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Lattuada: «Essere se stessi, essere liberi»

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In una società e in un sistema che impongono ed esigono sempre più omologazione, le persone rischiano di non riconoscersi più, di perdersi o ignorare chi sono veramente e quindi si frustrano nell’incapacità di esprimere il loro vero io. «La biotrasenergetica può aiutare a riacquistare consapevolezza» spiega il dottor Pier Luigi Lattuada, medico e psicoterapeuta, presidente di Om, associazione per la medicina e la psicologia transpersonale, e direttore della Società italiana di biotransenergetica.
«La prima cosa che dovremmo ricordare è che una società è fatta da persone e che l’omologazione può realizzarsi solo con la complicità tra omologatore e omologato e ciò avviene attraverso la delega. L’essere umano sembra essere cosi spaventato dalla responsabilità da essere disposto a tutto pur di sottrarsi alla sua morsa – spiega Pier Luigi Lattuada –  Ma questa paura nasce da una cattiva conoscenza della vera natura della responsabilità, che deriva dal latino respondere (rispondere, composto da re, indietro, e spondere, promettere) più il suffisso bile che indica facoltà, possibilità. La parola indica pertanto l’attitudine a rispondere e non, come spesso la gente crede, qualcosa legato al dovere o alla colpa. Ma com’è possibile che si sia dato luogo a una simile mistificazione, a una simile illusione collettiva? È qui che possono entrare in gioco discipline come la biotransenergetica che ci insegnano a padroneggiare la nostra esperienza interiore e i relativi stati di coscienza. Nessuno può riconoscersi o esprimere il proprio vero io senza essere in contatto con esso; e per farlo bisogna rivolgersi al proprio interno. La biotransenergetica ci insegna a rivolgerci dentro, a prendere rifugio nel Sé, come direbbero i buddisti. La buona notizia è che il Sé non va cercato, costruito, raggiunto, ma, in quanto vera natura, è ciò che rimane quando lasciamo andare tutto il resto».
Qual è il percorso che la biotransenergetica propone?
«È un sistema molto vasto di mappe, modelli e pratiche ma volendo sintetizzare possiamo citare quelli gli otto pilastri della trasformazione. Essi ci insegnano a: osservare invece di pensare; sentire come, invece di capire perché; restare invece di andare via; accettare invece di combattere; affidarsi invece di controllare; vedere fatti non problemi; alleati non sintomi; responsabilità invece di delega. Gli otto pilastri ci guidano in un percorso di graduale riconoscimento dei falsi bisogni cui il mondo esterno incessantemente ci sottopone e di scelta consapevole delle risorse che il nostro mondo interiore ci mette a disposizione. Così facendo, potremo renderci conto della ricchezza e della saggezza del nostro Sé e impareremo a far affiorare dal silenzio la voce del nostro maestro interiore. Una voce che per farsi ascoltare non chiede altro che di essere scelta, riconosciuta oltre il rumore dei giudizi e le nebbie degli attaccamenti».

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