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A scuola di libertà

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Si moltiplicano le critiche verso la scuola “Ufficiale” rimproverata di non ascoltare i bisogni dei bambini soffocandone i talenti. Leggi la versione completa dell’articolo
A scuola di libertà: la versione completa dell’articolo è disponibile al termine della pagina alla voce “allegati”, dove rendiamo fruibile per tutti la lettura integrale del testo caricato in pdf.
Ecco una breve anticipazione dell’articolo “A scuola di libertà”:
I figli vanno a scuola, sì per essere educati, è così che ci hanno insegnato. Eppure, in questa semplice asserzione, a ben guardare, ci si può scovare una contraddizione di fondo.
Ex ducere significa tirare fuori ed è da lì che deriva educate. Quindi, teoricamente, la scuola per educare dovrebbe tirar fuori dai bambini. Cosa?
Qualità, talenti, predisposizioni, intuiti, vitalità, curiosità, voglia di imparare e quant’altro un bambino, nella sua infinitezza, possa riservare.
La scuola che ingabbia
Ma poi c’è il dizionario moderno, quello che a scuola si usa per imparare il significato dei termini, quello che ti fornisce il metro per misurare ciò che la parola rivela ma anche ciò che nasconde. E qui educare assume il significato di “portare metodicamente a un conveniente livello di maturità sul piano intellettuale e morale”. Nelle scuole convenzionali avviene questo: l’insegnante, superiore per gerarchia, preparazione e maturità all’alunno, insegna “convenientemente” contenuti e modi, fornisce nozioni e condensa esperienze di altri in un Bignami da imparare, da assorbire. Dunque mette dentro anziché tirare fuori.
Poi c’è la ripetizione: i contenuti sono sempre uguali a se stessi, che si ripetono negli anni, forniti schematicamente da programmi ministeriali al di fuori dei quali è vietato andare, perchè poi c’è chi inventa le prove Invalsi per vedere se si sono insegnate le stesse cose a tutti, nello stesso modo e garantendo il raggiungimento degli stessi standard. Così si potranno bocciare non solo gli allievi, ma anche chi ha fallito nell’educarli convenientemente.
Insomma, si focalizza il lavoro solo su alcune capacità, solo su alcune aree. Ne esce una conoscenza settorializzata, un apprendimento preconfezionato, poichè lo sguardo è parziale. Poi si confronta il soggetto con una scala standard e lo si misura, malgrado ciascuno sia unico e irripetibile. Si cerca un numero, un voto per giudicare e misurare, ma sarà poi questo che definisce le qualità di una persona?
Così ci sono vincitori e vinti e ogni volta che qualcuno perde si sente inferiore. Ma è l’individuo che fallisce o forse il sistema che non funziona? Le alternative esistono, funzionano e sempre più persone sembrano avvicinarvisi… (continua a leggere l’articolo dal pdf allegato al termine della pagina).
L’articolo “A scuola di libertà” è stato pubblicato nella rivista cartacea Terra Nuova Marzo 2013, anche come eBook.

 

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