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Il nostro paradiso personale

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Non sei felice della tua vita? Situazione economica? Felicità significa possesso di beni materiali? Siamo tutti alla ricerca del nostro paradiso personale… e se cambiassimo paradigma di riferimento?

Il nostro paradiso personale

La maggior parte di noi è scontenta della propria vita e convita che la responsabilità del proprio malessere profondo risieda in una qualche mancanza di natura materiale, relazionale o all’inadeguatezza dell’attuale quadro politico-sociale. In altre parole siamo abituati a collegare la nostra felicità al possesso di beni materiali, a ricompense provenienti da persone e più in generale a condizioni sociali esterne.
Sul piano politico questa idea ha dato luogo all’attesa del “sol dell’avvenire”, evento rivoluzionario che tutto d’un botto avrebbe dovuto trasformare le nazioni in società felici e solidali. Prima ancora delle dottrine politiche, del concetto si sono impossessate le principali religioni monoteiste attraverso l’idea salvifica del paradiso, luogo di “perfetta letizia ove andranno i giusti dopo la morte”. Una pressione su più fronti, la cui conseguenza è stato il trionfo dello status quo, l’accettazione dell’infelicità del presente nell’attesa di un futuro paradisiaco di là da venire.
E se invece la ricetta per una vita più soddisfacente fosse legata, come suggerisce Deepak Chopra alla capacità di creare, qui e ora, il nostro paradiso personale? Si tratta di prendere in mano la nostra vita, le nostre responsabilità e abbracciare l’idea che “quanto più si è abili nel costruire la propria realtà personale, tanto più si potrà raggiungere una felicità permanente”. E siccome viviamo in una dimensione spiccatamente sociale, è inevitabile che il nostro “paradiso personale” dovrà per forza di cose essere condiviso, interconnesso e inclusivo.
Fino ad oggi, più che paradisi il genere umano è stato molto diligente nel creare un inferno in Terra, fatto di guerre, ingiustizie, malnutrizione, migranti in fuga dalla povertà, metropoli invisibili, fiumi deviati, pianure cementificate e foreste disboscate. La capacità distruttiva del genere umano è tale che i cronogeologi hanno denominato l’era attuale Antropocene, caratterizzata dall’inedita supremazia dell’uomo sui fattori naturali.
Per passare dall’Antropocene al paradiso di Chopra, il passo obbligato è l’abbandono della visione antropocentrica e tecnocratica e la riconnessione con la Natura. Sul piano individuale si tratta di distinguere i nostri bisogni autentici da quelli indotti, la ricchezza dell’essere da quella dell’avere.
Su un piano più generale si tratta, come afferma Leonardo Boff, di sintonizzare le attività umane con le altre forze del Pianeta e dell’Universo, per raggiugere un equilibrio creativo in grado di garantire un futuro comune. Si tratta di immaginare un nuovo modo di produrre, consumare e distribuire la ricchezza, per dare un significato al nostro passaggio in questo mondo.
Un paradiso in terra, quello che Brian Swimme, uno dei maggiori astrofisici viventi, ha suggerito di chiamare Ecozoico, proprio per indicare l’era in cui tutte le attività umane siano finalmente indirizzate a preservare il capitale naturale e soddisfare le necessità di tutta la comunità vivente, presente e futura.
Editoriale a cura di Mimmo Tringale, tratto dal mensile Terra Nuova Novembre 2013.

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