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Il conflitto tra donne: intervista a Sofie della Vanth

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Secondo la ricercatrice Sofie della Vanth, che da anni lavora sull’argomento, la relazione conflittuale fra le donne a cui spesso assistiamo non è qualcosa di casuale, ma il risultato di un malessere che trova le sue radici nella società patriarcale e in una cultura poco accogliente verso il genere femminile. Ma gli strumenti per superarlo ci sono e possono creare un impatto significativo nel mondo in cui viviamo. Ce lo racconta in una intervista.
Scrittrice, ricercatrice, contadina: Sofie della Vanth è oggi un punto di riferimento in Italia del lavoro sulla relazione conflittuale fra donne e le implicazioni che questa trova a livello sociale.
Il suo percorso è iniziato in Germania, di cui è originaria, negli anni ’90, sotto la guida di Ute Schiran e Runa Arun, promotrici di una spiritualità sciamanica, che attinge cioè ad una connessione profonda e integrata con l’ambiente, imperniata sui principi del femminismo e di un’analisi radicale della società.
Utilizzando un approccio personale che nasce da anni di ricerca nell’ambito della spiritualità femminile e della comunicazione non violenta e empatica, Sofie propone, in tutta Italia e in particolare nel Chianti, presso la comunità di donne Le Campate che ha contribuito a fondare, seminari e incontri per riconoscere e superare le coordinate in cui il conflitto si svolge. Il suo lavoro parte dal presupposto che per questo scopo sia importante modificare a un livello profondo la cultura in cui viviamo a partire dal proprio comportamento relazionale.
Sofie, come è nata la tua ricerca sul conflitto tra donne?

Tutto è iniziato quando, anche ispirata dalla formazione che feci con Ute Shiran, mi sono resa conto di quanto il conflitto fra le donne non solo fosse presente intorno a me, ma anche nella mia vita: ne ho sofferto terribilmente e ho capito di avere una grande responsabilità nel rendermi in questo parte attiva. Allora ho iniziato a guardarmi meglio e a immaginare come potevo osservare in un’altra chiave anche le situazioni che mi circondano, rendendomi conto che il conflitto non è casuale, ma il sintomo di una scissione fra le donne che è sistemica e che ha una radice politica nel modello di società patriarcale.

Quindi non è naturale che avvenga come ci hanno abituato a pensare…
No. Bisogna essere molto cauti nel definire l’uomo e la donna secondo degli stereotipi: viviamo in una situazione di perenne scarsità e paura, di necessaria lotta per la sopravvivenza che deriva da una disconnessione dalla fonte della vita, dalla terra. Come donne il nostro universo spirituale di risorse esistenziali è stato ridotto a fino ad essere totalmente subordinato a quello maschile. Siamo state abituate a concorrere per l’approvazione e l’accettazione, in una modalità in cui la solidarietà femminile, la nostra sensualità espansa, non hanno spazio, sono coperte di tabù e di disprezzo. Questo succede perché a livello storico abbiamo imparato che connetterci con il nostro sapere naturale è mortale, come anche fidarci di altre donne, e ci è rimasto il modello umano maschile come cornice di orientamento. Il periodo della caccia alle streghe, in particolare, va fatto emergere come un terribile vissuto collettivo per donne e per uomini, che ha lasciato segni profondi ancora oggi visibili. Questo è assolutamente fondamentale per le donne, affinché ritrovino la propria forza. Le ferite, come quelle derivate dalla nostra storia, vanno accolte in quanto serbatoi di immensa potenza, di forza vitale imprigionata, e questo è un lavoro che possiamo fare soltanto nel cerchio delle donne, secondo me.
In che modo attraverso il cerchio e la comunicazione non violenta le donne possono ritrovare la loro unione?
Nel cerchio la connessione fra donne si attiva immediatamente ad una frequenza in cui è possibile trasmettere il dolore, i ricordi inconsci che non hanno avuto modo di emergere e di manifestarsi. In questo contesto è più facile tematizzare insieme la situazione di grande povertà culturale, emotiva e spirituale che stiamo vivendo. Lo scatto che propongo nel lavoro sul conflitto fra le donne è di riconoscere quanto stiamo vivendo tutte la stessa cosa, e che possiamo, invece di farci la guerra e accusarci a vicenda, farne una ricerca condivisa. È un approccio completamente diverso da quello che viene insegnato nella cultura attuale, che spinge a riconoscere le nostre responsabilità rispetto a quello che ci succede nella vita. Quando compio questo passo, anche se a volte può essere molto scomodo, ho il potere di cambiare. Questo è anche il principio alla base della comunicazione empatica di Rosemberg, che propone di parlare dal nostro punto di vista, di come ci sentiamo in una relazione, piuttosto che accusare l’interlocutore su ciò che secondo noi è sbagliato.
Ci puoi raccontare che tipo di lavoro specifico svolgi nei tuoi incontri sul conflitto fra donne?
Io offro degli incontri teorico esperienziali rivolti alle donne in cui propongo di esaminare il conflitto a livello culturale, sociale, politico e spirituale. Da questa prima discussione iniziano ad emergere le storie personali delle partecipanti e in base a ciò che esse portano propongo delle pratiche attingendo dalla mia esperienza nell’ambito della spiritualità femminile e dello sciamanesimo, cioè cercando una comunicazione che vada oltre il livello materiale. Non è nulla di enigmatico, è semplicemente che non abbiamo più dimestichezza con quel tipo di comunicazione, ma è una cosa molto accessibile. Il campo di sole donne poi fa già fa la sua parte, come dicevamo, attivando e facendo emergere delle cose. Lo scopo di questa esclusività è quello di riallenarci al nostro sapere intrinseco per essere al servizio del benessere di tutti. E’ un passo indispensabile che non possiamo saltare, anche per avere delle buone relazioni con gli uomini, ecco perché non devono sentirsi esclusi.
Come vedi la situazione storica attuale e cosa auspichi che succeda nel futuro perché le relazioni migliorino?
Mentre 20 anni fa mi sentivo piuttosto solitaria in questo percorso, oggi vedo molta gente che sta cambiando attraverso il lavoro personale. Sento che c’è una rivoluzione in atto nei tanti movimenti per la terra, per l’agricoltura naturale, per la comunicazione non violenta, nelle comunità che sperimentano la convivenza. E nonostante le informazioni terrificanti che ci sono, in tutto il mondo le donne stanno riprendendo la tradizione di camminare insieme, determinate, divertite, serene, sensuali. Ormai è chiaro che questa è la via che ci porterà a riacquisire quel potere che ci rende protagoniste di un cambiamento cruciale per tutti. Anche molti uomini fortunatamente lo hanno capito e sostengono le donne in questo processo così determinante per le sorti della comunità. Se noi donne ci mettiamo in connessione, riconoscendo l’importanza del nostro potere, il patriarcato, con il suo modello basato sulla gerarchia e sul totale distacco dalla terra, non avrebbe più nutrimento e crollerebbe in pochissimo tempo.
Per conoscere le attività, gli incontri e i seminari tenuti da Sofie della Vanth:
Sofie della Vanth è autrice del libro Il conflitto fra le donne, esplorazione di un tabù sulla traccia del suo dono.

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