In ambito scientifico prevale ormai la rincorsa al prestigio personale e alla carriera e spesso i riconoscimenti maggiori arrivano grazie ai lavori più appariscenti. Tutto ciò favorisce gli interessi dei singoli. Una riflessione sulle parole del biologo Randy Schekman.
In ambito scientifico prevale ormai la rincorsa al prestigio personale e alla carriera e spesso i riconoscimenti maggiori, anche in termini economici, arrivano grazie ai lavori e alle ricerche più appariscenti, non quelli migliori. Tutto ciò favorisce gli interessi dei singoli, non certo gli interessi del progresso scientifico e della collettività. È questo, in sintesi, il messaggio che Randy Schekman, biologo cellulare e vincitore del premio Nobel per la medicina, lanciava già nel 2013 su The Guardian1. Oggi, alla luce delle tante critiche sull’effettiva qualità della ricerca, quell’analisi appare profetica e attualissima.
Tutti rincorrono la pubblicazione sulle riviste più prestigiose, soprattutto Nature, Cell e Science, dice Schekman. «Riviste patinate che si suppone siano l’incarnazione stessa della qualità», che si pensa pubblichino solo il meglio della ricerca. Ma la loro reputazione è giustificata solo in parte. «Queste riviste curano in maniera aggressiva il loro brand» e utilizzano modalità tese a favorire «molto di più la vendita degli abbonamenti che non invece a stimolare le ricerche più importanti».
«Come i fashion designer che creano borse e abiti in edizione limitata, queste riviste sanno bene che la scarsità genera richiesta, quindi restringono in modo artificioso il numero di studi che accettano» prosegue Schekman. «I brand esclusivi acquistano valore grazie a un trucchetto geniale chiamato “impact factor”, una sorta di punteggio che misura il numero di volte che gli studi pubblicati da queste riviste vengono citati da ricerche successive. Secondo la teoria in auge, gli studi migliori vengono citati più spesso, quindi le riviste migliori vantano i punteggi più alti. Ma questo è un metro profondamente sbagliato», è una modalità che in sostanza danneggia la scienza. Ormai per una ricerca la regola è «essere giudicata sulla base dell’impact factor della rivista che ne ospita la pubblicazione, ma siccome quel punteggio è una media, dice
molto poco sulla qualità di ogni singolo studio. Uno studio può risultare molto citato perché è buona scienza, oppure perché salta agli occhi, o perché è provocatorio, oppure perché è sbagliato.
I direttori delle riviste scientifiche prestigiose lo sanno bene ed è per questo che accettano studi che alzano polveroni, perché magari si occupano di argomenti piccanti o perché si lanciano in affermazioni provocatorie. E ciò influenza la scienza che gli scienziati producono». Vengono, di conseguenza, scoraggiati i lavori importanti. In casi estremi, la lusinga della rivista prestigiosa «può incoraggiare le scorciatoie e contribuire all’aumento di studi che poi vengono ritrattati per i loro errori o riconosciuti come fraudolenti».
C’è però, secondo Schekman, un modo migliore di «fare la scienza». Va trovata in quella nuova tipologia di riviste open-access che tutti possono leggere gratuitamente e che non hanno abbonamenti costosi da pubblicizzare. Sono nate sul web ed accettano tutti gli studi che rispondono a determinati standard qualitativi, senza vincoli strumentali. Molte sono pubblicate da scienziati in grado di valutare le ricerche che effettivamente sono di valore, senza dipendere da altri fattori.
Anche i finanziatori degli studi e le università possono giocare un ruolo importante in tutto questo: «Devono dire alle commissioni che decidono su sovvenzioni e ruoli di non giudicare gli studi sulla base della rivista che li pubblica. È la qualità della scienza che deve importare, non il brand editoriale. Inoltre, noi scienziati dobbiamo agire attivamente». E qui Scheckman, dopo avere ammesso di aver pubblicato lui stesso su riviste prestigiose, afferma che non sarà più così: «Ho dato mandato alla commissione che fa capo al mio laboratorio di evitarle e incoraggio gli altri a fare altrettanto».
«La scienza deve spezzare questa tirannia» conclude. «Il risultato sarà una ricerca migliore che servirà meglio sia la scienza che la società».
Note1. «How journals like Nature, Cell and Science are damaging science», The Guardian –
https://goo.gl/yhnnNF
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