per farli aprire piano piano come i raggi di un sole (ovale).
• Le giunte vanno fatte preferibilmente nella parte lunga, per sfruttare gli ampi spazi, mettendo il nuovo tessitore dalla parte del piede.
• Intrecciare allargando i portanti e rendendo regolari gli spazi.
• Aggiungere un tessitore e intrecciare a tre tessitori incrociati.
• Ogni tanto, con l’aiuto di un ginocchio, aggiustare il fondo che tende spesso a venire torto.
• Quando si è terminato, l’ovale va fermato con un nodo. In questo caso si può fare lo stesso nodo usato per legare le viti: tenere la punta del salice, girare due volte in senso antiorario con il piede intorno alla punta, e portarlo a sinistra in basso.
• Tagliare i portanti e i tessitori che eccedono: la base è finita.

I montanti

• Aguzzare i montanti con un taglio diagonale, aiutandosi con le cesoie.
• Inserire i montanti alla destra di ogni portante. Inserire due montanti per ogni portante nei punti dove andranno le maniglie.
• Piegare tutti i montanti e poi alzarli, centrarli e legarli con una striscia di gomma ottenuta da una camera d’aria di bicicletta.

L’intreccio corale

• Aguzzare 18 tessitori; prenderne uno e infilarlo nella fessura a forma di triangolo creata con l’intreccio a tre.
• Piegarlo verso destra, saltare due montanti, entrare e poi uscire dal terzo.
• Infilare un altro tessitore nella fessura precedente e piegarlo come prima. Fare la stessa cosa con gli altri tessitori.
• Per il diciottesimo tessitore bisogna fare attenzione: va infilato come gli altri e deve fare il suo percorso, saltando due montanti, entrando e uscendo dal terzo, per poi passare sotto il primo tessitore che abbiamo posizionato.
• Tutti i tessitori devono essere paralleli e non incrociarsi. Alla fine deve esserci un tessitore per ogni spazio fra due montanti. Ora procedere con un intreccio semplice: ogni tessitore entra “di pancia” dentro il montante successivo ed esce subito.
• Ripartendo con il primo salice, si crea la cosiddetta “forchetta”: tre tessitori poggiano sullo stesso montante; il primo a partire è quello più in basso dei tre: il primo passa dietro, il secondo davanti e il terzo dietro. Bisognerà ricordarselo in seguito. Ora intrecciare andando “all’indietro”: prendere il tessitore di sinistra, entrare e uscire, prendere il successivo a sinistra, entrare e uscire e così via, fino al penultimo.
• Quando si arriva alla “forchetta” bisogna fare attenzione: prendere il più basso dei tre salici, senza incrociarlo con gli altri, entrare e uscire. Poi prendere il secondo a partire dal basso, entrare e uscire. Siamo così di nuovo nella situazione iniziale: un tessitore in corrispondenza di ogni montante. Ripartire portando avanti un tessitore, creare un’altra forchetta e così via.
• Intrecciare fino a quando i salici non saranno troppo fini: quindi tagliarli in modo da avere una punta per ogni spazio.
Se i tessitori sono tutti “uguali”, il risultato è un intreccio molto regolare e ordinato.
• A questo punto chiudere con un giro a tre tessitori. Infi lare il primo appoggiando il piede dietro un montante, saltarne due, poi entrare e uscire. Infilare il secondo tessitore con il piede sotto il primo, saltarne due, entrare nello spazio dove esce il primo, poi entrare e uscire.
• Infilare il terzo tessitore sotto il secondo, saltarne due, poi entrare e uscire. Da adesso, prendere sempre il salice più a sinistra ed entrare nello spazio dove esce il salice più a destra.
• Nel lato opposto, quando i salici cominciano a diventare fini, sostituirli con altri tre nuovi.
• Per chiudere, affiancare a sinistra la punta del primo con il piede del primo tessitore con cui siamo partiti.
• Il secondo passa sotto il primo tessitore di partenza e affianca la punta al piede del secondo con cui siamo partiti.
• Il terzo si affianca al terzo con cui siamo partiti passando sotto agli altri due. Tagliare gli esuberi a raso.
• Ripartire con un altro corale, in questo caso di Salix alba scuro.
• Per evitare che l’intreccio si chiuda, slacciare la gomma.
Procedere con “balze” composte da un corale e da un giro a tre tessitori, che serve anche per regolarizzare l’inclinazione dei montanti e gli spazi fra l’uno e l’altro.
• Controllare la forma, schiacciando il cesto a terra nella parte che si vuole stondare.
• Fare altri due corali: in questo caso si usa il Salix alba arancione per il primo e il Salix alba scuro per il secondo. Inframmezzare con un giro a tre.
L’altezza deve misurare circa 35 cm. Se ci sono differenze, cercare di compattare le parti che risultano più alte.

