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Come fare un orto sinergico

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Le basi teoriche dell’agricoltura sinergica: cosa fare e come iniziare per ottenere un orto sinergico domestico con un passo tratto da “Il mio orto biologico“.

L’orto sinergico: come iniziare

L’agricoltura sinergica è un metodo di coltivazione usato in permacultura. È stato elaborato dall’agricoltrice spagnola Emilia Hazelip adattando l’agricoltura naturale di Fukuoka alle condizioni climatiche, colturali ed anche culturali europee. Si basa sul principio che è la terra a far crescere le piante, ma che non sono le piante a determinare la fertilità del suolo attraverso le sostanze emesse dalle proprie radici durante la loro vita, i residui organici che lasciano alla loro morte e le intense relazioni che stabiliscono con gli altri esseri viventi del suolo.
Partendo dall’osservazione che ecosistemi imperturbati come praterie e foreste formano suoli sani e molto fertili, la Hazelip ha sviluppato un sistema di coltivazione in cui:
1. non si esegue nessuna lavorazione del terreno;
2. non si usa nessun fertilizzante;
3. si evita qualsiasi compressione del suolo in modo da non provocare compattamenti;
4. si utilizzano le consociazioni e si evitano le monocolture;
5. si mantiene sempre una copertura vegetale del terreno;
6. si evita qualunque tipo di trattamento fitosanitario;
7. si lasciano in campo tutte le radici e i residui colturali.
Evitare le lavorazioni ha effetti conservativi sulla sostanza organica del terreno, cioè crea le condizioni affinché la sostanza organica non diminuisca e permette di godere di tutti i vantaggi descritti nel capitolo 4 del libro Il mio orto biologico, dal titolo “Preparazione e nutrizione del suolo”: il mantenimento della struttura, una maggiore capacità di trattenere acqua, una maggiore disponibilità di tutti i nutrienti, una minore suscettibilità alle patologie del suolo ecc.
Un ulteriore vantaggio consiste nel favorire il mantenimento dell’equilibrio fra le popolazioni microbiche del terreno, evitando di alterarlo con sconvolgimenti degli strati che si formano “naturalmente” nel suolo. Tale equilibrio è ricercato anche rinunciando all’impiego di fertilizzanti.
Con questa scelta si evitano gli apporti di alcuni elementi di fertilità, che “sconvolgono” la popolazione microbica. Eventuali carenze del suolo (chimiche, microbiologiche o strutturali) che si manifestano vengono compensate con i sovesci.
L’attenzione posta ad evitare compattamenti del suolo è finalizzata a favorire una buona circolazione dell’aria nel suolo, rendendolo così ospitale a tutti gli esseri viventi che vivono in questo ambiente, vale a dire i microorganismi e gli organismi terricoli, ma anche alle radici delle piante.
Ancora una volta il principio che sta alla base è “lasciare fare alla natura” (che non combina i disastri dell’uomo). La scelta di coltivare sulla medesima aiuola piante che appartengono a famiglie differenti (almeno tre) aumenta la biodiversità con effetti positivi sull’ecosistema suolo e sull’ecosistema orto, evitando la necessità di adottare avvicendamenti fra i diversi tipi di ortaggi. Il mantenimento della copertura vegetale del terreno assolve a più funzioni: riduce l’evaporazione permettendo un notevole risparmio idrico, impedisce il compattamento del suolo dovuta all’azione battente della pioggia, migliora l’assorbimento dell’acqua meteorica, riduce l’emergenza di piante spontanee e apporta sostanza organica al suolo.
Lasciare in campo radici e residui colturali permette di disporre di un materiale vegetale eterogeneo che ospita una microfauna e una microflora molto ricche. In questo modo le relazioni di simbiosi, predazione, parassitismo, competizione, commensalismo che si instaurano fra i microrganismi riducono, fino ad annullare, il potenziale di infettività dei patogeni. Tutti questi principi sono stati messi in pratica definendo quali sono le tecniche da adottare in un orto sinergico.
Anche se l’agricoltura sinergica è stata definita “agricoltura del non fare”, questo termine non significa che sia possibile coltivare senza dedicare lavoro, impegno e passione a questa attività. È vero che vengono evitati alcuni lavori faticosi (la lavorazione del terreno), ma le semine, i trapianti, l’irrigazione, il controllo delle erbe spontanee, la raccolta richiedono le stesse energie e lo stesso tempo che in un orto “solamente” biologico. In più i coltivatori sinergici devono imparare a comprendere e ad indirizzare le relazioni che si creano fra il suolo (inteso come organismo vivente) e le piante coltivate, in modo da promuovere i meccanismi di autofertilità del terreno e a gestire le interazioni che si realizzano fra pianta coltivata e pianta coltivata in modo da capire come e quando consociarle.

 

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