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“A passo d’uomo”, in un film il potenziale spirituale e benefico della natura e della meditazione

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A passo d’uomo” è un film francese, drammatico e intenso, è il ritratto commovente di un uomo, Sylvain Tesson, che prende in mano la sua vita e impara a conoscere il reale potenziale spirituale e benefico della natura, della meditazione e della self-awareness. Il tutto, immerso nella sconfinata natura francese. 
“A passo d’uomo”, in un film il potenziale spirituale e benefico della natura e della meditazione
A passo d’uomo” è un film francese, drammatico e intenso, è il ritratto commovente di un uomo, Sylvain Tesson, che prende in mano la sua vita e impara a conoscere il reale potenziale spirituale e benefico della natura, della meditazione e della self-awareness. Il tutto, immerso nella sconfinata natura francese. Ne parliamo con la Wanted Cinema che distribuisce il film in Italia.
“A passo d’uomo” è un inno al potete trasformativo della natura, almeno stando alla storia che racconta. 
«È così infatti. Ma prima ancora del potere trasformativo della natura è l’istinto di sopravvivenza a fare da motore dell’azione nell’intenso film diretto da Denis Imbert. Il protagonista della vicenda è un uomo di mezza età, un europeo medio, che è arrivato a un punto morto della propria esistenza. Un individuo azzerato, che può mollare gli ormeggi e andare alla deriva, oppure cercare faticosamente una vita di rinascita. È a questo punto che il personaggio splendidamente interpretato da Jean Dujardin (premio Oscar per “The Artist”) affida se stesso alla Natura. Ovvero riporta il proprio corpo e la propria identità a un passato arcaico, in cui un essere umano deve sopravvivere alla pioggia, al vento, alla fatica. Così facendo si ripulisce a poco a poco dalle tossine della vita metropolitana, riparte da quel grado zero in cui è caduto e ritrova lentamente se stesso attraverso il cammino, nel contatto con la vegetazione, con il terreno, con le intemperie, ovvero tutto ciò che chiamiamo appunto natura, ma anche nell’incontro autentico con altri esseri umani, che trova sul suo cammino». 
Cosa ha spinto Sylvain Tesson a compiere la scelta che racconta nel film?
«Il francese Sylvain Tesson (nato nel 1972) è uno dei più autorevoli scrittori contemporanei a praticare quel genere difficile ed estremamente interessante che viene definito auto-fiction. Ovvero una narrazione che parte da vicende personali, vissute realmente dall’autore che ha la maestria letteraria di elevarle a un livello universale. Seguendo questo schema Tesson ha avuto il coraggio di raccontare una propria profonda crisi esistenziale e la sua difficile via d’uscita. Il film riporta fedelmente quanto avvenuto allo scrittore che, preda della propria dipendenza alcolica, è stupidamente caduto da una finestra per una bravata durante una festa con gli amici. Un momento di leggerezza e la morte sfiorata hanno cambiato in un attimo la sua psiche. È a questo punto – mentre i medici gli prescrivevano mesi di riposo e lenta, non garantita riabilitazione – che scatta qualcosa nella sua mente. Il protagonista lascia l’ospedale e si prefigge un obbiettivo apparentemente folle: percorrere a piedi, in diagonale, tutto il meraviglioso territorio del suo paese, la Francia, anche se a fatica riesce a mettere un piede dietro l’altro». 
Quale il messaggio che se ne può ricavare? E come tocca il cuore e le corde emozionali dello spettatore?
«Date le premesse che abbiamo detto, il cosiddetto “messaggio” del film è un richiamo alla necessità di una presa di coscienza rispetto alle implicazioni profonde del nostro stile di vita. Quello di Tesson è certamente un caso limite, che però permette a ogni spettatore di identificarsi e di domandarsi cosa potrebbe succedere in un momento di perdita di controllo e incoscienza, di interrogarsi sulle imprevedibili conseguenze di un eccesso di sicurezza. Come ci saremmo comportati nei panni del protagonista? Avremmo avuto quella forza, quella capacitò di reazione positiva? Tutto questo crea un forte coinvolgimento emozionale, tanto che molti spettatori di “A passo d’uomo” escono in lacrime dalla proiezione, oppure con un sorriso sornione. Il bello del film è che lascia una porta aperta a ciascuno – uomo o donna, ragazzo o adulto – per dare la propria risposta. O per parlarne con gli amici. Il valore aggiunto è la meraviglia di uno scenario naturale che incanta ad ogni passo e che ci offre davvero il potere salvifico della bellezza».

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