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Fuori Visioni

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Il racconto di Fuori visioni a Piacenza, un festival d’arte contemporanea interattivo, che punta a far riscoprire le proprie sensazioni. Contro l’anestesia della televisione…
Il 2-3-4 settembre si è svolto a Piacenza Fuori Visioni, il Festival di arte contemporanea ideato e promosso da giovani artisti con l’obiettivo di accompagnare lo sguardo dei partecipanti oltre i confini segnati dalla comunicazione tradizionale per un’esperienza sensoriale ed introspettiva attraverso le varie forme artistiche.
“Fuori dal sistema dell’arte oggi c’è tutto un non detto, un non visto e un non raccontato che continua ad essere messo da parte. Da questo nasce l’iniziativa, accompagnare lo sguardo ad altro attraverso orizzonti diversi e tematiche lasciate ai margini dell’informazione” dice Carolina Moncaleano di Quantic Art, l’associazione promotrice del Festival che si occupa di arte e di organizzazione di eventi.
Arrivato alla sua seconda edizione, Fuori Visioni ha lo scopo di concretizzare l’immaginario contemporaneo in cui siamo immersi e mettere in dialogo tra loro diversi punti di vista.
I partecipanti sono stati invitati ad intraprendere un personale viaggio costituito da luoghi, suggestioni ed opere scelte ad hoc con lo scopo di dare voce ai giovani artisti e rivivere allo stesso tempo la città. Dall’arte al design, dall’architettura alla danza, in questi tre giorni gli spettatori sono diventati i veri protagonisti del Festival dando vita ad una comunità. “La televisione ci propone ogni giorno dei messaggi: violenza, sesso, odio. Siamo ormai anestetizzati dal punto di vista emozionale – aggiunge Carolina – Il nostro Festival vuole semplicemente suggerire, offrire delle suggestioni e lasciare che lo spettatore provi a percepirle e rielaborarle a suo modo.” 
“L’interpretazione delle opere è libera, ma è facile accorgersi che gli artisti hanno voluto raccontare la violenza contro gli essere viventi attraverso l’immagine dei bachi da seta, parlare di fragilità con una semplice tela bianca puntinata e ancora, trattare di confini, un argomento oggi, attuale più che mai, con la delicatezza delle ampolle che contengono le acque raccolte in diversi punti del Mar Mediterraneo.”
L’iniziativa, che si è svolta tra Palazzo Ghizzoni Nasalli, la biblioteca Passerini Landi e la chiesa San Cristoforo, ha coinvolto i passanti attraverso svariati workshop di pittura. “Parlarsi dipingendo, il workshop che ho proposto, ripercorre l’arte relazionale ideata negli anni ‘90 con l’obiettivo di coinvolgere il pubblico. I partecipanti sono stati suddivisi in coppie e in mezz’ora hanno dovuto comunicare dipingendo” spiega Eric De Paoli, artista trentenne di Milano. ”Tra le regole, bisogna infatti stare rigorosamente in silenzio e su fogli diversi affrontare tre filoni: il primo sono chiacchiere in libertà, il secondo è un argomento a loro scelta, sempre senza che se lo siano anticipati a parole, e il terzo tema è l’armonia.”
L’arte si rivela così un canale d’espressione molto più semplice e diretto di qualsiasi altro linguaggio sostituendo alle parole, colori, sfumature, luci ed ombre.
“Ogni volta che ripropongo questa esperienza rimango stupito – dice Eric – non solo perché il quadro finale è una vera e propria opera d’arte, ma perchè l’arte si riconferma uno dei tanti linguaggi che gli uomini hanno a disposizione per comunicare.”
A Fuori Visioni l’espressione artistica diventa anche terapia attraverso l’esposizione delle numerose opere di pazienti con fragilità che lavorano nell’associazione Fuori Serie che, nel suo quotidiano, si occupa di riqualificazioni di spazi interni ed esterni. “Abbiamo diverse collaborazioni con committenti sia privati che pubblici, com’è il caso del reparto infantile dell’ospedale di Piacenza dove abbiamo fatto delle decorazioni per abbellire gli spazi” dice Alessia Di Nunzio. “Spesso facciamo lunghe passeggiate nei boschi per recuperare i materiali da utilizzare per i nostri lavori. La pittura è la forma d’arte a cui ricorriamo più di frequente e all’interno dell’associazione viene utilizzata anche come terapia. Accanto agli arteterapisti che forniscono uno strumento per esprimersi, rilassarsi e sfogarsi, ci sono poi gli psicologi che si occupano della cura vera e propria.
Accanto ai ricordi di Alessia di Nunzio, impressi su una lunga trama di organza cucita e incollata con memorie personali, ci sono i quadri di Massimo Castellani attraverso i quali tra uomini bestiali, animali antropomorfizzati e una continua deformazione dei soggetti rappresentati si comprende il disagio nei confronti di un mondo standardizzato che non lascia spazio a idee e visioni diverse.
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