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Detersivi: l’ABC dell’etichetta

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Ecco tutte le informazioni essenziali per orientarvi nell’intricato panorama dei detersivi da bucato. Dai convenzionali ai biologici, vi spieghiamo come scegliere il detergente al contempo più efficiente e più ecologico.

Detersivi: l’ABC dell’etichetta

Liquidi o in polvere, in fustini colorati o in sobrie confezioni di plastica riciclata… ma di cosa sono fatti i detersivi da bucato?
Gli ingredienti principali sono tensioattivi, sbiancanti, enzimi, sequestranti, conservanti e profumazioni, ma non sempre si trovano in etichetta, perché il regolamento europeo 648/2004, che disciplina la materia, non obbliga a farlo.
Per trovare l’elenco completo degli ingredienti, quasi sempre l’unica possibilità è andare sul sito dell’azienda produttrice. È questa la nuova trasparenza ai tempi di internet. Una prima distinzione esiste tra i detersivi convenzionali, che si trovano al supermercato, e quelli bioecologici, spesso certificati e che si trovano in vendita nei negozi di alimenti biologici e nelle erboristerie. Tuttavia anche tra i detersivi ecologici non è facile orientarsi, perché in assenza di una legge nazionale o di un regolamento comunitario simile a quello per gli alimenti, nel settore dei detersivi ecologici si sono formate varie scuole di pensiero: abbiamo cercato di metterle a confronto, in modo tale che ogni lettore possa avere gli strumenti per giudicare, a partire dai principali ingredienti utilizzati.
Tensioattivi
Sono il cardine attorno a cui ruota tutta la formula del detersivo. La loro particolare struttura chimica permette di sciogliere lo sporco e le macchie, soprattutto quelle di grasso. Fortunatamente il regolamento europeo sui detersivi ha fatto piazza pulita di quelli peggiori dal punto di vista dell’impatto ambientale, ma non basta. «Il tensioattivo più utilizzato dalla detergenza convenzionale è il Dodecilbenzensolfonato di sodio, detto anche Alkylbenzene solfonato di sodio» spiega Pierluca Urbinati, titolare di Officina Naturae. «È efficace e facilmente biodegradabile in presenza d’aria. Fatalmente però finisce per accumularsi nei fanghi dei depuratori e nelle sabbie dei fiumi dove, in assenza d’aria, tende ad accumularsi».
Anche se recentemente il maggiore produttore mondiale di Dodecilbenzene ha presentato uno studio in cui ne dimostra la biodegradabilità nel tempo, nei detergenti bio questo gruppo di tensioattivi è stato sostituito con gli Alkyl poli glucosidi, con il Potassium cocoate, ottenuto dalla potassa, e in alcuni casi con altri composti derivati da oli di produzione nazionale, anche se si tratta di oli insaturi e quindi soggetti a instabilità e irrancidimento.
Se tutti i disciplinari della detergenza ecologica sono d’accordo nel vietare i vecchi tensioattivi a pesante impatto ambientale come il Dodecilbenzensolfonato, la stessa unanimità non si riscontra nei confronti degli etossilati, gruppo di composti la cui molecola è costituita da una parte vegetale e da una di origine sintetica, ovvero di derivazione petrolifera. Si riconoscono per: il suffisso -eth (per  esempio laureth); i numeri accanto al nome del tensioattivo; la parola «etere» nel nome. In realtà alcuni produttori ecobio considerano accettabili tali composti, purché la molecola dell’etossilato sia corta, con un numero compreso tra 3 e 8-10. «In realtà» spiega Daniele Minciocchi, chimico formulatore di Almacabio «La biodegradabilità di questo gruppo di composti è buona, soprattutto se si utilizzano materie prime di ottima qualità, di produzione europea, che garantiscono l’assenza di possibili residui di diossano. Quando non se ne abusa, l’etossilazione permette di modulare in maniera accurata le performance dei tensioattivi di origine vegetale, ottimizzandone l’effetto bagnante, lavante, emulsionante, disperdente e permettendo così, a parità di prodotto, di diminuire il dosaggio».
Sbiancanti
