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Il compost dei Templari

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Ci sono numerosi modi di compostare la sostanza organica, quello ideato da Jean Pean è particolarmente indicato per utilizzare le ramaglie del sottobosco conosciuto come il “Compost dei Templari”…
Tra le numerose conoscenze tramandateci da Jean Pain (vedi il libro L’orto senz’acqua), vi è anche un interessante metodo di compostaggio, denominato il «compost dei Templari». È difficile capire in che modo i templari abbiano scoperto le qualità eccezionali dell’humus vivus, ma è molto probabile che sia stato un percorso simile a quella di Fukuoka, Hazelip, Mollison e dello stesso Jean Pain. Tutta gente, un po’ monaca un po’ guerriera, che grazie alla grande capacità d’ascolto, ha saputo prendere insegnamento da quello che avviene in natura.
I Templari devono aver intuito, al di là dei processi biologici a loro sconosciuti, l’importanza dell’humus per la fertilità del terreno. «Dobbiamo fare del nostro meglio – sosteneva Jean Pain – per mettere in pratica gli insegnamenti del bosco. La terra si nutre soprattutto di materia vegetale. Quando è verde è ancora viva. È così che dovremmo usarla se possibile, per preparare il compost. Restituendo a un terreno, anche se povero ed esausto, la sostanza organica compostata, esso ridiventerà fertile e adatto alla coltivazione. Dal più piccolo filo di paglia alla gigantesca sequoia, tutte le piante si trasformano in humus. Il compost ottenuto dal sottobosco apporta al terreno allo stesso tempo nutrimento e struttura. L’alimento fondamentale del suolo è l’humus vivo».

Materia prima

Quando Jean Pain sfoltiva il sottobosco per proteggerlo dagli incendi, raccoglieva la grande varietà di specie arboree ed erbacee che costituisce la straordinaria biodiversità della macchia mediterranea: leccio, pino, erica, timo, rosmarino, lavanda, santoreggia, scopa, ginepro, lentisco, ginestrone, filaria, diverse varietà di euforbia (Buxacease), ginepro fenicio, felci, dafne, ruta, salsapariglia, ecc. Il segreto del suo compost è tutto qui. Un processo che non fa altro che accelerare quello che avviene in natura, mettendo così in pratica uno dei principi fondamentali della permacultura.
C’è solo una restrizione: il diametro dei rami non deve sorpassare gli 8 mm. Questo significa che si utilizzeranno per il compost solo rami e rametti, che fra l’altro sono più teneri e meno legnosi e dunque si decompongono prima. Ricordiamo che l’intento della pulizia del bosco non è quello di ridurre la «cintura verde», ma di farla meno densa e quindi meno soggetta agli incendi.

Ammollo

È essenziale che tutta la materia organica destinata al compost venga ben impregnata d’acqua. A questo scopo, Jean Pain suggerisce di utilizzare una grande vasca, al cui interno si può mettere a bagno il materiale decespugliato, zavorrando la superficie con grandi pietre. Poi si riempie il tutto d’acqua e si lascia a bagno per uno o più giorni, secondo il diametro dei rami più grandi.
Quindi si estrae il materiale (i residui vegetali debbono essere ben impregnati d’acqua in profondità, non semplicemente umidi!), si scola molto bene (sopra la vasca per risparmiare acqua) e si comincia ad ammucchiare il materiale per terra, pressandolo bene con il forcone.

Il cumulo

Per iniziare ad allestire un cumulo è necessario avere a disposizione circa 4 metri cubi di residui vegetali (questo è il volume minimo per assicurare al compost un’adeguata fermentazione), da cui dopo circa 111 giorni, si ottengono circa due tonnellate di compost.
Dopo tre settimane, quando quello che Jean Pean chiama il «primo cumulo» risulta notevolmente ridotto di volume, si può iniziare il compostaggio vero e proprio. Con il forcone, tenendo i denti rivolti in giù, si batte il bordo del cumulo dall’alto verso il basso, quasi si trattasse di «cardare», spezzettando ulteriormente i residui vegetali.
A questo punto la sostanza organica ha decisamente cambiato aspetto, assumendo una colorazione marrone e un odore acidulo, e al contatto con le mani risulta leggermente tiepida, segno che la fermentazione è cominciata.
Siamo così arrivati alla fase più importante del processo di compostaggio: la preparazione del secondo cumulo. Jean Pean, da buon svizzero, raccomanda il rispetto scrupoloso delle dimensioni!
Il cumulo perfetto dovrebbe avere una sezione a triangolo equilatero di 2,20 m di base e 1,60 di altezza (in realtà per essere perfettamente equilatero, il triangolo dovrebbe avere una base di 2,20 e un’altezza di 1,90). La lunghezza dipende della quantità di materiale che si è preparato. Con l’aiuto di una sagoma in legno, depositando strato su strato, questa volta senza pressare, si eleva il cumulo, avendo cura di distribuire ogni volta i residui vegetali lungo l’asse centrale.
Una volta raggiunte le dimensioni volute, sempre senza pressare, si copre il cumulo con uno strato di 2 cm di sabbia o terra, o anche di vecchio compost. Nello strato più esterno ripongono alcuni grossi rami a mo’ di capanna, per proteggere il cumulo dagli agenti meteorici. Se tutto è stato realizzato correttamente, i giorni successi, il cumulo comincerà a fermentare, raggiungendo gradualmente nel suo centro temperature notevoli, fino a 75 °C.

Il compost

Sono necessari circa 90 giorni di fermentazione aerobica prima che il compost sia pronto per l’uso e fino al quel momento bisogna tenerlo ben coperto. Trascorso questo tempo, se si fa un taglio nel cumulo, si può notare come la materia vegetale abbia subito una decomposizione batterica sufficiente per poter essere distribuita in superficie.
Questo non vuol dire che bisogna utilizzare il compost a tutti i costi; se si copre bene con rami e paglia, sarà sufficiente lasciar passare qualche mese per avere del terriccio maturo, ideale per la semina in semenzaio o in vasetti.
In questo caso, bisognerà però rivoltare il cumulo un mese prima della data in cui si intende utilizzarlo. Per sapere se il compost è pronto ad essere utilizzato come terriccio di semina, basta una semplice prova: si tratta di prelevare dal cumulo uno dei frammenti di legno più grandi e schiacciarlo tra le dita. Se non si sminuzza è segno che il compost non è sufficientemente maturo. Bisogna dire che Jean Pain utilizzava soprattutto compost di 3 mesi e 3 settimane, distribuito soltanto in superficie (sopra il terreno), mai interrato.
Questo per evitare quello che lui chiamava un «blocco»: «Introdurre materia cruda, obbliga il terreno ad usare tutta la sua energia per digerirla, assorbirla e decomporla, a spesa delle piante che vorremmo far crescere. Peggio ancora: non essendo il compost digerito in egual misura sottoterra e in superficie, il terreno ne patirà negli anni seguenti».
Ancora una volta Jean Pain sembra rispettare fedelmente quello che avviene in natura: in un bosco, la sostanza organica decomposta non viene interrata, ma si deposita in superficie. Grazie a queste semplici regole, il nostro geniale svizzero sviluppò numerose applicazioni per utilizzare al meglio le proprietà del compost con cui, oltre a fertilizzare il terreno, riscaldava la casa e le serre, alimentava il trattore e la sua 2 Cavalli. Chapeau! Monsieur Pain!

Articolo tratto dal mensile Terra Nuova

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