I recenti fatti di cronaca hanno riportato alla luce il problema della convivenza tra uomo e orso. Riproponiamo allora una articolo dello scorso anno che dimostra quanto poco sia cambiato, mentre con poche e semplice regole sarebbe possibile condividere lo stesso territorio rispettandosi a vicenda.
I drammatici episodi che periodicamente riaccendono il dibattito sulla possibile convivenza tra uomo e orso sono divenuti motivo di continuo scontro politico e sociale.
Due anni fa, l’orsa Daniza, che ferì un cercatore di funghi a Pinzolo, in provincia di Trento, fu stroncata da un arresto cardiaco causato dal farmaco usato durante la cattura. Rea di aver difeso i propri cuccioli come farebbe una mamma di una qualsiasi specie, sembrerebbe più che altro che Daniza sia stata vittima di un’incapacità dell’amministrazione di gestire la situazione. La sua caccia, durata quasi un mese, è parsa dettata più dalla volontà di assecondare quanti vedono nella presenza dell’orso una minaccia ai propri interessi economici e speculativi, come quelli legati alla possibilità di realizzare impianti di risalita o piste da sci.
Il progetto Life ursus, avviato nel 1996 attraverso i finanziamenti Life dell’Unione europea, con l’obiettivo di risollevare le sorti dell’orso bruno nel trentino, suggerisce infatti alle amministrazioni locali di puntare sulla tutela del patrimonio ambientale.
Un progetto di salvaguardia, ritenuto un successo in Italia dalla comunità scientifica, che sarebbe potuto diventare un punto di forza del territorio e che invece, a causa di una gestione controversa, sta pregiudicando i risultati finora ottenuti, finendo anche per danneggiare l’immagine turistica, economica e culturale del paese.
Quello di Daniza non è stato un caso isolato. È venuto poi il turno di KJ2, braccata per quasi un anno e uccisa anch’essa. L’orsa, con prole al seguito, è stata accusata di aver assalito un podista e il suo cane, solo perché nel luogo dell’aggressione sono state trovate tracce organiche del suo passaggio. In quali circostanze un orso potrebbe attaccare?
Secondo il Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno nelle Alpi centro-orientali (Pacobace), lo fa quando si sente minacciato, per difendere i propri cuccioli o la propria preda. Il cane
potrebbe essere stato percepito come predatore e aver innescato la sua reazione.
La campagna di odio scatenata dai politici locali potrebbe aver convinto poi qualcuno a ergersi a giustiziere.
L’ultimo episodio è quello della Val di Non, dove lo scorso marzo un orso è stato avvelenato. Il ruolo delle istituzioni non dovrebbe essere quello di incitare alla caccia alle streghe, ma piuttosto di educare e informare cittadini e turisti sulle modalità corrette per avvicinarsi agli ambienti naturali, fornendo regole comportamentali e consigli utili su cosa fare nel caso ci si imbatta in un orso. Quanto sappiamo noi escursionisti, cercatori di funghi, more, fragole, degli animali selvatici?
Dovremmo entrare in punta di piedi in quei luoghi sacri che, malgrado gli interventi sconsiderati dell’uomo, sono ancora popolati da forme di vita che meritano rispetto.