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Fuggire dal sistema per dare un senso alla propria vita

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In Sardegna, in uno dei luoghi più incontaminati e nascosti, per vivere e lavorare secondo i ritmi della natura, seguendo la visione di un’agricoltura dimenticata. La storia di Nicola.
L’ho visto in lontananza muoversi, dritto in piedi su di un attrezzo a ruote trainato da un cavallo, lungo una strada bianca delle colline nella campagna di Fluminimaggiore nell’Iglesiente. Il giorno dopo ricompare, la mattina presto, su un pendio assolato della strada che porta al mare, in mezzo a un campo di fieno dorato. Cavallo, uomo, attrezzo: sta raccogliendo il fieno! Un salto indietro, nel passato di un’agricoltura dimenticata.
È un giovane, Nicola, dagli occhi vivaci contornati da lunghi e folti capelli, scuri e ben tenuti. Mi fermo con lui per farmi raccontare la sua avventura, quella di uomo che ha deciso di «fuggire dal sistema» per dare un significato alla sua vita, fermandosi proprio qui, in uno dei posti più sperduti della Sardegna, dove il reddito è tutto fuorché garantito e la storia ha visto gli uomini sradicati dalle campagne per scendere in miniera, fino a pochi anni fa.
Di padre minatore, dopo esperienze fuori, in continente, accetta la proposta di Ignazio, «l’ultimo aratore delle vigne», che gli cede il mestiere di arare a mezzadria i filari di uve Carignano degradanti verso un mare cristallino tra i più belli al mondo. «Ignazio riusciva oramai a riempire solo dodici giornate l’anno con questo lavoro lento e rispettoso dei campi, mentre io, nel mio momento migliore, sono arrivato a cinque mesi pieni» racconta. «Mi occupo adesso di aratura, raccolta del fieno e taglio del legno degli eucalipti, sempre con il cavallo. Tengo però a precisare che, non sono perfettamente “naturale” nel mio lavoro, perché utilizzo anche il motore a scoppio della motosega per il taglio del bosco e, a volte, anche quello del mezzo per spostare il cavallo, se devo andare lontano». Peccato veniale, direi, per uno che vive buona parte delle sue giornate e nottate in un ricovero sotto gli alberi, senza corrente elettrica, vicino ai suoi amati asinelli.
«Tutto è partito dalla passione per il cavallo, che fin da giovane età ho coltivato, da quando cavalcavamo come due matti assieme a Paolo, detto “Gerello”, che adesso costruisce tetti in canne secondo l’antica tradizione sarda. È un modo alternativo per guadagnarsi da vivere che ti libera dalla quotidianità di un lavoro dipendente sempre uguale a se stesso; è un’attività faticosa che non ti fa guadagnare molto denaro; vivi giorno per giorno, ma questa vita ripaga su un piano diverso: rispetti la natura, applichi tecniche agricole sostenibili, sei in sintonia con il tuo animale, che ti risponde con grande generosità».
«Quando rientri la sera, non ti limiti a girare la chiave del motore e a controllare l’olio, ma devi accudire il tuo cavallo, nutrirlo, strigliarlo, ascoltarlo. Sì, perché il tuo fedele compagno ti dice come sta, cosa può fare in quel momento per te e cosa non può; lui, se è addestrato e tu non sei esperto, può arrivare a insegnarti il lavoro» racconta Nicola. «Certo, un’attività di due ore, eseguita con i mezzi meccanici, può richiedere anche un giorno se, come ieri, ho problemi con l’attrezzo costruito da me artigianalmente per raccogliere il fieno e che sto sperimentando in campo… Non tutti capiscono il valore della diversa tecnica di coltivazione, eppure, è evidente la diversa colorazione delle foglie della vigna lavorata con cavallo e aratro, rispetto a quella passata con il trattore o la fresa: la prima è più verde, rigogliosa, vitale e ha indubbiamente più energia!».
La tecnica applicata da Nicola è quella preferita dall’agricoltura biodinamica perché non «frulla» il suolo compromettendo la vita di microorganismi utili, non lo schiaccia rendendolo asfittico e a rischio dilavamento, ma lo lavora lentamente, secondo i ritmi della natura. Pochissimi oramai la sanno applicare: Nicola racconta dell’esperienza degli agricoltori francesi biodinamici, degli Hamish di Philadelphia, di un viticoltore piemontese che ha conosciuto. «Alcune aziende agricole biologiche vorrebbero convertirsi al metodo di coltivazione con il cavallo, ma non ci possono riuscire se prima di tutto non sono dei cavallerizzi e sono perciò in sintonia con l’animale, che non è un semplice mezzo agricolo». Nicola mi racconta del suo inizio con la cavalla, che ora ha diciannove anni, venuta dalla Francia per essere macellata e salvata da lui per portarla al lavoro nei campi. E ci parla poi di una cosa davvero speciale. «Sono da tempo guida ambientale equestre, una delle poche» dice «e conto di ripartire con il mio progetto, portato avanti sette anni e per un poco messo da parte, di escursioni turistiche con gli asinelli, che sono animali così dolci…». E mentre lo dice gli si illuminano gli occhi, a questo giovane, forte e gentile quanto introverso e schivo.
Ascoltandolo ti sembra già di vivere l’esperienza del cavalcare lento, in mezzo ai profumi della macchia mediterranea, nella luce morbida del pomeriggio, verso la spiaggia di Scivu, una delle più belle della Sardegna: selvatica, com’è selvatico ancora e per fortuna questo luogo dove si può pensare di entrare solo in punta di piedi, come Nicola ha fatto con il suo lavoro.
 
Nicola Murtas è guida equestre ambientale e propone escursioni con gli asinelli. Abita in località Fighezia, Fluminimaggiore (CI), un comune della Sardegna.
Per contatti:
tel 340 5523423.
Paola Thiella, formatasi alla scuola di agraria del parco di Monza, dove ora tiene lezioni, è progettista, giardiniera e consulente specializzata in giardini naturali, biologici e biodinamici.
Per contatti:
tel 340 0699112 – igiardinidipaola@yahoo.itwww.paolathiella.com
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Articolo tratto dal mensile Terra Nuova Luglio-Agosto 2019

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