Nelle colline marchigiane abbiamo intervistato Fabrizio Cardinali, esempio di decrescita e bioregionalismo che ci racconta la sua vita e le sue scelte.
Fabrizio Cardinali: a contatto con la terra
Arriviamo da Fabrizio in una piovosa giornata di febbraio. Ci inoltriamo per un sentiero infangato cercando di ricostruire le indicazioni che ci hanno dato per raggiungere la sua casa. Fabrizio non ha telefono, email o altri supporti di comunicazione «moderni». Se vuoi contattarlo devi scrivergli tramite posta cartacea.
Piombiamo in casa sua senza preavviso e lo troviamo alle prese con suo figlio, uno splendido bambino di circa 6 anni, che trasuda energia da tutti i pori. Fabrizio ci accoglie calorosamente e ci fa accomodare sul pavimento. Nel locale in cui trascorreremo la giornata, infatti, non ci sono mobili. Solo un tappeto, una stufa e qualche armadietto contenente strumenti da cucina. La sua abitazione non è provvista di energia elettrica e l’acqua corrente si trova, per scelta, fuori dalla casa. «Quando ne ho bisogno vado a prenderla come si faceva una volta con il pozzo. Mi aiuta a ricordarmi che è un bene prezioso e che va rispettato» ci spiega.
Il figlio salta e gioca, è un piccolo atleta. Non va a scuola, ma sembra più vispo e curioso di molti bambini di città. Lavora con il padre e viaggia con la madre, a seconda dei periodi. Chiacchierando giunge la sera e Fabrizio accende le lampade a petrolio: le alimenta con gli oli esausti raccolti dai suoi vicini. Oggi in gran parte vive di autoproduzione, medita e ha un approccio alla vita molto spirituale: è buddista e frequenta un corso avanzato di yoga. In molti periodi dell’anno, la tribù si anima e ospita persone provenienti da ogni dove, chi per qualche giorno, chi per qualche settimana, chi per qualche mese.
La sua scelta è davvero radicale e sarebbe difficile negarne l’impatto dirompente su chi, come me, vive e lavora immerso in un mondo completamente diverso. Non posso però dimenticare la pace e la profondità trasmessa dal suo sguardo. Quando gli chiedo come mai non abbia un tavolo su cui mangiare, dice: «Le sedie sono un primo livello di separazione tra noi e la terra. Io preferisco il contatto diretto».