Il bordo a treccia piatta

• Mettere un pezzetto di salice sotto un montante, che pieghiamo a destra dietro al successivo (verso l’interno, poi uscire).
• Piegare allo stesso modo altri tre montanti.
• Affiancare il primo montante (piegato) a destra del quarto montante (anch’esso piegato) dietro il quinto che è ancora in piedi.
• Piegare il quinto montante sopra i due affiancati, tenendoli ben piatti e non sovrapposti.
Portare l’avanzo del secondo montante accanto al quinto. Piegare il sesto e posizionarlo accanto all’avanzo del terzo. A questo punto procedere avendo tre coppie di avanzi.
• Piegare il montante successivo e affi ancargli l’avanzo più a destra della prima coppia (quello che “ha fatto meno strada”). Procedere così fino all’ultimo montante.
• Bisogna far attenzione quando si incontrano i montanti doppi, perché uno è per i manici. Prendere solo uno dei due, di solito il primo a sinistra. Quando si piega l’ultimo montante (il 18°), passare sotto il primo montante della partenza.
• Affiancargli l’avanzo di montante di destra della prima coppia.
• A questo punto ho solo tre coppie di avanzi e tutti i montanti piegati, di cui tre “solitari”. Questi ultimi vanno individuati prima di andare avanti. Affiancare il primo avanzo al primo montante, aiutandosi con un punteruolo.
• Affiancare il secondo avanzo al secondo montante “solitario”, uscendo sotto tutti i tessitori della treccia piatta.
• Affiancare il terzo avanzo al terzo montante solitario, uscendo sempre sotto.
• A questo punto ho un avanzo in ogni spazio. Tagliare a raso con il resto dell’intreccio: restano solo i quattro montanti per i manici.

I manici a “maniglia rivestita”

• Prendere un pezzo di salice spesso 7 o 8 mm, e appuntirlo da entrambi i lati. Aprirlo con un coltello per circa 10 cm da un solo lato. Questo accorgimento dà una migliore resistenza alla maniglia quando si carica
molto peso nel cesto.
• Inserire l’estremità integra accanto al montante rimasto in piedi. Poi inserire l’estremità biforcata (tenendola unita) accanto all’altro montante rimasto per la maniglia. Ripetere l’operazione per l’altra maniglia.
• Snervare il salice torcendolo su se stesso manovrando le due pance che crea.
• Infilarlo sotto la maniglia. Quindi proseguire attorcigliandolo intorno alla maniglia in senso orario, fino a farlo passare sotto la treccia piatta.
• Prendere il secondo montante, girarlo intorno alla maniglia affiancandolo al primo.
• Con gli avanzi rimanenti chiudere gli spazi e, se necessario, aggiungere altri salici snervati.

Articolo tratto dal libro Fare cesti

Quante volte, guardando un cesto, siamo rimasti affascinati dagli intrecci che trasformano fragili rami di salice, olivo, ginestra e altre fibre vegetali in robusti e graziosi contenitori. Tra i primi manufatti realizzati dall’uomo, i cesti sono ancora oggi intrecciati con le stesse tecniche e gli stessi materiali del passato, disponibili e alla portata di tutti. Nel libro l’autore conduce il lettore, pagina dopo pagina, nell’affascinante e vitale mondo della cesteria.
Grazie anche alle splendide foto che corredano il volume, Andrea Magnolini vi prende per mano e, passo dopo passo, insegna a scegliere e trattare le fibre vegetali più comuni, a intrecciarle e legarle per realizzare le varie parti di cui si compone un cesto. Si scoprono così le differenze tra il gavan romagnolo e il crino marchigiano, tra il classico cesto laziale e quello trentino o di altre regioni. Intrecciare cesti è anche un modo per avvicinarsi in modo creativo alla natura: la prima parte del libro è infatti dedicata al riconoscimento e al reperimento dei materiali, in modo che ognuno possa conoscere i vari tipi di salice utili per l’intreccio o il periodo migliore per raccogliere le canne o i rami di vitalba. Il volume si chiude fornendo gli indirizzi delle associazioni e dei cestai in Italia e dei principali eventi internazionali, a dimostrazione che questo sapere antico è ancora vivo e ricco di spunti anche per la nostra contemporaneità. Fotografie di Enrica Magnolini.

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