«Difficile in un detersivo fare a meno degli sbiancanti» spiega Fabrizio Zago, chimico formulatore e consulente Icea ed Ecolabel.  «Servono soprattutto a fare piazza pulita delle macchie colorate, come quelle di caffè o di sangue. La buona notizia è che oggi negli sbiancanti non c’è quasi più traccia di perborato, che ha un effetto teratogeno, rischia cioè di provocare danni al feto. Nei detersivi ecologici, ma anche in quelli convenzionali di ultima generazione, il perborato viene sostituito da sbiancanti a base di ossigeno, come il percarbonato». Oltre a eliminare il colore delle macchie, l’ossigeno libero nell’acqua agisce anche contro muffe e batteri senza segnalare problemi dal punto di vista ambientale. Da tenere sotto controllo sono invece gli sbiancanti ottici, per la loro facilità a indurre allergie. Aderiscono tenacemente ai tessuti e occorrono quattro o più lavaggi per eliminare i loro residui dalla biancheria. Se siete particolarmente sensibili, meglio evitare i prodotti che li contengono, come anche i numerosi prodotti igienizzanti consigliati per disinfettare la biancheria dei bambini.
Sequestranti e additivi antidurezza
La funzione di questo gruppo di composti è quella di rendere l’acqua meno calcarea e favorire così l’azione dei detersivi. La loro storia è un’odissea non ancora conclusa. In principio c’erano i fosfati, accusati di provocare l’eutrofizzazione delle acque e la proliferazione delle alghe: per questo motivo sono stati messi al bando dalla recente modifica del regolamento 648/2004. Poi sono arrivate le zeoliti: «Si tratta di minerali esistenti in natura» rivela Urbinati «ma quelli usati nei detersivi sono ricreati in laboratorio per ottenere la composizione ideale. Presenti in percentuali dal 15 al 30%, catturano gli ioni calcio e magnesio e facilitano l’azione dei tensioattivi, ma una volta negli scarichi, quando l’acqua si raffredda, zeoliti, grasso, calcio e magnesio sono responsabili delle incrostazioni di condutture e tubature. Questi effetti collaterali, insieme ad altri inconvenienti, hanno portato in alcuni detersivi ecologici alla sostituzione delle zeoliti con i silicati lamellari (Disodium disilicate), minerali che intrappolano come in un pettine gli ioni calcio e magnesio».
Oltre a questi esistono anche sequestranti organici ecobio. «Glda e Mgda, per esempio, hanno performance migliori rispetto agli additivi minerali» sostiene Minciocchi «ma tra di essi ce ne sono alcuni che potrebbero contenere ancora dosaggi non trascurabili di NTA residuo, una sostanza discutibile se presente oltre la percentuale dello 0,1%. Fa eccezione l’Ids (Sodium iminodisuccinate), che non ne contiene». «Attenzione anche alla presenza di EDTA» sottolinea Giovanni Spinozzi, titolare di Pierpaoli. «Cattura gli ioni metallici e mantiene la stabilità della formula nei detersivi liquidi, ma continua a svolgere la sua azione anche nei fiumi e nei mari, mobilizzando i metalli pesanti presenti, che poi finiscono attraverso la catena alimentare nei pesci e nell’uomo».
Enzimi
Non tutte le aziende ecobio li usano, ma molte li considerano un male necessario per ottenere un detersivo efficace. Il loro compito è quello di «digerire», e quindi ridurre in piccoli pezzi, le macchie organiche presenti sui tessuti, rendendo molto più facile il lavoro dei tensioattivi. Riducono la quantità di detersivo necessario, a tutto vantaggio per l’ambiente. «Il dibattito sugli enzimi» rivela Donato Vitaloni, titolare di Sanecovit «è ancora aperto: c’è chi paventa che queste sostanze possano continuare a sminuzzare molecole organiche anche a bucato concluso, quando con gli scarichi vanno a finire nei fiumi e nei mari, e c’è chi poi contesta la loro origine ogm». Questo perché gli enzimi che ritroviamo nei detersivi sono gli stessi che il nostro corpo utilizza per digerire gli alimenti (amilasi e proteasi), con la differenza che invece di essere prodotti dall’organismo, sono ottenuti in laboratorio da colture cellulari di batteri modificati geneticamente. Non esiste il rischio di contaminazione, come accade per le colture agricole, ma c’è chi teme un potenziale effetto allergico e di attacco alle mucose umane. Insomma sono ingredienti da tenere sotto osservazione.
Conservanti
Presenti solo nei detersivi liquidi, i conservanti più utilizzati dalla detergenza convenzionale sono problematici sotto vari punti di vista. «Fra i peggiori figurano i conservanti clorurati» spiega Minciocchi. «Sostanze come il Methylchloroisothiazolinone e il suo cugino Methylisothiazolinone, non sono solo fortemente allergizzanti, ma anche tossici per l’uomo. Problemi analoghi presentano anche il 2-4 Diclorobenzil alcool, il Benzisothiazolinone, il 5-bromo-5-nitro-1,3-dioxane e il Bromo nitro propandiolo». L’Imidazolidinyl urea è un altro conservante discutibile: è allergizzante ed è un cessore di formaldeide in ambiente acido, anche se risulta rapidamente biodegradabile.
Profumi
