Tutti i consigli per realizzare al meglio gli interventi necessari nell’orto nel mese di Marzo.
Il popolo della terra
È noto che per coltivare con successo in modo biologico si deve dedicare una cura particolare alla fertilità del terreno e al suo contenuto in sostanza organica. Ma pochi sanno che il tutto dipende dalla capacità di assicurare la necessaria biodiversità all’ecosistema suolo. Infatti, il terreno non è un supporto minerale sul quale e nel quale crescono le piante, ma un ambiente ricco di vita.
In un solo grammo di terra vivono decine di milioni di batteri, qualche milione di funghi e attinomiceti, decine di migliaia di alghe e protozoi e centinaia di nematodi, lombrichi e insetti. La massa degli esseri viventi che popolano 100 m2 di terreno è pari a 50-100 kg, corrispondenti al peso di una pecora o di una capra.
Gran parte della vita terricola è concentrata negli strati superficiali dove è maggiore la disponibilità di ossigeno. Per questo motivo non conviene mai eseguire lavorazioni profonde e, quando è possibile, è meglio evitare anche tutte le lavorazioni che comportano il ribaltamento degli strati. In questo modo si riducono le interferenze ai complessi rapporti che si instaurano fra gli organismi dell’ecosistema suolo.
Non ribaltare!
Nell’orto, l’utilizzo del forcone foraterra al posto della vanga permette di non ribaltare gli strati e, allo stesso tempo, non influisce sulle abitudini di coltivazione.
Il forcone va inserito ripetutamente nel terreno, muovendolo avanti e indietro e poi sollevandolo. Rispetto ai tradizionali lavori di vangatura, la differenza consiste nella necessità di far precedere l’uso del forcone da un passaggio con la zappa per eliminare le erbe presenti, rompere eventuali zolle e frammentare il letame distribuito in superficie. Un’altra differenza è che comporta minor fatica.
I benefici del sinergico
Una soluzione ancora più rispettosa dell’ecosistema suolo è la coltivazione di un’aiuola sinergica. Infatti, le aiuole rialzate e coperte con pacciamatura organica non vengono lavorate. Non si usano neppure fertilizzanti perché il nutrimento per i microrganismi del suolo è assicurato dalla reintegrazione dei materiali di pacciamatura (paglia, foglie, cippato, cascami di lana e così via) e dai residui colturali. Le radici e l’apparato aereo delle piante coltivate non vengono mai asportati, ma solo tagliati e aggiunti allo strato di pacciamatura.
Applicare questo sistema di coltivazione comporta importanti modifiche nella gestione dell’orto non solo per la necessità di consociare le colture, ma anche perché, per mantenere una copertura vegetale il più possibile continua, bisogna seminare o mettere a dimora le piantine della coltura successiva prima che la coltura precedente abbia terminato il suo ciclo, al contrario di quanto avviene in un orto tradizionale dove si attende di aver terminato un ciclo di coltivazione prima di iniziare quello successivo.
In un orto sinergico la consociazione non è importante solo per l’aiuto reciproco che si forniscono le piante, ma anche perché la ricchezza e la varietà dei residui colturali assicura la varietà dell’alimentazione, delle popolazioni del terreno e con questa la varietà della microflora e della microfauna terricola, stimolando la soppressività del suolo, cioè la sua capacità di ridurre l’incidenza di alcune malattie delle piante.
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Marzo 2019
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