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Combattere? Solo per armonia e benessere

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In occidente, le arti marziali sono associate alla difesa personale e agli sport agonistici da combattimento. Ma nella tradizione nascono con tutt’altri orizzonti e intenti. Scopriamo le arti marziali dell’antica Cina: ponte verso una maggiore autonomia, la non competitività  e il benessere olistico.
Sulle arti marziali ci siamo costruiti tanti falsi miti e tra questi, forse il più diffuso, è che si tratti di pratiche che hanno a che fare solo con l’allenamento fisico e la difesa personale. Tuttavia, anche se alcune discipline, tra cui judo e karate, sono diventate sport olimpici, un’arte marziale ha poco a che fare con la pratica agonistica. Ciò che conta non sono le performance da fare o gli allenamenti per colpire più duro. Un’arte marziale, in realtà, sviluppa un’armonia tra tutti i sistemi corporei, privilegiando l’ascolto percettivo dei propri miglioramenti. In effetti, il loro scopo ha a che fare con «la sopravvivenza pura e semplice», intendendo con questo il mantenimento della vita, come ci spiega Alessandro Panunzi, istruttore di tài jí quán (tai chi ch’uan) e yí quán (yi ch’uan). Federico Berti, istruttore di tài jí quán, aggiunge che le arti marziali sono «la preservazione del sé corporeo in stato di salute». Insieme a loro abbiamo cercato di mettere a fuoco le radici, i significati e l’orizzonte olistico delle discipline marziali più conosciute in occidente e la visione del mondo taoista da cui attingono.

Da oriente a occidente

«Nel taoismo, corpo e mente sono indissolubili, e il mantenimento dell’integrità del corpo è importante quanto quello delle facoltà mentali» ci spiega Federico Berti. «Un’arte marziale però non va intesa come un metodo di auto aiuto, perché non è finalizzata alla cura di un sintomo. È semmai un modo per coltivare la propria presenza a se stessi, l’ascolto profondo, al fine di scoprire i propri punti di forza, migliorare l’interazione con gli stimoli esterni, diminuire il disagio, la frustrazione e la tendenza a somatizzare».

Ma in che modo le arti marziali possono fornire allo sguardo occidentale una prospettiva inedita di riscoperta di sé? «Per un europeo possono rappresentare un ponte per sperimentare l’eterotopia, ovvero uno sguardo su se stessi non differente, ma esteriore, che parte dalla prospettiva di un occhio esterno» dice il professor François Jullien, filosofo, ellenista e sinologo. Fare l’esercizio di guardarsi come con occhi «estranei», infatti, ci permette di riscoprirci, cogliendo per la prima volta aspetti inediti del nostro corpo, dell’altro e della cultura che ci permea. Rispetto alle arti marziali, è proprio il caso di dire che sono un viaggio alla scoperta dell’esistenza del corpo taoista, che si struttura sull’unione di corpo e mente, la cui scissione è spesso alla base dello stress quotidiano che caratterizza la vita degli occidentali. (…)

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