L’anima in giardino: psicosofia sinergetica e coltivazione di sé
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«Qual è il ponte che collega il giardino e l’anima nella visione della psicosofia sinergetica? Il giardino è metafora della nostra anima e la psicosofia sinergetica è lo spazio in cui fare pratica di giardinaggio animico. Avere un giardino, o delle fioriere sul terrazzo, o anche un solo vaso sul davanzale della finestra, ci dimostra ogni giorno che le piante, per vivere e crescere, hanno bisogno di essere accudite, così anche il nostro giardino interiore ha bisogno di acqua, di nutrimento, di luce e di aria. Ha bisogno che ce ne prendiamo cura – scrive la dottoressa Grassi – Possiamo prendendoci cura del terreno della nostra anima in molti modi, a seconda delle necessità del momento di vita: liberandola dalle erbe “vagabonde” che hanno conquistato i nostri terreni interni abbandonati, smuovendo le nostre zolle inaridite dalla mancanza di nutrimento, consolidando i bordi ceduti del nostro spazio, preparando con pazienza il nostro terreno per la semina o la piantagione, concimando e fertilizzando con il materiale di scarto maturato, annaffiando con delicatezza i nuovi germogli, sorreggendo con i tutori le nuove e delicate piantine, potando i rami ormai secchi e poi infine potendosi sedere ad ammirare la bellezza della vita in tutte le sue manifestazioni».
«Quando accolgo una persona nella mia stanza di lavoro, è come addentrarsi insieme in un giardino segreto in cui l’anima può “nascondersi, perdersi e ritrovarsi”. Il mio intento come psicosofa è offrire un “giardino” dove l’anima possa trovare dimora, dove sia possibile praticare la coltivazione di sé, germogliare nella propria intenzionalità e sbocciare alle possibilità. Uno spazio e un tempo dove prendersi cura della propria natura – spiega ancora la dottoressa Grassi – In un giardino segreto c’è, quasi sempre, un ingresso da varcare, un cancello da socchiudere, una siepe che protegge i confini, una fontana per rinfrescare, una panchina su cui riposare, grotte e anfratti da esplorare, alberi sotto cui distendersi, fiori da ammirare e cogliere, terreno incolto da lavorare e terreno lavorato da seminare. E tutte le volte la sorpresa e la meraviglia di avere accesso a tale fertile espressione della natura umana, mi induce a aspettare con paziente fiducia che si manifesti il genius loci, lo spirito del luogo, che mi guiderà nell’esplorazione».