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Coltiviamo la bibliodiversità

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 Il prossimo 12 maggio prenderà il via a Torino il Salone del Libro, la principale vetrina dell’editoria italiana, importante momento di confronto e dibattito tra gli operatori e gli esperti del settore. A sfogliare il ricco programma di incontri e conferenze, un tema appare del tutto ignorato: il progressivo impoverimento della bibliodiversità. Non si tratta di una questione di lana caprina, tutt’altro.
Se la carta stampata è il simbolo e il principale strumento della libertà di stampa e di pensiero, è evidente che la progressiva concentrazione della produzione di libri e riviste nelle mani di pochi gruppi impoverisce il panorama culturale e restringe l’orizzonte di pensiero. Così come in natura la biodiversità è il frutto dell’interazione di una molteplicità di organismi viventi nelle loro forme più diverse, la bibliodiversità si poggia sulla presenza di un panorama variegato di editori, autori e librerie indipendenti, unici veri garanti della pluralità.
Un esempio molto recente è l’acquisizione da parte di Mondadori (già proprietaria di Einaudi, Edizioni EL, Sperling & Kupfer, Frassinelli, Piemme) della Rizzoli (a sua volta proprietaria di Bompiani, Marsilio, Fabbri, Sonzogno, Adelphi). Con l’assorbimento di Rizzoli, il primo gruppo editoriale italiano controlla di fatto il 40% del mercato, tanto da rendere necessario l’intervento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Oltre alla cosiddetta «Mondazzoli», il resto del mercato del libro e dei periodici è controllato da pochi altri editori: il Gruppo Mauri Spagnol (Garzanti, Corbaccio, Salani, Longanesi, Bollati Boringhieri, Tea, Vallardi, Guanda, La Coccinella, Chiarelettere); Giunti (Edizioni del Borgo, Editoriale Scienza, Giorgio Nada, Fatatrac); Feltrinelli (Apogeo, Kowalski, Eskimosa, Gribaudo, Vita, Urrà); De Agostini (Edizioni Whitestars e Utet).
Da soli, questi cinque gruppi controllano il 62% del mercato, mettendo in grave difficoltà i piccoli editori, che trovano sempre più ostacoli non solo a produrre ma anche a collocare i propri libri, questo perché molte librerie sono di proprietà di Mondadori (circa 600), Giunti (180) e Feltrinelli (130), che ovviamente danno priorità ai titoli di loro produzione. Difficoltà analoghe si incontrano per le riviste come la nostra, il cui accesso nelle librerie e nelle edicole è reso assai difficile dagli elevatissimi costi di distribuzione.
Per tutti questi motivi da sempre Terra Nuova ha preferito come principale canale di diffusione il circuito delle realtà del biologico ( www.negoziobio.info) e quello delle librerie indipendenti (vedi l’articolo « Librerie amiche di Terra Nuova»), che combattono la «monocultura della mente» con un’offerta di qualità.
Ai nostri lettori chiediamo di sostenere questi paladini della bibliodiversità per nutrire la mente con letture che ampliano i punti di vista e apportano sane vitamine di utopia alla nostra esistenza.
Prima di chiudere, due parole sulla nuova grafica di copertina, che vuole essere un omaggio alla bellezza, alla libertà e agli orizzonti aperti, oltre che un invito a far camminare sempre di pari passo la teoria con la pratica, un principio che abbiamo voluto esprimere in sintesi nel sottotitolo: «Pensa e vivi ecologico».
Editoriale tratto dal mensile Terra Nuova Maggio 2015

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