Le sostanze profumanti costituiscono un altro gruppo di ingredienti molto problematico, sia per la tossicità che per il rischio allergie. Per questo motivo le componenti allergizzanti sono riportate obbligatoriamente in etichetta. Termini come Coumarin, Geraniol, Limonene indicano proprio gli allergeni del profumo. Sono 26 in tutto quelli segnalati dall’Unione Europea, della presenza dei quali gli allergici devono essere allertati. «La detergenza ecobio in genere utilizza oli essenziali naturali» afferma Vitaloni «e se questa scelta non elimina del tutto la presenza di allergeni, almeno non c’è il rischio di possibili residui di solventi, come invece accade per le profumazioni sintetiche». «Spesso» aggiunge Minciocchi «il dosaggio di allergeni è maggiore in alcuni oli essenziali piuttosto che in certi profumi: per esempio l’olio essenziale di bergamotto contiene il bergaptene, riconosciuto da anni come un forte precursore dei tumori della pelle. Nel caso dei profumi sintetici occorre valutare l’eventuale presenza di ftalati, composti organici alogenati, muschi sintetici o sostanze con frasi di rischio della serie cancerogena, mutagena, e così via».
Stabilizzanti e coadiuvanti
L’ultima categoria di ingredienti è quella destinata a «stabilizzare» e a rafforzare l’azione del detersivo. Anche in questo caso i prodotti convenzionali possono presentare sostanze problematiche dal punto di vista dell’impatto ambientale e della tossicità. Daniele Minciocchi cita ad esempio i glicoleteri, un gruppo di composti a cui appartiene il Butyl glycol, in grado di assicurare la stabilità chimica del detergente, ma che risultano molto nocivi se inalati o a contatto con la pelle. Il chimico mette in guardia anche dalle numerose sostanze coadiuvanti, ingredienti sempre presenti nei prodotti convenzionali, come il Phenoxyethanol, parente molto stretto del Butyl glycol.
Cosa cercare in etichetta
Vista la complessità degli ingredienti e della materia, non è facile orientarsi nel mondo della detergenza. Malgrado l’aspetto accattivante sembra proprio che i detersivi liquidi manchino di trasparenza. Chi non ha né tempo, né voglia di riprendere in mano gli appunti di chimica generale e inoltrarsi nel labirinto della nomenclatura «Inci», può affidarsi al suo negozio di fiducia di alimenti bio, dove troverà un buon assortimento di detergenti, molti dei quali certificati. Questo perché non sempre si ha il tempo di cercare sul sito del produttore l’elenco completo degli ingredienti e di studiarseli con calma. Ci sono indizi però che ci possono mettere sulla buona strada, anche quando ci troviamo in negozio per un acquisto dell’ultimo minuto.
«Il fatto che un’azienda pubblichi l’Inci sulla confezione è un indice di trasparenza» è l’opinione di Donato Vitaloni, titolare di Sanecovit. «In qualche modo mostra che non ha nulla da nascondere e si mette in gioco completamente. Non a caso sono soprattutto i produttori ecobio a pubblicare l’elenco completo». «In assenza di indicazioni esaustive» continua Fabrizio Zago «l’unica certezza è il marchio di una certificazione: garantisce che siano stati seguiti determinati standard. Il logo Ecolabel ci garantisce soprattutto sulla biodegrabilità e sul basso impatto ambientale post consumo di un detersivo».
Le certificazioni bio, come quella di Icea, o di Ecocert, ci dicono qualcosa di più. Ad esempio attestano che anche sulla composizione delle materie prime si è intervenuti con attenzione. Spesso molte materie prime sono di origine vegetale e biologica, quindi anche la loro produzione è stata rispettosa dell’ambiente. Nei prossimi mesi sono previsti ulteriori aggiornamenti sui disciplinari per la detergenza bio, che includono anche l’aspetto produttivo, la confezione e l’efficacia di lavaggio. Novità su cui non mancheremo di informarvi dettagliatamente.
Il regolamento europeo sui detersivi non prevede l’elenco completo degli ingredienti, ma comunque obbliga il produttore a una serie di precisazioni. Il consumatore attento troverà per esempio indicate le zeoliti, che si trovano nei detersivi in polvere, oppure gli sbiancanti o i candeggianti ottici, potenzialmente allergizzanti. I tensioattivi non sono specificati, ma in una buona formula ce n’è sempre più di uno: in genere gli anionici sono i più sgrassanti, e sono corredati da tensioattivi anfoteri o non ionici, a completamento.

Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Giugno 2012… Leggi il sommario completo.

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